Mamme, basta con i sensi di colpa!

Contro il terrorismo psicologico impariamo a riconquistare la nostra sicurezza di mamme

Paura di sbagliare

«Torno al lavoro, devo lasciare mio figlio nelle mani di un estraneo… Non lo allatto al seno… La scuola e il doposcuola… Non lo capisco… Sono sempre nervosa… Gli altri dicono che…»: il peso dei sensi di colpa si sente nelle spalle, ha il fiato corto della preoccupazione, l’angoscia dell’incertezza. Accade a ogni genitore di dover ascoltare, e talvolta sopportare, le critiche di chi crede di sapere come debbano essere fatte le cose, magari per il semplice fatto di aver già avuto un figlio. Tuttavia, quando la paura di sbagliare si trasforma in ansia costante gli effetti sono preoccupanti, perché si tende a cambiare continuamente direzione senza essere realmente sicuri della propria strada, diversa e unica per ognuno di noi.

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I genitori fanno errori

«La psicologia in pillole è una spada di Damocle, perché rischia di diffondere nozioni errate e messaggi non digeriti: contenuti scientifici ridotti al banale che amplificano i sensi di colpa» spiega Paolo Sarti, specialista in pediatria e, come come dice di se stesso ridendo, avvocato difensore dei bambini: «L’allattamento al seno? Ovvio che è il meglio, è la natura ad averlo deciso! Ma un conto è ragionare su questa semplice considerazione, un altro è far passare come ricerche scientifiche contenuti spesso tradotti in maniera semplicistica, come il fatto che un bambino allattato con il biberon possa diventare meno intelligente rispetto a chi viene allattato al seno». Le parole del dott. Sarti suonano come un appello: «Smettiamo di terrorizzare le madri: ognuno fa del suo meglio e va bene così. L’ansia da prestazione dei genitori genera un senso di panico permanente sul piano psicologico emotivo».

La tua opinione conta

Rispetto al secolo scorso siamo diventati più attenti alle esigenze dei bambini. Aumentano le teorie pedagogiche e le ricerche sulle problematiche infantili, eppure crescono i timori e la paura spesso aumenta a dismisura. Invece di aiutare, informare e rendere più consapevole il compito dei genitori, gli esperti giudicano e terrorizzano! Capita più di quanto dovrebbe e di fronte a un camice bianco anche l’adulto più combattivo il più delle volte finisce per cedere, remissivo e schiacciato da nozioni inafferrabili.

Accetta il rischio

In diversi Paesi nel mondo le politiche governative sostengono la genitorialità con aiuti economici, flessibilità degli orari, spese per la salute: non così in posti come l’Italia, dove diventare genitori è ancora più difficile, perché spesso significa dover combattere per i propri diritti, dalla scuola al lavoro. Ieri come oggi accade di dover fare scelte difficili, impopolari: decisioni che devono tener conto del benessere dei bambini, ma anche di tanti altri fattori. Diventare genitori significa anche questo. Accettare di prendersi la responsabilità di altre persone sapendo che la scelta perfetta non esiste, perché ogni scelta semplicemente dà luogo a conseguenze differenti. Come equilibristi coraggiosi si cerca l’orizzonte, destreggiandosi nella precarietà della vita, sperimentando strade diverse con risultati nuovi.

Colpa VS responsabilità

«Oggi le mamme vengono colpevolizzate continuamente. Iniziamo a parlare di responsabilità più che di sensi di colpa. Se vogliamo, la colpa è nel meccanismo di un sistema, di cui tutti facciamo parte, che tende a proteggere i figli più che considerarli come esseri umani da addestrare alla vita» sottolinea Paolo Sarti, chiarendo: «La vita è fatta anche di cose che non vanno. Mancanze, sconfitte, tentativi di dare il meglio, speranze e clamorosi sbagli». Durante l’infanzia l’essere umano vive una fase di crescita straordinaria: abbiamo occhi per tutto, desideriamo ascoltare e assorbire ogni cosa, copiamo il comportamento di chi ci circonda, nel bene o nel male, perché è l’unica risorsa disponibile per affrontare la vita.

Costruisci la tua autorevolezza

«La perdita di controllo nella gestione di un bambino nella maggior parte dei casi è connessa a un’incapacità nel tradurre il proprio disagio: questo vale sia per i piccoli, quanto per gli adulti» conclude Sarti: «Quando non si costruisce un comportamento autorevole subentrano schiaffi e urla, che, tuttavia, non si dimostrano efficaci, né utili perché aumentano la frustrazione del genitore senza risolvere i problemi in modo definitivo». Diventare autorevole significa prima di tutto essere disponibili al cambiamento, umiltà, mettersi in gioco come persone. Quando ci assumiamo la nostra responsabilità siamo pronti ad ammettere che si tratta di una scelta, unica e personale: prendiamo un impegno, anche verso i nostri sbagli, le cadute e le lezioni che ne trarremo. La sfida di un genitore autorevole è ragionare non per sé, ma a lungo termine, pensando a ciò che davvero costituirà una risorsa per un bambino.

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