Perché il ministro Fontana fa discutere?

Lorenzo Fontana il neo ministro alla Famiglia e alla Disabilità, con le sue dichiarazioni su unioni civili, gay, aborto e pro life ha sollevato un polverone. Ma perché le sue parole fanno discutere? Potrà portare cambiamenti in settori delicati come quelli della disabilità? Ecco cosa si aspettano gli esperti e coloro operano tutti i giorni in questi campi

Posizioni omofobe, retrograde, irrispettose della dignità delle persone, specie omosessuali. Sono alcune delle accuse che sono state mosse al neo ministro della Famiglia e della Disabilità, Lorenzo Fontana. Sui social si è scatenata un’ondata di indignazione fin dalle prime dichiarazioni rese a poche ore dal giuramento del 38enne leghista: “Sono cattolico, non lo nascondo. Ed è per questo che credo e dico anche che la famiglia sia quella naturale, dove un bambino deve avere una mamma e un papà” ha affermato, spiegando che la famiglia è solo quella “naturale”, mentre quelle arcobaleno “per legge non esistono”.

A sollevare polemiche anche le  precedenti prese di posizione. Nel suo libro, La Culla vuota della civiltà. All’origine della crisi, scritto insieme all’ex presidente dello Ior, Ettore Gotti Tedeschi, e con prefazione del vicepremier Matteo Salvini, Fontana si schiera contro la legge 194 sull’aborto e parla delle unioni civili, sostenendo le politiche anti-migratorie e pro-vita del presidente russo, Putin. 

Se in molti, anche tra gli addetti ai lavori e tra le famiglie con persone disabili, attendevano l’istituzione di un ministero apposito annunciato in campagna elettorale, ora non mancano gli scettici. Ma perché Fontana ora divide così tanto l’opinione pubblica? “Bisogna premettere che forse non tutti sono contro le posizioni del neo ministro, ma certo lui si è esposto, per via del suo ruolo e delle idee politiche, mentre altri magari lo appoggiano rimanendo defilati” chiarisce Alberto Vergani, docente di Sociologia all’Università Cattolica di Milano. “Certo vanno tenuti presente due aspetti: il primo riguarda il tema, che tocca una questione delicata come quella delle unioni civili. L’altro ha invece a che fare col modo in cui il ministro si è espresso, usando un linguaggio provocatorio, diretto, molto distante rispetto ai canoni del passato e che si inquadra in un percorso di rottamazione della cosiddetta ‘vecchia politica’ che non risparmia alcun ambito” dice il professore a Donna Moderna.

Le unioni civili “non esistono”

Tra le affermazioni che hanno sollevato maggiore polverone quella sulle coppie arcobaleno, e in particolare sulla possibilità di riconoscere come nuclei familiari gli omosessuali che ricorrono a maternità surrogate per avere figli. “Le ho trovate dichiarazioni gravissime: se è vero che per lo Stato italiano le famiglie arcobaleno non esistono, è altrettanto vero che sono una realtà. È come negare l’evidenza, ma soprattutto è grave che il Ministro si sia scagliato non tanto contro queste famiglie, quanto piuttosto contro i loro bambini, negando una realtà, i loro diritti e usando un tono sarcastico” dice a Donna Moderna Andrea Simone, padre di una bambina di quattro anni avuta con il suo compagno grazie a una gestazione per altri negli Stati Uniti.

Giornalista, Andrea Simone è anche autore di un libro, Due uomini e una culla (Golem Ed., con prefazione di Lella Costa) nel quale racconta la sua storia: “È una sorta di diario, da quando io e Gianni abbiamo iniziato a pensare di avere una figlia, Anna, che poi è nata il 2 agosto del 2014 in California”. Andrea e Gianni si sono sposati il 29 marzo del 2013 a New York, poi hanno trascritto il matrimonio a Milano non appena entrata in vigore la legge Cirinnà e ora si stanno adoperando per ottenere la doppia genitorialità della bambina, per vie legali. “Non credo che la legge sulle unioni civili possa essere in discussione: ci vorrebbe un referendum abrogativo o una nuova norma che le cancelli, ma in questo caso penso che l’Italia insorgerebbe. Anche l’Europa non lo permetterebbe, dopo che il nostro Paese è stato sanzionato tre volte prima di avere una legge sul tema – spiega Simone – A preoccupare è piuttosto il fatto che nel contratto di Governo non sia stato previsto nulla che tuteli le famiglie come le nostre”.

Quanto alle polemiche sul gender “è giusto che nelle scuole si faccia l’educazione di genere per la parità tra i sessi: bisogna ricordare che i bambini di oggi hanno molti più strumenti delle generazioni precedenti. Se non si affrontano questi temi a scuola, possono cercarsi risposte da soli e trovarle tramite altri strumenti, come internet, a volte in modo distorto”. “Nostra figlia Anna porta il cognome di Gianni – conclude lo scrittore e giornalista – ma ci siamo mossi con un avvocato per ottenere la doppia genitorialità, come già accaduto ad altre coppie, ad esempio a Torino, visto che manca una norma apposita“.

