Come si diventa genitori digitali?

La tecnologia, internet e i social sono sempre più presenti nella vita di tutti noi e soprattutto degli adolescenti, che rischiano di isolarsi dalla vita reale e dalla famiglia. Cresce anche il fenomeno del cyberbullismo. Ma cosa possono fare i genitori? Come devono comportarsi e quale linguaggio usare per mantenere un dialogo con i figli? “Innanzitutto dare regole chiare ai figli sull’uso del cellulare, ma anche metterli in guardia dai pericoli che corrono, soprattutto facendo loro leggere le notizie o vedere i filmati delle conseguenze che possono avere certi comportamenti su internet. In una parola, occorre educarli nell’uso della tecnologia e del web, senza lasciarli soli” spiega a Donna Moderna Nan Coosemans, family coach, autrice del libro Quello che i ragazzi non dicono (Sperling & Kupfer) e fondatrice di Younite, un’organizzazione attiva nel mondo degli adolescenti con workshop, programmi scolastici e campus.

“L’educazione al corretto uso del web e del cellulare non inizia quando i ragazzi sono già adolescenti, ma deve partire prima, fin dall’infanzia, iniziando a non utilizzare lo smartphone come mezzo per distrarre o consolare i propri figli” spiega la dottoressa Barbara Volpi, psicologa, collaboratrice del Dipartimento di Psicologia dinamica e clinica della Sapienza – Università di Roma e membro dell’Italian Scientific Community on Addiction della Presidenza del Consiglio dei Ministri-Dipartimento Politiche Antidroga. Volpi ha scritto un libro dedicato a questa tematica, Genitori Digitali (Il Mulino). Proprio per aiutare i genitori a colmare il divario digitale e a proteggere i figli dai rischi delle reti è nato a Milano anche il primo corso per diventare “Genitori digitali”, con tanto di “patentino”.

Il ruolo dei genitori

Come capire se i propri figli sono vittime di bullismo online o vivano una situazione di disagio? “Innanzitutto bisogna seguirli, interessarsi a loro e a cosa stanno facendo: se quando vanno a giocare a calcio gli si chiede come è andata la partita, nello stesso modo si può e si deve domandare loro cosa fanno, con chi chattano, insomma cercare di conoscere il mondo in cui stanno vivendo, che spesso è virtuale, non reale” dice Coosemans.

Una ricerca del Microsoft Research Center mostra come “il mondo dei social ha per i ragazzi la stessa importanza e lo stesso valore di una passeggiata in un centro commerciale o di un’uscita per andare a vedere un film al cinema. Inoltre, WhatsApp e i social sono gratis. Insomma, il massimo della vita! I nostri ragazzi cercano su internet le risposte che spesso non vengono date a scuola o quelle alle domande che hanno paura o vergogna di porre ai genitori” spiega Coosemans nel suo libro. “Attraverso i social network comunicano fra loro ed esprimono la propria personalità, anche sperimentando nuove e diverse identità, e modi di presentarsi all’esterno. Il tutto senza sentirsi controllati e giudicati dai genitori”.

La famiglia dissociata

“Il vero problema è la sempre maggiore diffusione della cosiddetta famiglia dissociata: un nucleo apparentemente normale, dove però a cena si mangia con la tv accesa, i figli hanno lo smartphone in mano e nessuno parla. Si è insieme, ma non si condivide niente. Occorre, invece, un’inversione di traiettoria, seguendo un percorso educativo che porti alla comunicazione e alla condivisione. La tecnologia non è da demonizzare: ad esempio, si può anche creare un gruppo WhatsApp della famiglia, si possono guardare insieme i social o le foto, ma in momenti ben precisi. Questo, però, è un percorso che inizia quando i figli sono ancora bambini e la prima regola è non dare loro il cellulare quando sono piccoli: mai sotto i due anni e mai per distrarli o consolarli. Può sembrare più comodo, quando non si ha la possibilità o il tempo da dedicare loro, o quando ci si vuole ritagliare un momento per sé, ma le conseguenze si pagano dopo e le vediamo ormai tutti i giorni tra i ragazzi in terapia” spiega Volpi.

Adolescenti sempre più isolati


“Sempre più adolescenti vengono in terapia e anche da noi sta iniziando ad arrivare la sindrome di Hikikomori: sempre più ragazzi finiscono con il chiudersi in casa, per chattare o giocare ai videogames” dice la psicologa. Si tratta di una patologia che in Giappone si stima che colpisca già 30mila giovani, che si allontanano dalla società reale, per rifugiarsi nel mondo di internet. “Avere un dialogo con gli adolescenti è fondamentale, ma questo si costruisce fin da bambini, quando gli si leggono le fiabe, le si commentano, si parla o si gioca con loro, insomma si empatizza e si crea un attaccamento affettivo: se tutto questo non c’è stato, se quando fanno i capricci gli si dà un cellulare in mano per calmarli, da ragazzi non si potrà pretendere di comunicare con loro, perché lo smartphone sarà il loro mezzo di autoconsolazione” dice l’esperta.

