Da Empire a Scandal a Quantico. I telefilm cult hanno protagonisti neri, sudamericani, indiani. Che sono lo specchio della società che cambia. E un modello in cui identificarsi

«Ciò che separa le donne di colore da tutte le altre sono le opportunità. Non si può vincere un Emmy per ruoli che non esistono». Più esplicita di così non poteva essere Viola Davis, la prima afroamericana a conquistare il più importante premio televisivo americano, nel suo agguerrito discorso di ringraziamento. Ma forse l’attrice, che interpreta una docente di Diritto penale dai metodi poco ortodossi nella serie Le regole del delitto perfetto (che riparte su Fox a gennaio), non ha tutte le ragioni. Perché i protagonisti delle nuove serie di successo made in Usa hanno un tratto in comune: non sono bianchi americani. Anzi, hanno le provenienze etniche più disparate. Vedi il boss della droga Pablo Escobar di Narcos (in streaming su Netflix), interpretato dall’attore brasiliano Wagner Moura. O Alex Parrish, la recluta dell’Fbi a caccia di terroristi in Quantico (il mercoledì alle 21 su Fox), che ha il volto dell’ex Miss Mondo di orgine indiana Priyanka Chopra.

PAROLA D’ORDINE: DIVERSITÀ  «Una volta le minoranze erano relegate in ruoli secondari o dipinte come “casi” da salvare» spiega Alessandra Comazzi, critico tv de La Stampa. E il pensiero va subito al piccolo orfano di colore del telefilm Il mio amico Arnold. «Con Barack Obama alla Casa Bianca l’America è cambiata e anche la tv guarda alle differenze etniche come a una possibilità di arricchimento del racconto». E quella che oltreoceano chiamano “diversity”, ovvero diversità (di razza e cultura), diventa una chiave di lettura della società. E un modello.

I ricci afro sfoggiati da Viola Davis sui red carpet segnano una rivoluzione estetica, secondo i guru della moda americana. Mentre Taraji P. Henson, attrice di colore che in Empire (il mercoledì alle 21 su FoxLife) è un’ex detenuta che vuole riprendersi l’impero discografico del marito, ha quasi 6 milioni di follower su Instagram. E che dire dei comici di origine indiana Mindy Kaling e Aziz Ansari? La prima, che interpreta una ginecologa dalla complicata situazione sentimentale in The Mindy project (trasmesso in Italia da Comedy Central) è un’icona del nuovo femminismo; il secondo, che veste i panni di un attore in cerca di ingaggi in Master of none (su Netflix), è il neocampione della comicità politicamente scorretta.

OBIETTIVO: INTEGRAZIONE Dietro il boom di queste serie tv c’è anche una ragione economica. «Il pubblico multietnico, una volta considerato marginale, negli Usa è cresciuto numericamente ed è ormai fatto di persone integrate nella società» continua Comazzi. «Se i grandi network vogliono aumentare gli ascolti, devono produrre serie tv in cui i nuovi spettatori possano identificarsi». Ecco spiegata la Olivia Pope di Scandal (che ripartirà su FoxLife nel 2016): non una semplice esperta di comunicazione, ma l’unica in grado di proteggere l’immagine dell’élite politica di Washington, nonché di far perdere la testa al presidente Usa. «Una donna nera bella, intelligente, di successo, capace di fare invidia a molte bianche» commenta Comazzi. E la sua interprete, Kerry Washington, è oggi così potente a Hollywood da essere diventata una importante produttrice.

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