mamma e papà con neonato

Congedo di maternità e paternità: cosa cambia

L'Inps ha modificato le norme relative alla maternità flessibile, cioè quella di chi sceglie di stare a casa a ridosso o dopo il parto. Cambia anche il congedo per i padri, che diventa obbligatorio

Di recente le novità in materia di congedo parentale non mancano. Da un lato cambiano le norme relative ai padri, dall’altro anche per le madri è stata modificata la procedura relativa alla cosiddetta “maternità flessibile”.

La maternità flessibile

Dopo diversi casi di ricorsi in Cassazione, infatti, l’Inps ha semplificato l’iter per le donne che scelgono di posticipare l’astensione dal lavoro fino al mese che precede la data presunta del parto o di utilizzare i cinque mesi di congedo esclusivamente dopo il parto.

Nel dettaglio, le lavoratrici che intendono avvalersi della maternità flessibile devono inviare, prima dell’inizio dell’ottavo mese di gravidanza, la documentazione medica che attesta l’assenza di rischi per la propria salute e per quella del nascituro, al solo datore di lavoro. Finora, invece, erano tenute a produrre la certificazione del ginecologo (e del medico dell’azienda) anche all’Inps.

La novità riguarda le lavoratrici dipendenti del settore privato e le iscritte alla Gestione Separata nel caso in cui scelgano, quindi, la maternità flessibile, sia per le domande nuove, sia per quelle già presentate.

Ma non si tratta dell’unico cambiamento recente.

Cambia il congedo di paternità

«Con la cirolare dell’Inp, entra in vigore a tutti gli effetti il decreto legislativo (30 giugno 2022, n. 105) sul congedo di maternità e paternità, e sulla trasparenza nei contratti di lavoro. Cosa cambia in concreto per madri e padri? Intanto diventa effettivo (e non più sperimentale) il periodo di astensione obbligatoria dal lavoro per i padri, che potranno stare a casa 10 giorni. Passa da 6 a 9 mesi, invece, il congedo parentale che possono gestirsi alternativamente entrambi i genitori, mentre per le famiglie monogenitoriali il periodo di indennità sale da 10 a 11 mesi. Ma è davvero un traguardo? C’è chi ha accolto le misure come un passo avanti, ma forse ancora troppo piccolo, specie se paragonato a quanto avviene in altri Paesi europei.

Come è cambiato il congedo per i padri

In principio il congedo di paternità, introdotto in Italia nel 2012, era di un solo giorno, ma negli anni si è allungato arrivando prima a 5, poi a 10 con un provvedimento del 2021 che prevedeva un periodo più lungo in via sperimentale. Adesso quei 10 giorni obbligatori entrano a regime. I padri lavoratori possono usufruirne nel periodo che va dai 2 mesi precedenti ai 5 successivi alla nascita del figlio o figlia. Un traguardo, dunque? Se lo chiede Riccarda Zezza, imprenditrice, fondatrice e CEO di Lifeed, da sempre in prima linea nel sottolineare il valore aggiunto della maternità e l’esigenza di un maggior equilibrio tra donne e uomini nella gestione della famiglia: «Possiamo festeggiare per l’acquisizione di un maggiore diritto alla pratica della paternità da parte dei padri, che arriva così a rappresentare oggi “ben” un decimo di quello delle madri? Possiamo rallegrarci se anche l’Italia, in coda ai Paesi europei a lei più simili (come la Spagna), fa qualche timido passo avanti verso una maggiore condivisione della vita familiare e un aumento di flessibilità nell’utilizzo dei congedi?» chiede ancora Zezza, secondo cui si è compiuto solo un piccolo passo verso il riconoscimento della complessità del ruolo genitoriale «che va ben oltre il momento del parto».

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Maternità anticipata anche per la lavoratrici autonome

Il tema riguarda anche le indennità per le madri, soprattutto per le donne che lavorano autonomamente e le libere professioniste, meno tutelate da questo punto di vista. Il provvedimento ha ritoccate alcune norme, prevedendo un’estensione dell’indennità di maternità anche agli eventuali periodi di astensione anticipati per gravidanza a rischio.

3 mesi in più di congedo al 30% per mamma o papà

C’è una novità anche per l’indennità (del 30%) sulla retribuzione, che fino ad oggi era di tre mesi per ciascun genitore e non trasferibile dall’uno all’altro. Ora, invece, si aggiunge un ulteriore periodo di tre mesi, questa volta trasferibile tra i genitori e fruibile in alternativa tra loro, retribuito sempre al 30%. In totale, quindi, si può arrivare a 9 mesi complessivi, tra padre e madre. In caso di figlio con disabilità grave è previsto un congedo con indennità sempre del 30% fino a tre anni, per i genitori in alternativa tra loro.

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Congedo al 30% fino ai 12 anni

Inoltre, passa da 6 a 12 anni l’età entro cui madre e padre (anche adottivi o affidatari) possono fruire del congedo parentale al 30%. Infine, cambia la durata del congedo in caso di famiglia monogenitoriale, che passa da 10 a 11 mesi.

