Genitori costretti a ricorrere al pronto soccorso, per fermare una crisi di astinenza da cellulare. È quello che è accaduto a Torino a un adolescente: un ragazzino di neppure 15 anni che, vistosi togliere il cellulare dai genitori, è caduto in uno stato di agitazione tale da spingere madre e padre a chiedere aiuto in ospedale. «I genitori hanno fatto bene, ma purtroppo casi come questi sono aumentati vertiginosamente e spesso, invece che chiedere aiuto, si preferisce assecondare i bambini o i ragazzi che sono vittime di crisi di astinenza da smartphone o social», spiega il neuropsichiatra Stefano Vicari, Ordinario di Neuropsichiatria Infantile all’Università Cattolica del Sacro Cuore, direttore dell’Unità Operativa Complessa di Neuropsichiatria Infantile dell’IRCCS Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma.

Il caso del 15enne di Torino

La vicenda di Torino ha scosso l’opinione pubblica. Risale a due anni fa, ma solo adesso è stata raccontata da Gianluca Rosso, medico chirurgo specialista in psichiatria e professore associato di psichiatria al Dipartimento di neuroscienze dell’Università di Torino. Il caso riguarda un 15enne portato in pronto soccorso all’ospedale San Luigi di Orbassano, in provincia di Torino, in presa a una grave crisi di astinenza dopo che i genitori gli avevano vietato l’uso del telefonino. «Quando è arrivato in pronto soccorso presentava esattamente gli stessi sintomi di una persona in crisi di astinenza da sostanze», ha confermato Rosso.

La crisi di astinenza da smartphone: cos’è

«Purtroppo quello che è accaduto in Piemonte avviene anche da noi, ormai con una frequenza sempre maggiore», osserva Vicari. Il meccanismo alla base del comportamento di bambini e adolescenti che ne sono vittime è lo stesso delle crisi di astinenza da sostanza stupefacenti e ha a che fare con il craving, cioè la ricerca spasmodica di una sostanza, in questo caso del telefonino», prosegue Vicari, autore di Adolescenti interrotti (Feltrinelli), nel quale affronta questi aspetti, soprattutto fornendo consigli ai genitori.

Vittime del craving da cellulare

A portare a questa condizione è soprattutto il tempo di uso del device: anche nei bambini piccoli e nei preadolescenti si sta verificando una sempre maggiore dipendenza, dovuta a un uso prolungato che, se interrotto per vari motivi (un divieto o la semplice mancanza della possibilità di ricaricare il cellulare) porta a comportamenti aggressivi, tipici delle crisi di astinenza da sostanze. Sta accadendo che l’uso prolungato porti a dipendenza: «Gli studi ci dimostrano che l’uso del telefonino attiva le stesse aree cerebrali del consumo di droghe, cioè il circuito dopaminergico. Nello specifico è coinvolto il nucleo acumbens, quello legato al piacere che si stimola con comportamenti ripetitivi, esattamente come avviene anche con il gioco d’azzardo».

Cosa può provocare l’uso eccessivo del telefonino

Nel momento in cui viene meno la fonte di piacere o l’azione da cui si è diventati dipendenti, ecco che possono scattare comportamenti tipici della crisi di astinenza, anche se si tratta di uno smartphone: «Il segnale più evidente è un comportamento aggressivo, che può essere rivolto verso gli oggetti, per esempio: ricordo il caso di un 11enne che, senza lo smartphone, aveva iniziato a spaccare tutto ciò che lo circondava. Oppure l’aggressività può essere rivolta verso altre persone, come i genitori, o verso se stessi, provocandosi anche lesioni. Un caso limite si è verificato con una ragazzina che ha persino tentato il suicidio, gettandosi dalla finestra e causandosi varie fratture», racconta Vicari.

Casi di dipendenza da smartphone in preoccupante aumento

Come spiega Vicari, «il fenomeno della dipendenza è in fortissimo aumento. In generale, le richieste di aiuto per disturbi mentali in età evolutiva sono in crescita esponenziale: al Bambin Gesù noi siamo passati da 220 consulenza all’anno del 2010, che significa 2 o 3 a settimana, a circa 1.000 nel 2019, per poi arrivare con la pandemia a 1.850, vale a dire quasi 5 al giorno». Gli esperti non hanno dubbi che a incidere sia la diffusione dello smartphone: «Il 2010 è proprio l’anno in cui si sono diffusi gli smartphone, quelli con le connessioni internet e la possibilità di fare selfie, per esempio. Nel 2013 i prezzi dei primi modelli sono crollati e non c’è dubbio sulla correlazione tra la disponibilità di questi strumenti e i problemi di dipendenza».

