Festività “sobrie” in tutto il mondo

Mentre l’Italia si prepara al "Natale sobrio", uno sguardo a come il mondo ha affrontato le feste religiose e popolari, dalla Cina alla Corea del Sud, da Israele agli Stati Uniti

 «Neppure gli scienziati si azzardano a dire quale sarà l’evoluzione della curva, per avere un quadro dobbiamo arrivare in prossimità. Non abbiamo la palla di vetro, ci stiamo preparando a vari scenari». Così il presidente del Consiglio Giuseppe Conte si è espresso sulle settimane che ci aspettano in vista del Natale, commentando con cautela i dati che arrivano dopo la divisione dell’Italia in zone (rossa, arancione e gialla), che sembrano indicare una flessione nella curva dei contagi. Quello che è certo, è che abbiamo pagato a caro prezzo le vacanze estive, con una seconda ondata che ha investito il Paese in maniera ancora più dura che in primavera, e che il governo non vuole ripetere lo stesso errore fatto ad agosto. No a cenoni, feste e pranzi in famiglia tra nuclei familiari diversi, mentre lo spostamento fra regioni rimane un’incognita che solo il prossimo Dpcm, a cui il governo sta lavorando, potrà chiarire.

Conte ha invitato gli italiani a preparasi a celebrare un Natale sobrio, all’interno del nucleo familiare ristretto e prestando molta attenzione ai membri più fragili, ovvero i componenti più anziani, più o meno le stesse raccomandazioni che i governi di tutto il mondo stanno facendo ai loro cittadini. Non solo in previsione del Natale: l’America ha già “festeggiato” Halloween, seppure in maniera decisamente più contenuta rispetto al solito, mentre molti Paesi asiatici dove la pandemia è sotto controllo, dalla Cina alla Corea del Sud, hanno celebrato il Festival di metà autunno in relativa tranquillità. Dallo Yom Kippur in Isreale all’Eid al Fitr, la festa che chiude il Ramadan, ecco come il Covid-19 ha cambiato le festività per milioni di persone nel mondo.

Gli Stati Uniti, tra l’holiday season e contagi in crescita

Con il giorno del Ringraziamento, che quest’anno si tiene giovedì 26 novembre, si inaugura tradizionalmente la cosiddetta stagione delle festività (“holiday season”) in America, che si prolunga fino al Natale. Come da noi, è un periodo in cui gli americani si mettono in viaggio, specialmente gli studenti e chi lavora fuori dallo stato di origine, per raggiungere le proprie famiglie e celebrare insieme le feste. E proprio come da noi, questi viaggi rappresenteranno quest’anno un grosso problema, così come gli assembramenti per le strade causati dallo shopping o i ristoranti e i bar che restano aperti.

Mentre prosegue, difficoltosa, la transizione di potere da Donald Trump a Joe Biden, eletto 46esimo presidente degli Stati Uniti all’inizio del mese, la task force che ha il compito di gestire la pandemia nel Paese, che al 20 novembre conta 11,8 milioni di casi e 187.000 contagi giornalieri, ha invitato i cittadini americani a non abbassare la guardia, in attesa di buone notizie sul vaccino. Come riporta il New York Times, le nuove linee guida, in netto contrasto con i recenti sforzi della Casa Bianca per minimizzare la minaccia, affermano chiaramente che «il modo più sicuro per celebrare il Ringraziamento è festeggiare a casa con le persone con cui vivi» e che «incontrare amici e persino familiari che non vivono con te aumenta le possibilità di contrarre il virus o l’influenza o di trasmettere il virus».

Le autorità sanitarie hanno voluto rafforzare le raccomandazioni, le stesse che erano state fatte per Halloween, a non mettersi in viaggio dopo il sorprendente aumento di infezioni registrato nell’ultima settimana. Il numero recente di ricoveri – più di 79.000 segnalati mercoledì 18 novembre – e i nuovi casi quotidiani continuano a mantenere gli Stati Uniti al primo posto nel mondo per numero di contagi. Da mercoledì, infatti, la media di settimanale di nuovi casi in tutto il Paese ha superato i 162.000, con un aumento del 77% rispetto alla media di due settimane prima, e gli esperti prevedono che ben presto si raggiungerà la soglia dei 200.000.

In Asia si è celebrato il Festival di metà autunno… 

In Cina, dove il virus sembra ormai sotto controllo da molti mesi, lo scorso primo ottobre si è celebrato il Festival di metà autunno, che si tiene tradizionalmente il quindicesimo giorno dell’ottavo mese lunare del calendario cinese, che è il primo giorno di luna piena successivo all’equinozio autunnale. Il Festival segna l’inizio di un breve periodo di vacanza per i cinesi, che sono soliti viaggiare con la famiglia come accade per il nuovo anno lunare. Impossibilitate ad andare all’estero, milioni di persone si sono spostate nell’enorme Paese dove la vita è tornata quasi ovunque alla normalità e i numeri dei contagi sembrano non averne risentito: sono infatti ancora sotto controllo, secondo le fonti ufficiali.

In Corea del Sud, un altro Paese che è stato lodato a livello internazionale per l’ottima gestione dell’emergenza sanitaria, il governo guidato dal presidente Moon Jae-in si prepara a un nuovo periodo di limitazioni, seppur più “leggere” di quelle attuate nella maggior parte dei Paesi occidentali. Come segnala il Guardian, dopo aver mantenuto la curva stabile per molti mesi, i casi stanno lentamente iniziando a salire – 400 nei giorni scorsi, numeri bassissimi per noi – per cui si pensa di richiudere bar, ristoranti e discoteche e si invitano i cittadini alla cautela nelle uscite. Durante il Festival di metà autunno, che in Corea del Sud si chiama Chuseok e si è tenuto dal 30 settembre al 2 ottobre, non c’è stata nessun impennata di casi, ma la stagione influenzale che si avvicina preoccupa il governo di Seoul.

… mentre milioni di fedeli sono rimasti in casa per l’Eid al Fitr e Yom Kippur

Dal 30 luglio al 3 agosto si è celebrato l’Eid al Fitr, la festa con cui tradizionalmente si conclude il mese di Ramadan. A causa dell’emergenza in corso, però, moltissimi musulmani non hanno potuto festeggiarlo come da tradizione con i parenti e gli amici. Normalmente, infatti, la preghiera dell’Eid si tiene nelle moschee o in spazi aperti la mattina presto nel primo giorno della festa. Quest’anno, com’era prevedibile, molti governi dei Paesi arabi hanno chiesto ai fedeli di pregare in casa e hanno lasciato chiuse le moschee, sostenuti anche da Al-Azhar, un importante centro di studi islamici con sede al Cairo, che in quell’occasione ha emanato una fatwa, un editto vincolante, esortando i fedeli a pregare in casa nella festa di Eid.

Lo scorso 14 settembre, Israele è stato il primo Paese al mondo a entrare nuovamente in lockdown per la seconda ondata di coronavirus. I provvedimenti di contenimento introdotti dal governo di Benjamin Netanyahu hanno inesorabilmente intaccato le celebrazioni del Rosh Hashanah, il capodanno ebraico che si è tenuto dal 18 al 20 settembre, e dello Yom Kippur, giorno sacro del calendario ebraico, che quest’anno si è tenuto il 27 settembre. «Le nuove misure esigeranno un prezzo molto alto da parte degli israeliani», aveva detto Netanyahu in conferenza stampa, consapevole di come il lockdown avrebbe profondamente cambiato il significato delle festività per milioni di persone.

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