Bambino compiti casa pc

Scuola primaria e didattica a distanza: come fare

Causa emergenza coronavirus, figli e genitori stanno scoprendo la didattica a distanza. I più piccoli non sono autonomi nell'uso delle tecnologie e i maestri spesso non sono formati. Così, nonostante le istruzioni ministeriali, ognuno improvvisa con risultati diversi. Quali sono le buone pratiche e l'atteggiamento giusto? Facciamo il punto con l'aiuto degli esperti

Didattica a distanza: a che punto siamo

Tutti a casa con mamma e papà, i nostri figli stanno scoprendo la didattica a distanza. Inclusi i piccoli della scuola primaria, la fascia di età più delicata. Secondo un primo monitoraggio sulla didattica a distanza – forzata dall’emergenza sanitaria – nelle scuole italiane, che il Ministero dell’istruzione sta portando avanti in questi giorni, emerge che «il 94% degli studenti utilizza molteplici strumenti per l’insegnamento online». Lo ha reso noto la stessa ministra dell’Istruzione, Lucia Azzolina, nel corso del question time alla Camera. Dai dati pubblicati dal Sole24Ore qualche giorno fa emerge che degli oltre 7.300 istituti che hanno risposto al monitoraggio (il 90% del totale), 6.023 si sono attivati dopo lo scoppio del coronavirus e solo 1.278 scuole si erano già attrezzate in passato e si sono fatte trovare pronte.

«Continueremo a mettere a disposizione piattaforme, risorse per i device e la formazione dei docenti; organizzando webinar e promuovendo iniziative di gemellaggio; attivando forme di supporto psicologico per i ragazzi» ha spiegato la ministra Azzolina. Perché il vero problema, più che il quanto, è il come. Soprattutto nella scuola primaria, dove i bambini sono di età ancora acerba per essere autonomi di fronte a un tablet a seguire video lezioni, o non ancora in grado di barcamenarsi tra materiali didattici virtuali, compiti che circolano via chat e altre soluzioni simili

Il Ministero ha impostato delle linee guida per la didattica a distanza con una circolare, il 17 marzo. «Per la scuola primaria», si legge nel documento, «a seconda dell’età, occorre ricercare un giusto equilibrio tra attività didattiche a distanza e momenti di pausa, in modo da evitare i rischi derivanti da un’eccessiva permanenza davanti agli schermi. La proposta delle attività deve consentire agli alunni di operare in autonomia, basandosi innanzitutto sulle proprie competenze e riducendo al massimo oneri o incombenze a carico delle famiglie (impegnate spesso, a loro volta, nel “lavoro agile”) nello svolgimento dei compiti assegnati». Insomma, un invito alla moderazione del carico di lavoro, ma pur sempre in questo quadro generale: «Il collegamento diretto o indiretto, immediato o differito, attraverso videoconferenze, videolezioni, chat di gruppo; la trasmissione ragionata di materiali didattici (…) l’impiego dei registri di classe in tutte le loro funzioni di comunicazione e di supporto alla didattica, con successiva rielaborazione e discussione operata direttamente o indirettamente con il docente, l’interazione su sistemi e app interattive educative propriamente digitali».

Il solo invio di materiali o la mera assegnazione di compiti, senza spiegazione e contatto con l’insegnante, non va bene.  Su questo emergono disparità e caos. Ha detto al Corriere della sera Mario Rusconi, presidente dei presidi del Lazio: «A braccio, almeno il 30% degli studenti degli istituti comprensivi del Sud è tagliato fuori. Meglio nel centro nord e alle superiori, dove l’80,9% si connette». C’è un problema di infrastrutture e di “digital divide”, ci sono genitori che raccontano di 15 giorni di fila di compiti a casa e niente altro, altri che sono incastrati nella trappola casalinga che mixa telelavoro e gestione dei figli (e delle lezioni online). L’impressione è che il dato del 94% degli studenti “raggiunti” includa molte forme di comunicazione molto basiche, come mail o telefono.