Come intervenire in caso di dipendenza da smartphone

«Sicuramente i genitori del ragazzo di Torino hanno fatto bene a chiedere aiuto al pronto soccorso, ma molti non lo fanno e preferiscono “assecondare” i figli, lasciando loro il cellulare pressoché senza limitazioni d’uso. Temono, infatti, le reazioni che avvengono in caso di crisi di astinenza e che, appunto, possono portare a forte aggressività», spiega il neuropsichiatra. In ospedale, invece, il primo passo è la valutazione, «capire, cioè la causa dell’agitazione e tranquillizzare il ragazzo anche, quando necessario, con l’uso di farmaci. Questi trattamenti, che possono spaventare, sono in realtà il male minore, se pensiamo a gesti violenti che possono compiere i giovani in presa a crisi di astinenza», chiarisce Vicari.

Serve un percorso di rieducazione (e prevenzione)

Una volta superata la crisi si procede con un «percorso di rieducazione cioè un progressivo allontanamento dagli strumenti elettronici che hanno portato alla dipendenza – spiega ancora l’esperto – è un percorso non facile, sarebbe meglio prevenire e non arrivare alla dipendenza, evitando un uso sconsiderato e fuori controllo dei device. Purtroppo in questo giocano un ruolo importante i genitori, che dovrebbero indirizzare a un corretto utilizzo dei device».

Quante ore di cellulare sono considerate dipendenza

«Intanto occorrerebbe dare lo smartphone ai figli il più tardi possibile e non prima dei 12 anni. Bisognerebbe insegnare loro un uso responsabile, prima di affidarglielo in autonomia, e comunque anche una volta concesso sarebbe bene stabilire dei tempi in cui è lecito l’accesso: per esempio, andrebbe sempre spento alla sera ed entro una certa ora, come le 19 o le 20 se sono preadolescenti. Sicuramente andrebbe evitato nelle situazioni di socialità, come a tavola, e in questo i genitori sono fondamentali con il loro esempio», sottolinea Vicari.

Dipendenza da smartphone e l’esempio dei genitori

Se madre e padre sono i primi a usare il cellulare durante i pasti, è chiaro che diventa difficile se non impossibile poi aspettarsi che i figli si comportino diversamente: «Il problema, spesso, è anche degli adulti che faticano ad allontanarsi dallo smartphone: quante volte vediamo, invece, coppie o famiglie che lo tengono a tavola. Quel gesto comunica che il cellulare è più importante di chi li circonda. A meno di situazioni di emergenza o dove sia richiesta una reperibilità, invece, dovremmo ricordarci che si educa soprattutto tramite il proprio comportamento».

Attenzione anche ai contenuti

Oltre al tempo di utilizzo, un altro aspetto da non trascurare sono i contenuti ai quali si accede: «Ci sono limite, ma che chiariscono i rischi, come quello di un bambino delle medie che si rifiuta di andare a scuola perché ormai dipendente da siti pornografici. Il suo primo approccio è stato a 8 anni, quando li aveva visti tramite una compagna. Oggi la sua dipendenza è tale da non riuscire a staccarsene: ha un uso compulsivo del telefonino e come conseguenza non sta andando a scuola», racconta il neuropsichiatra infantile.

Dipendenza da smartphone: divieti e limiti di età servono?

«Purtroppo si discute tanto dell’opportunità dell’introduzione dell’educazione sessuale a scuola, ma oggi di fatto la sta facendo YouPorn. Gli effetti sono sotto gli occhi di tutti: i messaggi che questa piattaforma e altre simili veicolano, sono di prestazione», sottolinea Vicari. Da qualche tempo si parla anche di divieti e limiti di accesso a internet e ad alcuni social al di sotto di una certa fascia di età: «Certamente sarebbe utile una forma di controllo più accurato nell’identificazione dell’età per chi si iscrive ad alcune piattaforme, ma non è una soluzione, anche perché di difficile attuazione – osserva l’esperto – Lo vediamo anche con il fumo: nonostante i divieti, il consumo per i minori esiste».

Il ruolo di famiglia e scuola

Il ruolo fondamentale, invece, passa dall’educazione a un uso responsabile, quindi dalla famiglia, ma anche dalla scuola. «Personalmente sono basito dai racconti di molti bambini e genitori, sull’uso ormai consueto delle chat tra insegnanti e alunni per l’assegnazione, per esempio, dei compiti. Anche il registro elettronico credo che abbia degli aspetti controproducenti: per esempio, i voti comunicati in modo immediato li deresponsabilizza, perché coinvolge in tempo reale il mondo degli adulti. In passato, invece, gli studenti dovevano imparare a gestirsi eventuali insufficienze o recuperi, in modo più autonomo. Anche in questo caso, quindi, occorrerebbe una educazione più responsabile dei giovani».