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Brexit, cosa cambia per studenti, lavoratori e turisti

Vita dura per camerieri e baristi in vista della Brexit. Il governo ha pubblicato le nuove norme per chi sogna di studiare l'inglese mantenendosi con piccoli lavori. Cambiamenti sono previsti anche per i turisti

Cosa cambia per chi andrà in Inghilterra? Come si viaggerà nel Regno Unito? Quali documenti serviranno per entrare? Si potrà ancora studiare e lavorare a Londra? Sono tutte domande alle quali ora risponde in modo chiaro il “libro bianco” del governo May con le linee guida in materia soprattutto di immigrazione e lavoro per il dopo “Brexit”. A cambiare sono soprattutto nel norme sui visti turistici e per lavoro, specie se meno qualificato: si annuncia vita dura per i tanti camerieri e baristi (molti italiani) che finora avevano trovato lavoro a Londra e dintorni.

Cosa succederà per i lavoratori?

I cambiamenti più importanti riguarderanno i lavoratori meno qualificati, come camerieri, lavapiatti, dipendenti di hotel, ecc. Fino al 2025 i cittadini europei potranno continuare a entrare nel Regno Unito, anche senza avere già un contratto di lavoro, ma potranno fermarsi per non oltre un anno, con un visto temporaneo che al termine dei 12 mesi non potrà essere esteso né convertito. non sono previsti neppure ricongiungimenti familiari. Questi lavoratori dovranno dunque lasciare il Paese e, se vorranno tornare, non potranno farlo prima di altri 12 mesi. Alcune deroghe potranno riguardare solo il settore agroalimentare, dove c’è necessità di manodopera.

Diverso il discorso per i lavoratori qualificati (come medici e infermieri, ma anche insegnanti), dei quali il Regno Unito ha maggiormente bisogno. Per loro non è più previsto (come invece si temeva) un numero massimo: i cittadini europei saranno considerati al pari di quelli extracomunitari. Per loro il visto durerà 5 anni, dopo i quali potranno fare richiesta di residenza fissa e in seguito anche di cittadinanza.

La buona notizia è che nel “libro bianco” non è più contemplato un reddito minimo annuale di 30mila sterline, come nella bozza del testo, anche perché spesso i salari non raggiungono questa cifra. 

Le novità riguardano complessivamente oltre 3 milioni i cittadini stranieri nel Regno Unito.

Cosa cambia per gli studenti

In base all’accordo raggiunto fra Londra e Bruxelles ogni europeo, studenti inclusi, arrivato in Gran Bretagna fino al 29 marzo 2019, avrà diritto di restarci a tempo indeterminato. Quindi anche uno studente italiano che inizia l’università nel Regno Unito nell’autunno 2019 avrà gli stessi diritti del passato. Gi studenti europei potranno entrare nel Regno Unito senza fare alcun tipo di richiesta speciale per 6 mesi dopo la laurea, allo scopo di cercare un lavoro. Per i dottorandi è previsto un periodo maggiore (fino un anno).

Cosa cambia per i turisti

Per i cittadini dell’Ue non servirà alcun visto per 6 mesi, durante i quali potranno entrare e girare liberamente nel Regno Unito con passaporto o carta d’identità. In futuro potrebber però essere necessario dotarsi di un’autorizzazione preventiva su modello dell’ESTA richiesta per gli Stati Uniti. Se, invece, i familiari dei cittadini britannici o europei provengono da Paesi terzi e quindi hanno diversa nazionalità, sarà richiesto loro fin da subito il passaporto in corso di validità (ad esempio, una moglie russa che voglia ricongiungersi con il marito italiano o britannico a Londra).

Università: il conto “salato”

Nel Regno Unito ci sono circa 600 mila italiani, dei quali oltre 450 mila nella sola Londra, che lavorano o studiano o fanno entrambe le cose insieme. Nel caso di giovani iscritti ad una università britannica, con l’entrata in vigore delle nuove norme previste dalla Brexit per loro studiare Oltremanica potrebbe diventare molto costoso.

La retta annuale di un ateneo britannico si aggira oggi intorno alle 9mila sterline (pari a circa 12mila euro): al momento non ci sono differenze tra studenti locali e stranieri. Con l’uscita effettiva del Regno Unito dall’Ue, invece, gli universitari europei potrebbero dover pagare le quote di iscrizione previste attualmente per gli studenti cosiddetti “internazionali” (cioè appunto extra UE), che oscillano tra le 14mila e le 19 mila sterline (tra i 16mila e i 22mila euro all’anno). Ricadute negative non si escludono neppure per i ricercatori. I fondi per questo settore, infatti, provengono in larga parte dall’Unione europea. Uscendone, si prevedono forti tagli, che potrebbero ridurre anche i posti e le possibilità di impiego in questo ambito per i non britannici.

Le perdite per il “Made in Italy”

Più volte si è sottolineato il conto che il Regno Unito si troverà a pagare con l’uscita dall’Ue, ma ripercussioni negative sono attese anche per l’export italiano. Secondo una stima del responsabile economista dell’Ocse, Catherine Mann, l’effetto del divorzio potrebbe essere quantificato nella perdita dell’1% del PIL italiano entro fine 2018. A ciò si aggiunga il rafforzamento dell’euro nei confronti della sterlina, che penalizza le aziende europee e dunque anche italiane.

Le prossime tappe

Dopo le tensioni interne al mondo politico britannico, con la mozione di sfiducia nei confonti del premier May, presentata dagli stessi conservatori ma bocciata, l’accordo sulla Brexit attende ora di essere ratificato dal Parlamento britannico. La convocazione a Westminster è prevista per gennaio. Entro il 29 marzo 2019 i 27 Paesi membri dell’UE ratificheranno gli accordi. Dal 30 marzo 2019 scatterà la Brexit, con un periodo transitorio di 21 mesi durante il quale le regole in vigore rimarranno le stesse. Partiranno, però, negoziati sui rapporti commerciali e sulla circolazione delle persone.

Un nuovo referendum?

La decisione della May ha incontrato l’opposizione non solo dei laburisti, ma anche dei conservatori “puri” dello stesso partito della premier, i Tory, che avrebbero preferito una rottura netta con l’Unione europea. Il capo dell’esecutivo dovrà ora superare il voto del Parlamento, dove i numeri non sono affatto certi. In caso di bocciatura non potrebbe che esserci la via di elezioni anticipate, con probabile vittoria laburista, o di un secondo referendum, dal quale potrebbe uscire la decisione di abbandonare la Brexit e restare in Europa. La terza opzione (ma anche quella peggiore) è quella del no-deal, il mancato accordo, che aprire la strada a un’uscita senza negoziati con l’Ue e con gravi conseguenze per Londra.

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