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Cosa deve avere una didattica a distanza ben fatta

Al di là dei desideri o delle pretese dei genitori, che cosa deve avere una didattica a distanza per potersi dire ben fatta? Lo chiediamo a Manuela Milani, esperta di didattica digitale in ambito accademico e anche lei madre di un bimbo che frequenta la scuola primaria. Pochi punti fondamentali, quasi dei consigli per i docenti che devono progettare un modo nuovo di fare lezione. «Primo, non si deve mai partire dalla tecnologia ma da una analisi di cosa si vuole fare, cosa è “importante” fare. Il problema è che in molte scuole accade il contrario, si adotta una piattaforma e si adatta la didattica ai vincoli della piattaforma. Altra regola importantissima: rendere “calda” la tecnologia. Bambini e adolescenti sono abituati a usare la tecnologia per comunicare, quindi veniamo loro incontro facendo altrettanto.
Non per far fare loro attività che potrebbero fare con carta e penna. Non è importante usare tutte le funzionalità offerte dagli strumenti tecnologici, ma usiamo quelle che possono far sentire la vicinanza agli studenti, la presenza. Usare quando possibile il video (anche registrato) e far sentire la voce dell’insegnante. Caricare prevalentemente schede e/o slide e proseguire così la didattica porta inevitabilmente gli studenti a perdere motivazione e sentire insegnanti e docenti distanti».

Come fanno le scuole che ce la fanno

Alcuni istituti si sono organizzati per essere efficaci fin dai primi giorni dell’emergenza. A Melzo, in Lombardia, l’Istituto omnicomprensivo Ungaretti non ha perso tempo. La scuola, primo omnicomprensivo pubblico a fregiarsi della certificazione di Apple distinguished school in Italia, partiva già con buone basi. Ci spiega Emilia Cremonesi, vicepreside e coordinatrice del progetto di didattica a distanza: «Abbiamo subito identificato una piattaforma, scegliendo Zoom perché gratuita, agile, semplice da utilizzare. Aspetti fondamentali, visto che dovevamo imporla a circa 400 famiglie della scuola primaria (1.050 su tutto l’istituto). L’abbiamo studiata noi docenti nei primi giorni, per i nostri incontri organizzativi. Poi abbiamo costruito un orario settimanale». Per la primaria sono previste 3 videolezioni in “diretta” al giorno, da 40 minuti l’una, per prime e seconde. Quattro al giorno dalla terza alla quinta.  Sono coinvolti tutti i 40 docenti della primaria, 80 in totale su tutto l’omnicomprensivo, inclusi quelli di sostegno. «La molla che ha spinto questa macchina», spiega la vicepreside, «era garantire la continuità e teenre i bambini agganciati dal punto di vista relazionale».

E il programma? «Lo si porta avanti: storia, italiano, matematica, scienze. Pur con i limiti di ritmo che la mediazione tecnologica impone. Sul registro elettronico carichiamo materiali utilizzati durante la lezione in modo che restino in visione, o contributi video. Sempre senza sovraccaricare: i piccoli della primaria non ne hanno bisogno, e non possiamo pesare troppo sulle famiglie né tenere i bimbi troppo davanti allo schermo. Devono bastare videolezioni, quaderni e libri in dotazione e materiali online». Senza dover stampare nemmeno un foglio.

Dopo i primi giorni di rodaggio, non si scende mai sotto il 95% delle presenze. «La scuola ha in dotazione 25 tablet per ogni interclasse, abbiamo contattato tutte le famiglie che non si erano potute collegare la prima settimana per mancanza di strumenti e li abbiamo distribuiti a loro. Per terze, quarte e quinte», conclude Cremonesi, «creeremo un indirizzo mail unico per ogni classe, controllato dalle insegnanti, che farà da collettore di compiti e verifiche».

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I consigli per i genitori

Intanto a casa ci sono i genitori o i nonni accanto ai piccoli della prima o seconda elementare. La situazione è inedita anche per loro. Ecco alcuni semplici consigli per gestire al meglio la didattica a distanza: li abbiamo chiesti ad Andrea Maricelli, docente e formatore che accompagna le scuole ad adottare la didattica digitale.

– Preparate i bambini, per tempo, alla lezione: sveglia in anticipo, creazione di un ambiente adatto e comunicazione di uno stile in linea con quanto i bimbi facevano a scuola. È il modo di dire loro che questa parte importante della loro quotidianità non è persa.

– Lasciate autonomia ai bambini nella relazione con la maestra e i compagni: bisogna lasciar loro il proprio spazio senza togliere la libertà che hanno a scuola. L’ideale sarebbe persino lasciare usare loro le cuffie auricolari, e che il genitore cambiasse ambiente in casa. Anche per non suggerire alle domande delle maestre!

– Vigilate (una o due volte) sull’uso dell’app o della piattaforma: ogni tanto sbirciate e controllate unicamente il modo in cui stanno usando il dispositivo perché non si distraggano, ad esempio, con funzioni non utili.

– Dopo la videolezione: non commentate in nessun modo ciò che avete sentito delle lezioni con i vostri figli, per non interferire nella dinamica didattica. Controllate che svolgano i compiti assegnati, ma senza correggerli: l’errore è il più importante dispositivo di apprendimento. Non togliamolo ai ragazzi!

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