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La mamma è ancora il genitore maggiore e il papà in seconda linea

Le nuove misure recepiscono la direttiva europea 2019/1158 sull’equilibrio tra attività professionale e vita familiare per i genitori, con l’obiettivo di migliorare la conciliazione tra i tempi casa-lavoro e promuovere una più equa condivisione delle responsabilità tra uomini e donne, per arrivare a una reale parità di genere, sia in ambito lavorativo che familiare. Ma c’è da festeggiare? «Sì, potremmo festeggiare perché è ovvio che “qualcosa” sia meglio di niente e sappiamo quanto sia difficile accendere l’interesse politico su tematiche ritenute secondarie come queste – prosegue Zezza – Ma non è così: non festeggiamo. Che avvenga “qualcosa”, infatti, ci illude che siamo andati avanti, mentre il punto di partenza è sempre uno status quo che ha radici negli anni ‘70, in un mondo che non aveva niente a che vedere con quello di oggi. Ci ancoriamo lì e manteniamo quella mentalità secondo cui di base la donna è il genitore “maggiore”, la famiglia deve negoziare i propri diritti con il lavoro, avere dei figli è una discontinuità, un “vuoto” lavorativo che tutt’al più è da proteggere e mai da valorizzare». Secondo Zezza si è di fronte, di nuovo, a una «negoziazione estenuante, che vede gli uomini ancora in seconda fila, ancora privi di diritti e di voce in capitolo, e le donne ancora penalizzate dal proprio stesso Paese quando provano ad avere figli e lavorare».

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Italia ancora indietro sui congedi per mamma e papà

Va riconosciuto qualche miglioramento, concorda Isa Maggi, presidente di Fondazione Gaia e Sportello Donna, e Coordinatrice degli Stati Generali delle Donne: «È solo un primo passo: la Spagna in tema di congedi parentali ci ha superato, ha avuto coraggio!» sottolinea, ricordando che «dal 1° gennaio 2021 il governo di Madrid ha stabilito che i giorni di congedo sono equivalenti per entrambi i genitori. Sia le mamme che i papà hanno diritto a 16 settimane di congedo, non trasferibili e pagate al 100%». Una notevole differenza con quanto avviene in Italia, che risulta fanalino di coda in Europa. Come spiega un report dellOsservatorio CPI-Conti Pubblici Italiani dell’Università Cattolica di Milano, «quasi tutti i paesi europei hanno previsto un congedo per i padri tranne Austria, Croazia, Germania, Lussemburgo e Slovacchia. Portogallo e Spagna sono paesi con congedi di paternità più lunghi (rispettivamente 5 mesi e 12 settimane)». L’Italia, prosegue l’analisi condotta su dati Inps, è agli ultimi posti. Oltre al congedo parentale, ai genitori ne spetta uno di maternità o paternità, cioè un periodo di astensione dal lavoro a cavallo del parto, che prevede un’indennità elevata. In Italia è pari all’80% della retribuzione e dura 5 mesi, in linea con la media Ue. La vera differenza, però, sta nell’utilizzo dei congedi parentali.

Congedi parentali: anche i padri li vorrebbero

Tra il 2015 e il 2019 in media circa 320mila dipendenti privati e del settore agricolo hanno beneficiato del congedo parentale, ma «di questi, in media, l’82% erano donne» sottolinea l’Osservatorio CPI, pur considerando che nel tempo la quota di uomini è aumentata dal 15% del 2015 al 21% del 2019. Sono differenti, però, anche le durate dei congedi: fino al periodo pre-pandemia in genere le madri beneficiavano di 58 giorni contro i 25 dei padri, quindi più del doppio. Con il periodo Covid, però, è presumibile che ci sia stato un ulteriore maggior ricorso dei congedi da parte delle madri. «Il motivo non è la non voglia dei padri di stare coi figli piccoli: il problema sta nelle politiche sociali che, come sappiamo, non aiutano anzi spingono le donne a rimanere a casa coi bambini appena nati. Le vere opportunità, quelle sostanziali, dovrebbero invece prevedere la possibilità anche per i padri di occuparsi dei figli, anche piccoli, perché sono in grado di farlo: in Italia solo il 12% delle madri allatta ancora a sei mesi dal parto e anche gli uomini possono dare il biberon ai figli o cullarli» spiega Matteo Bernini, responsabile scientifico dell’Associazione MdM Movimento per l’Uguaglianza Genitoriale.

Il congedo per i papà negli altri Paesi

Quanto al confronto con gli altri Paesi europei, Bernini ricorda: «In Francia sono previsti 28 giorni di congedo per i padri, in Spagna 16 settimane per entrambi i genitori, in Svezia persino 12 mesi, ma ripartiti tra i partner: è la condizione più intelligente e funzionale allo sviluppo di un attaccamento tra bambino e genitori, che avviene nei primi mesi di vita. Sui congedi – aggiunge Bernini – siamo molto indietro: ci sembra di fare grandi progressi quando si tratta di briciole. Dobbiamo ancora superare un retaggio culturale».

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