Stella Pecollo

Stella Pecollo e la sua lotta alla grassofobia

L'attrice e scrittrice racconta la sua battaglia contro i pregiudizi e il bodyshaming. Dopo gli insulti e le discriminazioni subite per i chili di troppo, ha imparato ad amare il suo corpo. Che ora rappresenta la carta vincente della sua unicità

«Io, magra non lo sono mai stata. E fin dai primi anni di vita non c’era sguardo che non me lo ricordasse». Stella Pecollo, attrice di cinema, teatro e tv, inizia così il suo libro autobiografico Io sono bella – La leggerezza non è una questione di peso (appena edito da Sperling & Kupfer), in cui racconta il suo percorso di lavoro su se stessa contro il pregiudizio, il bodyshaming e la “grassofobia“, lo stesso fenomeno contro cui lotta Vanessa Incontrada.

Cuneese classe 1985, co-protagonista della serie tv Extravergine di Foxlife, Stella Pecollo ha recitato nel film Riccardo va all’inferno di Roberta Torre, dove ha imparato anche a lasciarsi andare alle scene di nudo sullo schermo, orgogliosa del suo corpo, come in un gioco leggero che ha ripetuto in Siberia di Abel Ferrara, «per quel gentleman di Willem Dafoe», lungometraggio presentato a febbraio al Festival di Berlino. Ha lavorato accanto a un grande come Kevin Spacey in Gore, film per cui il regista Michael Hoffman le ha creato dal nulla un personaggio apposta, dopo averla ammirata in un provino. Recentemente ha partecipato al musical Charlie e la fabbrica di cioccolato, prima che la pandemia bloccasse tutto.

Le parole da non dire

Ma Stella non è sempre stata così sicura e fiera di sé, consapevole ed energica, pronta a non farsi condizionare dal giudizio degli altri. Tanti gli episodi di bullismo. Nel suo libro scrive: «Ho pensato tante volte, lo sognavo, anche, di prendere un coltello dalla cucina e tagliarmi via lo stomaco, di non avere più quelle braccia, quelle cosce, quel sottomento». Ai tempi della scuola, quando all’ora di ginnastica si formavano le squadre di pallavolo, era sempre l’ultima ad essere scelta, la preferita da nessuno, la “cicciona”, la “lumaca”. Oggi, in Io sono bella, Stella invita i genitori a insegnare ai figli che certi termini non andrebbero detti.

In appendice mette un piccolo dizionario chiamato “Le parole per non dirlo”, ovvero una raccolta di vocaboli da evitare quando si affronta il tema del sovrappeso e dell’obesità, perché una parola può ferire senza volerlo. Lì inserisce anche aggettivi apparentemente innocui come “falsa magra”, “voluttuosa”, “morbida”, “burrosa”.
«Ognuna di queste parole ha una sfumatura mortificante – ci spiega Stella -. Nel mio mondo ideale vorrei che fossimo giudicati solo per il nostro carattere e per la personalità, non per l’aspetto fisico. Ma questa è utopia. Per cui, se siamo in una situazione in cui proprio dobbiamo descrivere una persona, usiamo termini tecnici riconosciuti globalmente nel mondo della moda per esigenze di taglie e di stoffa, come “curvy” e “over size”. Io rientro nella categoria “plus size”, per cui non esiste ancora un corrispondente italiano. Oltre la taglia 44 si parla di curvy, dalla 48 di over size, oltre la 54 di plus size. Essere curvy o plus size è una caratteristica, non un difetto».

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Stella Pecollo

Il percorso di Stella per imparare ad amarsi

A 35 anni, Stella sprizza fiducia in se stessa e grinta. Con il suo libro si rivolge a tutte le persone che tendono a rimpicciolirsi per far piacere agli altri, per evitare sguardi di biasimo per un corpo non conforme ai canoni comuni. Imparare ad amarsi, invece, secondo lei «significa prendere più spazio». Ma a questa convinzione è arrivata piano piano. «Il mio è stato un percorso – ci racconta -. È come se avessi raccolto per strada piccoli utensili che ora utilizzo. Sicuramente ho tratto forza dai corsi di teatro, dalla recitazione, dagli insegnanti che hanno mostrato fiducia nel mio talento e nel mio aspetto. E poi il corso di burlesque mi ha dato la botta di autostima più forte».

Il burlesque l’ha liberata

«Ho fatto un corso a Londra, che è la culla mondiale del burlesque. Mi sono trovata in classe con altre donne, tutte diversissime tra loro, di età, etnia, forma, altezza, ognuna con le sue insicurezze e sicurezze. È stata una sorta di terapia di gruppo. Sono stata subito a mio agio. Nel mondo del burlesque, come in quello del musical, non ti senti mai giudicata, cosa normalmente assai rara (nel cinema e nella tv, nei casting in genere, di solito capita il contrario). Mi sono sentita libera di essere me stessa. Anzi, la mia unicità è diventata la mia carta vincente, che ho riversato nel lavoro, per ogni ruolo che interpreto. Il musical, poi, mi ha aiutato a riconettermi con il mio lato danzereccio: il ballo è un’arte strettamente legata al corpo, che quando ero più giovane mi sono negata. Anche in questo caso ho scoperto che avere una fisicità unica mi permette di trasmettere molto. Come è stato nel musical Charlie e la fabbrica di cioccolato, esperienza che ho adorato».

