Controllare la febbre in farmacia e al super. Ma è possibile?

Un'ordinanza della Regione Lombardia impone il controllo della temperatura anche quando si fa la spesa o si va in edicola: ma a chi spetta? E con quali attrezzature? Il provvedimento dovrebbe essere già operativo ma ha creato solo disorientamento

Controllo della febbre anche quando si entra in farmacia o nei supermercati a fare la spesa, o quando si va in edicola, ossia in quei punti vendita ancora aperti dopo le ultime disposizioni del Governo. A prevedere ulteriori controlli per ridurre la diffusione del coronavirus è, questa volta, un’ordinanza firmata dal Governatore della Regione Lombardia, Attilio Fontana, il 21 marzo. Un documento che però ha disorientato gli esercenti e i farmacisti. Se è vero che in Cina sono utilizzati persino caschi con visori a infrarossi, collegati all’Intelligenza Artificiale e in grado di rilevare la temperatura delle persone fino a 5 metri di distanza, in Italia il problema è persino trovare i termoscanner. 

In farmacia come in aeroporto?

L’ordinanza della Lombardia, che dunque ha validità solo su quel territorio regionale, ha sollevato una serie di dubbi: chi e come possono misurare la temperatura? Con che strumenti? «Al momento stiamo ancora cercando di capirlo, ma per ora riteniamo che quanto disposto con l’ordinanza sia di difficilissima applicazione» premettono dalla FOFI, la Federazione che raggruppa l’Ordine dei Farmacisti.

«Una prima ipotesi è che si usino termoscanner analoghi a quelli degli aeroporti, a infrarossi, ma si tratta di apparecchiature particolari, di cui non si potrebbero dotare tutti i presidi farmaceutici» spiegano dalla FOFI. È difficile pensare che tutte le farmacie possano permettersi di acquistare o noleggiare strumenti del genere e nell’ordinanza non c’è riferimento a come procurarsele o a chi sia il soggetto che deve farsene carico. «C’è anche un altro problema: occorrerebbe avere un operatore che guardi il display, leggendo i dati dei vari clienti, man mano che entrano nelle farmacie» aggiungono i farmacisti.

Distanza di sicurezza addio

Un’altra ipotesi è che la misurazione della temperatura avvenga con i termometri da tempia, ma in questo caso sono due i problemi: «Uno riguarda il fatto che sono ormai esauriti i modelli come quelli utilizzati anche negli Usa, che si avvicinano alla tempia o alle orecchie; il secondo è che verrebbe meno il rispetto della distanza di sicurezza di 1 metro/1 metro e mezzo imposta dalla disposizioni del Governo» spiegano dalla Federazione dei farmacisti.

Come funzionerebbe nei supermercati?

«È un’ordinanza assolutamente impraticabile. Purtroppo chi scrive le norme non sa cosa succede nei punti vendita. Non è fattibile e per molti motivi. Innanzitutto i termoscanner non si trovano in alcun modo, né altri tipi di termometri elettronici che non siano quelli manuali» spiega Daniela Prampolini, presidente della FIDA Federazione dettaglianti alimentari – Confcommercio, che associa circa 60mila punti vendita del dettaglio tradizionale e della distribuzione organizzata, come supermercati di medie dimensioni.

«Oltre a non aver indicato se sia il titolare a doversi dotare del termoscanner, il problema è che sono proprio introvabili sia da acquistare che da noleggiare. Ma anche se li avessimo, chi potrebbe stare all’ingresso del negozio? Non possiamo mettere una persona a occuparsi solo di quello, che sia una commessa, una cassiera o un addetto alla sicurezza. In questo momento abbiamo un altissimo assenteismo “obbligato”, perché le norme sono molto rigide: in caso di febbre oltre 37,5 gradi, con mal di gola o tosse, non si può lavorare. Abbiamo il 30% del personale in meno e un problema a monte: mancano le mascherine che non arrivano dalla Protezione Civile. Gli unici posti dove si potrebbe fare sono in piccoli comuni, come a Gossolengo nel piacentino, dove il Comune ha messo a disposizione personale della Protezione civile locale a regolare gli ingressi» conclude Prampolini.

E in caso di febbre?

Se anche si risolvesse il problema degli addetti e della strumentazione necessaria, resta un altro dubbio: in caso si trovasse un cliente con temperatura superiore ai 37,5 gradi, cosa si dovrebbe fare? Chiamare il 112 o invitare il soggetto a tornare casa? «Questo è un altro degli aspetti non ancora chiariti e sui quali ci si sta confrontando con le Autorità» spiegano dalla Federazione dei farmacisti.

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