Zanzara su foglia

La febbre del Nilo in Italia: cosa c’è da sapere

Aumentano nella zona di Padova i contagi a causa del virus della febbre del Nilo. Un'altra persona è morta, dopo gli anziani deceduti nei giorni scorsi. L'allarme è giustificato? Secondo l'esperto no. Cosa c'è da sapere su sintomi e malattia

La “febbre del Nilo” o febbre West Nile non è una novità assoluta per il nostro Paese, ma l’allarme cresce per l’aumento dei contagi e dei decessi. I decessi finora sono cinque, tutti anziani, tranne l’imprenditore Marino Bellamio). I contagi sono 25 (15 dei quali a Padova, la città al momento più colpita d’Italia) stando all’ultimo bollettino del 27 luglio. Secondo molti esperti, tra i quali l’infettivologo Matteo Bassetti, non c’è in realtà motivo per preoccuparsi. Può essere importante, però, riconoscerne i sintomi e sapere cosa fare nel caso si presentino, specie se si vive in una cosiddetta “zona endemica” come il nord est.

Le prime vittime del 2022 di febbre del Nilo

La prima vittima di febbre del Nilo accertata nel 2022 in Italia è un anziano di 83 anni, deceduto il 16 luglio a Piove di Sacco nel Padovano. L’ultima, sempre a Padova, l’imprenditore Marino Bellamio. Il 19 luglio è morto all’ospedale di Schiavonia un 77enne, sempre padovano. Altri tre casi sono stati confermati dall’Istituto Superiore di Sanità, tra Piemonte ed Emilia Romagna.

Gà a giugno a Barbarano Mossano, sempre in Veneto, una zanzara era risultata positiva al West Nile e ora, a estate inoltrata, sono stati individuati insetti portatori del virus in quasi tutte le province della Regione. L’ultimo bollettino di sorveglianza delle arbovirosi della Regione Veneto, invece, riporta anche due malati affetti da febbre Dengue in provincia di Vicenza.

Febbre del Nilo: perché non siamo in emergenza

Tutto ciò ha fatto scattare l’allerta, che però non significa ancora emergenza. A rassicurare, per esempio, è l’infettivologo Matteo Bassetti del San Martino di Genova, che ricorda il boom di casi a cavallo tra il 2017 e il 2018, quando lui stesso dirigeva il reparto di malattie infettive a Udine. Un periodo definito molto impegnativo per i casi di West Nile che colpirono il nord est d’Italia. Di fronte al timore di una nuova epidemia, Bassetti è chiaro: «La verità è che è un virus presente in Italia da alcuni anni e i medici lo conoscono come uno dei responsabili di infezioni blande fino ad arrivare a gravi encefaliti. Si eviti l’allarmismo» spiega l’esperto.

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La febbre del Nilo è trasmessa dalla zanzara comune

«Abbiamo già avuto in passato a che fare con l’infezione da febbre del Nilo, trasmessa dalla zanzara comune. Nella stragrande maggioranza dei casi – ripeto – dà un’infezione blanda che regredisce in modo spontaneo. In casi rari, nell’1/2%, può portare a encefaliti anche gravi, ma si tratta soprattutto di persone immunocompromesse o fragili, come gli anziani», conferma Bassetti.

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I sintomi della febbre del Nilo: come riconoscerla

«Il virus West Nile appartiene alla famiglia dei Flaviviridae ed è stato isolato per la prima volta nel 1937 in Uganda, nel distretto da cui prende il nome. È presente anche in Europa, segnalato già a partire dal 1958, e in Asia occidentale, Australia e America» spiega il portale del ministero della Salute, Epicentro.iss.it. Il virus è trasmesso all’uomo da zanzare infette, soprattutto la Culex, cioè la zanzara comune. Si tratta di quella che punge prevalentemente nelle ore crepuscolari e notturne. L’infezione decorre frequentemente in modo asintomatico, senza che nemmeno ce se ne renda conto. I sintomi più comuni, comunque, sono «febbricola, mal di testa, nausea, vomito, eruzioni cutanee. Sintomi più pesanti – si presentano in media in meno dell’1 per cento delle persone infette – comprendono febbre alta, forti mal di testa, debolezza muscolare, disorientamento, tremori, disturbi alla vista, torpore, convulsioni, fino alla paralisi e al coma. Alcuni effetti neurologici possono essere permanenti. Nei casi più gravi (uno su mille) il virus può causare un’encefalite letale» spiega ancora l’Iss. In caso di persone fragili, come anziani o malati con patologiche croniche o con deficit immunitari, la malattia può portare anche a gravi complicazioni di tipo neurologico: disorientamento, tremori, disturbi della vista, convulsioni fino alla paralisi e al coma. Infine, in un caso su mille può provocare una meningite letale. Nel 2019, proprio a causa di una encefalite innescata da questo virus, morì un anziano in Veneto.

Come proteggersi dalla febbre del Nilo

«Essendo trasmessa da una zanzara, l’unica forma di protezione è cercare di non farsi pungere dall’insetto – spiega ancora l’infettivologo Bassetti – Per questo va bene usare i repellenti comuni o evitare i ristagni di acqua e rimangono valide le raccomandazioni già note. Ovviamente c’è da lavorare a livello di igiene e sanità pubblica, per far sì che si possano effettuare le disinfestazioni corrette, ma non esistono vaccini né terapie preventive. Si tratta di una problematica comune ad altre malattie trasmesse da vettori come la zanzara in questione, per esempio la malattia di Lyme o il virus Dengue o Zika: non bisogna terrorizzare la gente. Quando si può ed è necessario, ci si vaccina» conclude il professor Bassetti.

Nel 2020 la febbre del Nilo fu autoctona

È d’accordo anche Felice Foglia, dirigente medico referente per la sorveglianza arbovirosi nell’ambito del servizio di igiene e sanità pubblica dell’Ulss 8 di Vicenza, che al Giornale di Vicenza ha chiarito: «È fondamentale che tutti i cittadini diano il proprio contributo alla prevenzione della diffusione delle zanzare accanto agli interventi di disinfestazione larvicida eseguiti dalle amministrazioni comunali sul suolo pubblico. Già in passato nel territorio vicentino sono stati registrati circa 300 casi di West Nile virus – prosegue Foglia -. Nell’agosto 2020 altresì si è verificata la prima circolazione autoctona di virus Dengue in Italia e precisamente in una località afferente al territorio dell’Ulss 8 Berica. Ogni volta siamo intervenuti celermente per ridurre la densità della zanzara e monitorare i soggetti contagiati considerando il rischio concreto per la salute pubblica. Pertanto è importante mettere in atto le buone pratiche di prevenzione che abbiamo suggerito».

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