La gioia di vestirsi per piacersi

Con il tempo Stella ha scoperto anche il piacere di valorizzare il suo corpo con un abbigliamento colorato e allegro, superando la fase del “nascondersi” con tutoni o abiti “a sacco”. Ma non è stato così facile trovare gli abiti giusti in Italia. «Cinque anni fa andai in un negozio di una via principale di Torino e ho vissuto un mini trauma: la taglia più grande che avevano era la M. Rimasi scioccata. Altri negozi avevano taglie più grandi (parlo di taglie dalla XL in su) ma per un vestito dovevi spendere almeno 120 euro e non tutti abbiamo quel budget. Oppure, altrove, puoi trovare dei bei “sacchi”: “Ok, sono diventata un rettangolo”. C’è pigrizia in chi realizza vestiti per le taglie forti: un giorno avevo trovato un vestito che mi stava bene addosso, ma aveva la fascia del sottoseno rigida anziché elastica. Per fortuna, però, ora tanti designer sanno come cucire gli abiti anche per le plus size, soprattutto all’estero. Londra, dove ho abitato per un po’, pullula di designer plus size. Quando ho scoperto che potevo vestirmi come mi piaceva mi si è aperto un mondo. Adesso mi vesto esprimendo la mia personalità: ho abiti colorati a fantasia con fiori, palme, ciambelle, maschere di teatro. Mi fa sentire bene. E da quando ho iniziato a vestirmi come mi piace ho iniziato a ricevere tanti complimenti. L’importante è mettersi al primo posto».

Stella sogna un Notting Hill in cui Hugh Grant si innamora non di una Julia Roberts ma di una donna stile Melissa McCarthy. In Italia è difficile trovare ruoli stimolanti, di primo piano, se non indossi la S. «Ultimamente c’è stato qualche film dove le protagoniste erano delle ragazze in carne (ad esempio Dolcissime). Io ho fatto Extravergine ed ero tra le quattro protagoniste. Qualche passettino c’è stato ma mi piacerebbe vedere un film o una serie tv dove l’interprete principale è una donna curvy o plus size e, il fatto di pesare 100 chili anziché 50, non influenzi la trama. Dove semplicemente si racconti la sua storia di donna, senza mandarla agli incontri degli obesi anonimi. Io ho esperienze di vita esattamente come le ha la mia amica magra. In America questo è già all’ordine del giorno. L’esempio più lampante è quello dell’attrice Melissa McCarthy, recentemente protagonista del bel film Copia originale, ma ci sono anche Amy Schumer, Rebel Wilson… Hanno dimostrato che possono essere protagoniste, comiche ma non solo, e che i loro film comunque incassano. Uomini curvy o plus size che interpretano qualsiasi tipo ruolo, in Italia, ce ne sono: Giuseppe Battiston, Stefano Fresi, Nicola Nocella. Mi piacerebbe vedere la stessa apertura anche con noi attrici».

Come acquisire fiducia in se stesse

Che consigli si possono dare a giovani ragazze per diventare più confident con il proprio corpo? «Ho tenuto dei workshop in merito – spiega Stella Pecollo -. E alla fine del libro stilo un piccolo decalogo con consigli base da cui cominciare, dal fregarsene dell’opinione altrui al fare gesti quotidiani per dimostrare amore verso noi stessi. Il punto base, comunque, è iniziare un percorso: impegnarsi, deciderlo. Dire a se stesse: “Da oggi metto indietro la vecchia me, volto pagina, la nuova me ha nuove abitudini e si vede allo specchio in maniera diversa”. E poi, all’inizio, bisogna affidarsi alla frase “Fingi finché diventa vero”. A me ha aiutato perché inizialmente sei spaesata, non hai davvero la convinzione di essere bella, di amarti, di avere un certo valore. Quindi, mentre lavori su te stessa, se fingi già di sentirti bella, vedrai che le cose pian piano cambiano. Spostare il focus dagli altri a noi stessi aiuta molto: si evita tanta negatività che può influire sulla nostra autostima. L’obiettivo è creare delle radici forti così che qualsiasi cosa accada nella vita – perché accadrà sempre qualcosa che ci butta giù – noi abbiamo una bella base e da lì non ci muoviamo. Ci tengo a ripetere che si tratta di un vero e proprio percorso».

La conversazione con Stella non può non cadere su Adele, la cantante curvy simbolo della body positivity ora dimagrita e da molti criticata proprio per la sua magrezza. «A me interessa soltanto che Adele faccia un bel disco, poi se è magra o grassa non mi importa. Purtroppo le persone, soprattutto se sei un personaggio pubblico, tendono a giudicarti. Ma non puoi farlo se non conosci la storia personale del singolo e non sei dentro i suoi stessi panni. Nel mondo dell’arte è pieno di persone con un’altissima sensibilità. Come fai a giudicare le azioni di una persona che segue la sua sensibilità? Io sono sensibile ed emotiva. E meno male, perché sennò non potrei fare il mio lavoro».

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