Fabo - Fabiano Antoniani

«Sì, l’eutanasia è un diritto»

A pochi mesi dalla morte per eutanasia di Dj Fabo, per Marco Cappato, leader dell'associazione Luca Coscioni, inizia il processo. Rischia 12 anni di carcere per averlo aiutato a morire in Svizzera. E si riaccendono i riflettori sulla legge per l'eutanasia, ferma in Parlamento. Qui l'opinione della scrittrice Michela Murgia 

Esiste la libertà di morire? Il delicato video di Fabiano in cui chiedeva al Presidente della Repubblica di agire a favore della proposta di legge sull’eutanasia dell’associazione Luca Coscioni costringe tutti a farsi questa domanda e non è più onesto scansare la risposta.

La mia risposta è , perché la libertà su cui si misurano tutte le altre è quella di decidere di sé. In gioco non c’è solo la dignità della vita umana e i significati che ciascuno dà a questa espressione, che possono variare a seconda delle convinzioni personali di cultura e di fede. C’è soprattutto la sua sostenibilità individuale, perché ciascuno di noi conosce il suo dolore e la misura del suo limite e nessuno ha il diritto di dire a un altro cosa deve provare, pensare, sopportare o scegliere.

Che la grave decisione di interrompere la propria esistenza sia il frutto di una condizione solitaria e disperata è un pregiudizio diffuso, che però il video di Fabiano smentisce in maniera delicata attraverso la voce della sua fidanzata, che al suo fianco, con un tono privo di retorica emotiva, dà vita alle sue parole senza fraintendimenti. Siamo esseri relazionali e gioiamo, soffriamo e ci realizziamo sempre nella reciprocità dei rapporti, ma dentro questo “volersi bene insieme” si può decidere anche di morire e quella decisione non è meno legittima di tutte le altre.

Quella di Fabiano non è stata una decisione di impulso, anzi viene alla fine di un lungo tentativo di riconquistare un’autonomia accettabile dopo l’incidente. La condizione di vivibilità personale che quest’uomo si aspettava di ottenere non è arrivata e la condizione in cui si trova ora è per lui insostenibile. Possiamo ignorare il suo dolore ed evitare l’ennesimo conflitto sociale intorno a un tema etico che già in anni passati ci ha inchiodati alla sua apparente irrisolvibilità, ma non possiamo ignorare la domanda che sulla sua bocca ci interpella tutti: fino a dove vogliamo essere liberi di scegliere di noi stessi?

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