Università all’estero: ecco le domande da farsi

Cresce il numero dei giovani italiani che dopo il diploma decidono di proseguire gli studi oltreconfine. Una scelta non per forza costosa e che permette di trovare un primo impiego con stipendi più alti del 25 per cento

Nel 2006 meno dell’1,5% dei neodiplomati espatriava per motivi di studio, oggi la percentuale supera il 3% (dati Unesco). Se un tempo le città dove trasferirsi erano tutte in Italia (Milano, Roma e Torino), adesso che l’Europa è a portata di voli low cost e i ragazzi sono più abituati a viaggiare, le nuove tappe di formazione oltrepassano il confine. «E il trend continua a crescere» assicura Assunta Sarlo, autrice di Ciao amore ciao. Storie di ragazzi con la valigia e di genitori a distanza (Cairo).

«L’espatrio, che prima era un’opzione post laurea per scappare dalla disoccupazione, adesso rientra nelle possibili scelte del dopo diploma. Il clima di sfiducia generato nel Paese dalla mancanza del lavoro spinge molte famiglie a pensare che un futuro certo sia possibile solo fuori dall’Italia. Tanto vale anticipare le cose e avvantaggiarsi. Conta molto anche l’immagine che le università straniere hanno nel nostro Paese: spesso sono percepite come più meritocratiche e dotate di attrezzature e laboratori che qui da noi, a causa di minori investimenti, mancano». Se il vantaggio è innegabile i dubbi sono tanti. Ecco le 5 domande da porsi e a cui dare una risposta.

Quanto costa studiare all’estero?

Se punti a Harvard, Yale o Oxford, il costo è alto. «Ma in Europa si possono scegliere istituzioni accademiche di altissimo livello anche se meno conosciute, come l’Ecole Polytechnique Fédérale di Losanna e la Delft University of Technology in Olanda» spiegano Marcella Turazza e Anna Maria Padula, fondatrici di Omni Admissions, agenzia che aiuta i ragazzi a trovare l’università giusta e a superare i test di ammissione. «In generale, negli States le università sono molto più costose ed è più difficile accedere alle borse di studio. In Europa, invece, puoi spendere meno che in Italia». In Austria, Germania, Danimarca, Finlandia, Svezia e Norvegia addirittura non sono previste tasse. In Francia la retta è simile alla nostra. In Inghilterra, nonostante la Brexit, si può accedere al prestito d’onore attivo (si restituisce quando si trova lavoro, slc.co.uk). Un aiuto sono poi le borse di studio offerte dai governi (le trovi nella sezione Servizi e opportunità del sito della Farnesina).

Bisogna conoscere molto bene la lingua?

Sì, l’inglese è il primo requisito. E serve non solo per studiare in Inghilterra o in America ma in tutti i Paesi nord europei che, per attrarre studenti stranieri, offrono i corsi in questa lingua. «Per l’ammissione ogni università chiede una certificazione linguistica, Ielts o Toefl, indicando spesso un punteggio minimo necessario» spiegano le due esperte. «Per gli studenti italiani, meno preparati sulle lingue, questo è un aspetto critico. Il consiglio è prepararsi in anticipo e non a ridosso delle iscrizioni». Seguendo i corsi appositi che si tengono in tantissime città e anche online (info sui siti di Ielts e Ets).

La burocrazia è complicata?

No, si fa quasi tutto online e la maggior parte delle università, proprio nell’ottica di attirare studenti stranieri, agevola la navigazione e la compilazione delle domande. «Per la Gran Bretagna, che richiama ancora il maggior numero di ragazzi italiani, si parte dalla piattaforma Ucas dove si può fare domanda contemporaneamente per un numero di corsi fino a cinque» spiegano Turazza e Padula. «Attenzione alla lettera motivazionale: da noi non si usa molto mentre nelle università estere viene sempre valutata per capire il profilo e la personalità dello studente». Sui siti delle singole università e su Usac trovi la guida e i consigli per la compilazione.

Un ateneo straniero migliora le prospettive professionali?

I dati del report Gone international: mobile students and their outcomes dicono di sì: studiare in una università straniera, secondo l’84% degli studenti, apre molte porte e fornisce più competenze. Non solo. Permette di trovare un lavoro che fa guadagnare almeno il 25% in più. «Nel curriculum salta subito all’occhio, perché rispecchia candidati capaci di confrontarsi con situazioni nuove e complesse» dice Assunta Sarlo. «L’inglese fluente, appreso dopo anni di studio in lingua, è un elemento in grado oggi di fare la differenza in un colloquio. Senza contare che le esperienze di università-lavoro e la rete con i colleghi facilitano la ricerca per chi cerca un contratto all’estero».

Come tengo a bada l’ansia per la lontananza?

Valutando il grado di consapevolezza dei figli e prendendosi tempo per decidere insieme. «Il desiderio e poi la scelta devono maturare dentro di loro, solo così saranno pronti a fare il salto. E più sicuri ti sembreranno, minore sarà la tua ansia» assicura Assunta Sarlo che è anche mamma di due giovani studenti expat. «È utile poi familiarizzare con l’argomento molto tempo prima del distacco: valutare insieme ai figli le possibili alternative, consultare i siti degli atenei e i profili Facebook di chi è già partito, approfittare di qualche giorno di vacanza per andare a vedere il posto e valutare il contesto. Ci si renderà conto che in fondo non è molto diverso da un trasferimento in un’altra città italiana. Infine, da mamma di expat, consiglio di limitare le aspettative: per i ragazzi è un passaggio difficile, devono confrontarsi con studi impegnativi in una lingua che non è la loro. Aspettarsi esami a raffica e voti alti non aiuta».

3 consigli pratici

1. Su Radio24, ogni sabato alle 13.30, Sergio Nava conduce Generazione mobile, la trasmissione dedicata ai ragazzi che decidono di fare le valigie per lavoro o per studio, con le soluzioni per cogliere le migliori opportunità.

2. I ranking internazionali ti permettono di capire quali atenei sono più quotati sulla base di criteri come la qualità della ricerca scientifica o il tasso di occupazione degli ex studenti. Li trovi su Top Universities e Times Higher Education.

3. Vuoi fare una prova per prepararti al salto? Gli accordi europei facilitano i periodi di studio all’estero già alle superiori. Un’esperienza che, in più, fa punteggio nell’iscrizione all’università straniera. Al ritorno le scuole italiane prevedono dei percorsi graduali di “riallineamento didattico”. Si organizza tutto con EF Italia e Intercultura.

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