“La tecnologia, che dovrebbe aiutare a comunicare, ha reso ancora più difficile il dialogo con i genitori. Il rischio è che gli adolescenti non si rendano conto dei rischi del web, rimanendo vittime di cyberbullismo” dice Nan Coosemans, che continua: “Noi lo vediamo con la nostra organizzazione: ogni anno ci sono circa 600 nuovi casi. Anche alcuni social apparentemente innocui come Instagram permettono di postare insulti molto aggressivi in modo anonimo“.

Quattro consigli pratici ai genitori


La sicurezza è il primo elemento da considerare per i genitori, a cui la family coach dà alcuni consigli pratici: “Imposta dei filtri nei dispositivi in modo da limitare l’accesso ad alcuni contenuti presenti su internet. Spiega quanto può essere pericoloso condividere il luogo dove ci si trova e che tutto quello che viene postato su internet rimarrà sempre nella rete, visibile a chiunque. In futuro, un datore di lavoro potrebbe attingere ai contenuti del suo profilo social valutando anche ciò che condivide o che ha condiviso nel tempo, per comprendere quali siano le sue preferenze e le sue aspirazioni” consiglia Coosemans nel suo libro.

Un secondo consiglio è questo: “Raccomanda a tuo figlio di non rispondere alle persone che non conosce né ai numeri di telefono che si presentano con la scritta privato. Per agevolare i tuoi contatti con lui, applica una suoneria particolare per le chiamate di mamma e papà. I messaggi sono un tema delicato. Ricorda a tuo figlio che i messaggi privati a volte possono diventare pubblici e che è meglio non mettere per scritto nulla di troppo personale o compromettente” aggiunge la family coach.

“Più in generale: insegnagli a comunicare sempre con rispetto. Spiega a tuo figlio di fare attenzione alle immagini che pubblica, perché qualcuno, per dispetto, potrebbe condividere cose che lui non vorrebbe mettere a disposizione di tutti. Fai leggere degli articoli sui problemi che hanno avuto certi ragazzi dopo aver condiviso video o foto che li ritraggono nudi o in situazioni compromettenti con il proprio partner – prosegue l’esperta – È importante che i ragazzi vedano con i loro occhi. Non limitarti a dire loro che devono stare attenti. Gli adolescenti sono sempre più aperti ai consigli di altri che a quelli dei genitori, soprattutto riguardo questi argomenti”.

“Infine, insegna a tuo figlio a gestire i costi dei giochi, delle app o della musica. Guidalo nel processo per fargli capire come usare il denaro a sua disposizione. Per i più grandi, paga l’eventuale abbonamento a metà. Sarà un modo semplice e naturale per controllare i conti e nel contempo per responsabilizzare tuo figlio inducendolo a partecipare alle spese” conclude Coosemans.

Il corso per diventare “Genitori digitali”


“Spesso i ragazzi ricevono il cellulare come regalo della Prima Comunione e cominciano a usarlo con disinvoltura e senza limiti, mentre i genitori faticano a tenersi al passo con loro e, qualche volta, rinunciano a educare su questo fronte, perché sanno di essere impreparati o comunque meno abili dei propri figli” spiega Barbara Reverberi di Pepita Onlus, cooperativa sociale che organizza percorsi di formazione, attiva da oltre 10 anni in attività di prevenzione e contrasto dei fenomeni di bullismo e cyberbullismo.

Per questo a Milano è nato il primo corso per diventare “Genitori digitali”, che rilascia anche la certificazione CYBERSCUDO Battibullismo, a cura di AICA (Associazione Italiana per l’Informatica ed il Calcolo Automatico) e Pepita Onlus. Molti i temi affrontati: le caratteristiche delle App di messaggistica istantanea e dei social più usati dai ragazzi, i rischi legati a un uso scorretto della rete, Sexting e Sextortion, Privacy e Identità digitale, implicazioni legali di atti di bullismo e cyberbullismo, e responsabilizzazione attiva dei ragazzi. “Abbiamo compreso da tempo che per fare prevenzione occorre l’alleanza di tutte le figure educative – spiega Ivano Zoppi, Presidente di Pepita Onlus – ma non possiamo raggiungere questo obiettivo senza aver formato i genitori che, altrimenti, restano sempre un passo dietro i loro figli digitali“. Al termine del corso è nata anche una community di Genitori Digitali su Facebook e Twitter.

Genitori, non amici (ma al passo coi tempi)

“I genitori devono fare i genitori e non gli amici dei figli. Questo è un errore frequente. Per fare il genitore però devi avere le competenze e quello che stiamo riscontrando è che la generazione dei 40/45enni non ha queste competenze perché nessuno li ha accompagnati nel digitale –  spiega Reversi – “L’adolescenza è una fase complessa in cui i ragazzi hanno bisogno di staccarsi dai genitori per trovare la loro indipendenza, per mettersi alla prova. È il periodo degli eccessi e delle prove per sentirsi accettati e parte di un gruppo. È dunque una fase estremamente delicata in cui il genitore però non può e non deve stare a guardare, ma deve saper entrare in punta di piedi nelle vite, anche digitali, dei figli. Non con prepotenza, ma dimostrando di conoscere i social e di poter essere un riferimento vero e presente”.

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