Coronavirus, come funziona il cordone sanitario in Italia

Dopo i primi casi positivi in provincia di Lodi, scattano le prime misure di precauzione in Lombardia e altre regioni. Ecco come funziona il cordone sanitario e chi si occupa di gestire l'emergenza

Al primo caso di contagio in un uomo di 38 anni di Codogno (Lodi), ne sono seguiti altri, arrivando a triplicarne il numero in poche ore solo in Lombardia. Poi è toccato al Veneto, con la prima vittima. Immediata la decisione di far scattare un cordone sanitario, in attesa di identificare il “paziente zero” e soprattutto di contenere il contagio. Come spiegato dal virologo Roberto Burioni, infatti, questo può avvenire anche attraverso persone che non presentano sintomi, dunque occorrerebbe una quarantena per tutti coloro che provengono dalla Cina. Intanto interi comuni sono isolati, 50 mila le persone coinvolte dalle misure di sicurezza urgenti, come chiusura delle scuole , locali pubblici e aziende, invito a non uscire di casa, sospensione parziale del servizio di trasporti. Ecco come funziona il cordone sanitario.

Il cordone sanitario: il primo passo

La Regione Lombardia per prima ha invitato «tutti i cittadini di Castiglione d’Adda e di Codogno, a scopo precauzionale, a rimanere in ambito domiciliare e ad evitare contatti sociali». A una prima disposizione dell’Assessore alla Salute della Regione Lombardia, Giulio Galliera, è seguita l’ordinanza del ministro della Salute, Roberto Speranza, da estendere anche al Veneto già corso ai ripari con misure analoghe. 

Ma quali altri provvedimenti sono previsti in questi casi? «Esattamente quelle messe in atto in Cina al momento dello scoppio dell’epidemia: evitare assembramenti, stare il più possibile a casa (con eventuale ordinanza che disponga il divieto ad abbandonare le abitazioni), la chiusura delle scuole e di tutti i locali pubblici. In casi più gravi si può arrivare a sospendere la circolazione dei mezzi pubblici, perché rappresentano un possibile luogo di concentrazione di persone e dunque di contagio» spiega Giovanni Rezza, virologo dell’Istituto Superiore di Sanità.

E’ esattamente ciò che è accaduto in una decina di comuni lombardi e in altre località venete: sospensione delle manifestazioni pubbliche (gare sportive, eventi del Carnevale, Messe e funzioni religiose, ecc); limitazione delle attività commerciali ad esclusione dei servizi essenziali e di quelle lavorative (privilegiando il telelavoro in tutti i casi nei quali è possibile), chiusura delle scuole di ogni ordine e grado, interdizione delle fermate dei mezzi pubblici, comprese quelle dei treni che non sostano più nei comuni “a rschio”, e infine screening con tampone per tutta la popolazione, come disposto per Vo’ Euganeo, in provincia di Padova, dove si è registrata la prima vittima, un 78enne già ricoverato in ospedale da una decina di giorni.

In questo e in casi analoghi, come a Codogno (Lodi), anche i nosocomi vengono chiusi, svuotati e sanificati, mentre il personale sanitario e infermieristico è sottoposto a test. 

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Coronavirus: il numero unico di emergenza

Già attivato in occasione delle prime notizie sul possibile arrivo di persone ammalate dalla Cina, è disponibile il numero verde di pubblica utilità 1500 al quale rivolgersi in caso di sintomi sospetti, in particolare febbre alta, tosse e problemi respiratori. Le autorità invitano a non recarsi al Pronto Soccorso, ma a chiedere informazioni, consigli e una visita a domicilio al numero apposito, evitando spostamenti, oppure al 112.

La task force contro il coronavirus

Il piano di contenimento del contagio prevede anche un’azione capillare di controlli su tutti coloro che possono essere entrati in contatto con le persone contagiate, a partire dai familiari, per i quali dopo il test con tampone, è previsto l’isolamento in quarantena. «Al momento resta fissata in 14 giorni, anche perché non ci sono ancora certezze sui tempi di incubazione» spiega Rezza.

Lo stesso tipo di sorveglianza medica scatta anche per il personale sanitario e per i colleghi dei contagiati, oltre che per coloro che a vario titolo possono essere entrati in contatto con loro (ambienti e strutture sportive, scolastiche, ricreative, ecc).

Chi gestisce l’emergenza coronavirus

Il cordone sanitario e tutti i provvedimenti precauzionali sono dettati da protocolli medico-sanitari condivisi tra le autorità nazionali e locali, e sono gestiti direttamente con queste ultime (a partire dalle Regioni), d’intesa con il ministero della Salute ed eventualmente con altri dicasteri” spiega Rezza. È il caso del ministero della Difesa, che ha già collaborato a Roma, mettendo a disposizione locali presso la cittadella militare della Cecchignola per gli italiani in quarantena di ritorno dalla zona di Wuhan.

Lo stesso potrebbe accadere anche in Lombardia o dove ce ne fosse bisogno, come confermato dalla  Difesa nell’offrire disponibilità di strutture e supporto di personale militare (a Roma è intervenuto il reparto ospedaliero dell’Esercito) per nuovi casi di isolamento.

«Qualora ci fosse bisogno di passare a misure restrittive ulteriori, anche la Protezione Civile potrebbe entrare in campo perché queste siano rispettate dalla popolazione coinvolta» Spiega Rezza. Nel frattempo il commissario per l’emergenza coronavirus, Angelo Borrelli, ha spiegato che sono già state individuate «due strutture su Milano e Piacenza per 150-180 persone in totale per l’isolamento delle persone entrate in contatto con chi è stato colpito». Data la rapida evoluzione della soluzione, potrebbe rendersi necessario individuarne altre, dal momento già a 24 ore dal primo caso conclamato di contagio in Italia i cittadini cooinvolti nell’isolamento erano 50mila

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I protocolli anti-coronavirus

La task force scattata nel caso della Lombardia, ma già predisposta anche da altre regioni (prima tra tutte la Toscana, dato l’elevato numero di abitanti cinesi, seguita dal Veneto), prevede l’attivazione di laboratori dove trasmettere campioni da analizzare e la predisposizione di reparti di malattie infettive di riferimento sul territorio.

I laboratori regionali che ricevono i campioni biologici «provvedono a raccordarsi con il laboratorio dell’Istituto Superiore di Sanità e ad informare contestualmente l’Unità ospedaliera di Prevenzione regionale e la struttura di ricovero del paziente» come previsto dal protocollo lombardo.

Esistono anche «indicazioni procedurali importanti per i medici di base e per gli specialisti ospedalieri, definite in raccordo con il ministero della Salute”. Ad esempio, i medici (di famiglia, case di cura accreditate, ospedali classificati, IRCC, ecc.) devono segnalare eventuali casi sospetti all’aziende sanitarie di competenza attraverso specifiche procedure informatiche.

Come già chiarito, invece, «non sono considerate misure di protezione personale le mascherine chirurgiche comunemente in circolazione, che servono solo a chi è ammalato a non infettare gli altri» conferma Rezza, che ribadisce che il cibo non rappresenta invece una fonte di potenziale contagio

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