Aborto e “fine vita”

Le parole di Fontana, anti-abortista e vicino al movimento Pro Vita, hanno suscitato timori anche tra coloro che si occupano di tematiche delicate, come l’Associazione Luca Coscioni. “Per fortuna Salvini ha bloccato immediatamente il contenuto delle prime dichiarazioni di Fontana, che non fanno parte né di quanto sostenuto in campagna elettorale né del contratto di Governo. Sono al limite del ridico e creano una china negativa nell’ambito dei diritti e delle libertà personali. Se le parole di Fontana possono esprimere la sua opinione, ma non devono essere parte della politica di governo” spiega Filomena Gallo, segretario dell’Associazione Luca Coscioni.

“Ci sono leggi che prevedono la tutela di libertà difese dalla nostra Costituzione e che vanno semplicemente rispettate, come quella sull’aborto o per lo sviluppo della propria personalità, e noi le difenderemo. Lo stesso Fontana è anche ministro della Disabilità e sono molti gli interventi da fare: dalla piena applicazione della Convenzione Onu sui diritti per i disabili, agli investimenti, alla rimozione delle barriere architettoniche che sarebbero dovute sparire fin dal 1985. Vedremo cosa deciderà. Intanto, ricordiamo che l’Italia ha cambiato anche la legge 40 non grazie a un Governo, ma tramite il Parlamento e noi confidiamo nel potere legislativo di quest’ultimo – spiega Gallo – Nel contratto di Governo si parla della promozione di leggi di iniziativa popolare e noi abbiamo una proposta depositata nel 2013 grazie alla raccolta di circa 70.000 firme per legalizzare l’eutanasia. Speriamo che sia discussa, perché è valida per due legislature. Altrimenti speriamo nella Corte costituzionale, che possa mantenere in piedi il divieto previsto dalla legge 580 (istigazione o aiuto al suicidio, NdR) permettendo però delle eccezioni per i malati che vogliano porre fine alle proprie sofferenze, come nel caso di Dj Fabo”.

“Abbiamo da poco una legge sul testamento biologico, ma è arrivato il momento di legiferare anche sull’eutanasia” conclude il segretario della Associazione Luca Coscioni.

Clima di scontro

In molti temono che le posizioni del neo ministro possano precludere il dialogo, creando uno scontro sociale senza precedenti: “Queste polemiche ci sono sempre state, ma oggi i mezzi di comunicazione – specie social – hanno l’effetto di amplificare tutto e di rendere le notizie velocissime e virali” spiega Alberto Vergani. “D’altro canto c’è un nuovo modo di comunicare anche dal punto di vista politico, un nuovo linguaggio, molto distante dal passato, più urlato. Non si deve neppure dimenticare che i nuovi rappresentanti del Governo sono stati a lungo in quella che possiamo considerare un’anticamera, all’opposizione, e ora che sono entrati nella stanza dei bottoni si sentono autorizzati a manifestare le loro idee, non più come punti di vista personali, ma come linee di governo. Tutto ciò contribuisce a creare un clima di forte tensione” spiega il sociologo.

E la Disabilità?

Creare un apposito ministero dedicato alla Disabilità era una delle priorità dei candidati al Governo e ora è diventata realtà. Molte le aspettative, anche se Vincenzo Falabella, presidente della Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap (FISH Onlus), avverte: “Ben venga un ministero, a patto che abbia una trasversalità, ovvero che si occupi di questo ambito a 360°, includendo lavoro, scuola e salute. Noi auspichiamo un incontro a breve con il Ministro, per conoscere quelle che ha individuato come priorità” spiega Falabella a Donna Moderna. Per Falabella per prima cosa occorre attuare completamente la legge 18/2009, ovvero la “Ratifica ed esecuzione della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità”, a sua volta redatta a New York il 13 dicembre 2006. “Avremmo preferito che le competenze in materia fossero concentrate nella presidenza del Consiglio, per poter avere maggiore potere contrattuale: il ministero della Famiglia e della Disabilità, infatti, non solo è senza portafoglio (non ha un bilancio autonomo, NdR), ma c’è il rischio che sia ‘dispersivo’ perché potrebbe dipendere, anche a livello burocratico, da diversi ministeri come quello del Lavoro o dell’Istruzione, a seconda dei campi di intervento. Occorre, invece, uno sforzo trasversale” spiega Farabella.

300.000 disabili negli istituti: le priorità

“Noi vorremmo ripartire dal piano biennale sulle politiche a sostegno delle persone con disabilità, sottoscritto dal presidente della Repubblica a dicembre del 2017, frutto di un lavoro di tre anni. Le priorità sono salute, scuola e lavoro. La salute, perché occorre garantire i livelli essenziali di assistenza; la scuola, perché mancano ancora i decreti attuativi sull’inclusione previsti dalla riforma della Buona Scuola; il lavoro per dare la possibilità di essere inseriti nel mondo professionale. L’obiettivo è ridare dignità e cittadinanza alle persone disabili: in oltre 300.000 mila sono segregate negli istituti e altrettante sono a rischio di finirci. Dobbiamo avere il coraggio, come accaduto per la legge Basaglia, di chiudere queste strutture. Naturalmente questo può essere fatto solo con investimenti adeguati e con un sostegno alle famiglie serio e programmatico” spiega il presidente di FISH Onlus.

È presto per dire se questo ministero potrà affrontare le sfide. Certo ad oggi mancano sostegni economici alle famiglie, che sempre di più sono abbandonate a se stesse e l’impoverimento economico porta anche a impoverimento sociale e abbandono. Occorre riformare il sistema del welfare, ma facendo attenzione a non fermarsi al tema dei falsi invalidi. Servono piuttosto sinergie tra i vari ministeri” conclude Falabella.

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