La guardi, la tocchi, la giri, e intanto ti chiedi di cosa sia fatta quella borsa o quella giacca così soffice. Sembra di pelle, eppure ha qualcosa di diverso. Be’, è una perplessità giustificata. Impegnati a dare una svolta etica a produzioni e consumi, gli specialisti del settore stanno proponendo materiali alternativi alla pelle animale sempre più incredibili. Ma c’è un po’ di confusione. Per esempio, sai che l’ecopelle non è plastica? E che similpelle, ecopelle e pelle vegan non sono sinonimi?

Pelle, le alternative al classico

Chiariamo subito che la similpelle venduta nei negozi low cost non è ecopelle: è finta, sintetica, di derivazione industriale e di bassa qualità. Per legge il termine “pelle ecologica” (o ecopelle, ecocuoio, eco-leather e così via) indica vera pelle di origine animale ma conciata con protocolli rigorosi e metodi rispettosi dell’ambiente e della sicurezza. I processi di lavorazione sono più lunghi e costosi ma rendono questi materiali qualitativamente eccellenti, fatti per durare nel tempo.

L’ecopelle, però, non risponde alla domanda del cruelty free. E qui entriamo nel campo della pelle animal free, come la chiama Stella McCartney, designer che non usa mai pellami, pellicce o piume. E che, tra le nuove borse di punta per l’inverno, propone una maxi-hobo con intreccio sulla tracolla, che sembra in tutto e per tutto di vero leather. E invece è di poliuretano, vegan, cruelty free e pvc free: un prodotto dalle altissime performance e dagli standard di qualità eccelsa. In sfilata, la scorsa primavera, la designer concluse lo show con modelle travestite da mucca, maiale, coniglio e coccodrillo. «Cerchiamo di condividere un messaggio potente e significativo con un po’ di umorismo e divertimento in modo che le persone ascoltino» raccontò. «Siamo l’unico brand di lusso al mondo che non uccide animali in passerella. Volevo dirlo, ma in modo gioioso».

Un futuro promettente

«I prodotti di nuova generazione sono molto interessanti» spiega Marina Spadafora, coordinatrice per l’Italia di Fashion Revolution, movimento mondiale di moda etica e sostenibile. «C’è Frumat, che si ottiene dagli scarti della lavorazione delle mele dell’Alto Adige; Wine leather, o Vegea, deriva dagli scarti delle uve toscane. E ancora ci sono materiali elaborati da cactus, microbi e funghi! Tutte prospettive che stanno migliorando le proprie performance diventando un’alternativa vegan». Insomma, la pelle vera ha senso solo se deriva da animali allevati anche per la filiera alimentare e se la concia viene fatta senza sostanze chimiche dannose. Perché se vogliamo riscrivere le sorti della moda e del Pianeta dobbiamo uscire dai soliti schemi. Una buona ragione per dare un’occhiata alle tante novità.

Le proposte dei big

Le borse Maison Margiela 5AC Recicla sono un’edizione limitata creata dal recupero di pelli pregiate. L’etichetta su ognuna specifica descrizione e provenienza, quasi sempre italiana.

MAISON MARGIELA
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– Maison Margiela

MAISON MARGIELA
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– Maison Margiela

Per la MyEA Bag di Emporio Armani, borsa a mano capiente, chic e personalizzabile, re Giorgio ha scelto l’ecopelle.

Emporio Armani
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– La MyEA di Emporio Armani

Emporio Armani
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– La MyEA di Emporio Armani

La cartella-pochette della collezione Africa Bags di Vivienne Westwood è prodotta da Artisan Fashion, azienda in Kenya di accessori di lusso realizzati da artigiani locali, che impiegano tagli di pelle inutilizzata, tela e ottone riciclati, vecchi striscioni stradali. Il tutto raccolto a Kibera, la più grande baraccopoli di Nairobi. Un modo per mettere d’accordo il rispetto dell’ambiente con quello di giovani economie che stanno ritagliandosi uno spazio di crescita.

Vivienne Westwood
Vivienne Westwood

Le pelli alternative piacciono e sono una sfida a metà tra fashion, natura e hi-tech. che seduce grandi maison e piccoli brand

La ricerca dei creativi

Tieni d’occhio però anche brand minori, dai nomi meno roboanti, ma altrettanto innovativi. La pelle rigenerata che il bolognese Regenesi utilizza per le sue Fruit Bag (shopper ispirate alla borsa della spesa) è costituita da materie prime naturali e rinnovabili come avanzi di lavorazione di altri prodotti (per lo più provenienti dall’industria dell’alta moda) conciati con sostanze vegetali, caucciù e coloranti naturali. Il risultato? Borse 100% atossiche, resistenti e irresistibili.

La Fruit Bag di Regenesi
La Fruit Bag di Regenesi

La collezione Aquatic Garden Therapy di Mati Collective, ispirata alle forme dei fiori, usa l’ecopelle solvent free creata dalla giapponese Kuraray e dalla toscana Dicart con un procedimento che farà storia: produzione che riduce l’emissione di CO2 del 35%, l’impiego d’acqua del 70% e l’uso di solventi organici del 99%. Sì, anche con una borsa si può fare una piccola rivoluzione.

La Orchid Aquatic Garden Therapy di Mati Collective
La Orchid Aquatic Garden Therapy di Mati Collective