Perché in molti scelgono la relazione a distanza

  • 22 09 2017

Le coppie che vivono in abitazioni diverse per salvaguardare spazi e abitudini sono in aumento anche in Italia. Due esperti e tre storie vere ci aiutano a capire i rischi e i vantaggi di questa scelta

Vivere insieme senza essere sposati è diventata prassi, ma negli ultimi anni una nuova forma di relazione si sta facendo spazio. Ormai si può scegliere di essere coppia senza neppure coabitare. Secondo uno studio Usa, 3 coppie su 20 tra i 19 e i 59 anni scelgono una relazione “lat”. La fascia più corposa (20%) ha tra i 30-40 anni, seguita dai 40-50enni. E i “laters” sono sempre più diffusi anche tra gli over 60 e 70. Gli uomini preferiscono sposarsi ed eventualmente risposarsi, mentre le donne, strette tra le incombenze della carriera e il peso della gestione della casa a due, sono più propense ad amare a distanza.

Cosa significa coppia “lat”

A differenza dei “vecchi” fidanzati, che non convivono ancora ma ambiscono a farlo o a sposarsi appena possibile, la coppia “lat” (da “living apart together”, vivere da separati insieme) decide di stare insieme ma a distanza. Una distanza che può essere di chilometri, nei casi in cui il lavoro lo richieda, o anche solo di poche centinaia di metri, se si abita nella stessa città. «È un nuovo modo di stare insieme che coniuga il desiderio di autonomia, spesso dettato da prudenza, precarietà, voglia di dedicarsi alla carriera, con quello di una relazione sessuale e affettiva stabile» sostiene Rita Caccamo, autrice di Strettamente personale. Singles e coppie non conviventi si raccontano (Ed. Nuova cultura), il primo studio scientifico italiano sull’argomento. Ciascuno dei partner “lat” mantiene la sua casa e la sua indipendenza quotidiana, senza la presenza continuativa dell’altro. Sono persone che spesso vengono da relazioni fallite, hanno matrimoni e divorzi sulle spalle, figli e genitori anziani a cui rendere conto, e la “dual residence living” (la vita in doppia residenza) garantisce loro di essere soli e in due allo stesso tempo. Come eterni fidanzati, i “laters” non dormono insieme se non quando ne hanno voglia e trovano nel tempo libero (andare a cena fuori, a cinema, a teatro, in palestra, via per il weekend) il collante della loro unione.

I lati negativi

Ma questo tipo di relazione non è così perfetta come potrebbe sembrare. In una coppia “lat”, infatti, si è sottoposti alla fatica costante di negoziare spazi e tempi per le attività da svolgere insieme, raddoppiano affitti e bollette e non si hanno diritti civili. «Inoltre non si gode nemmeno del senso di rassicurazione che deriva dal sentirsi parte di un disegno più grande delle singole vite dei due innamorati» sostiene lo psicoanalista Leonardo Mendolicchio, autore de Il resto dell’amore. Ciò che si nasconde nella relazione amorosa (ET/ET Edizioni) e dei commenti alle storie nelle prossi- me pagine. «Essere una coppia lat è scegliere di vivere l’amore al massimo ogni giorno, con il rischio però che, in una navigazione a vista, sfugga l’orizzonte».

Le storie

Antonella, 43 anni, e Angelo, 41: il bisogno di romanticismo

«Mi regala sempre il babydoll che indossa per me quando stiamo insieme. Le infilo sotto il cuscino poesie e appiccico sulle porte cartoline vintage» racconta Angelo. «Quando, invece, sono io ad andare da lui, cuciniamo insieme, giochiamo con i suoi gatti e ci baciamo infinitamente» prosegue Antonella. Antonella e Angelo hanno scelto di essere una coppia lat per un bisogno di romanticismo. Quarantenni, liberi professionisti milanesi, pensano che vivere da amanti in case separate sia la cassaforte della loro passione. «Siamo tornati ad avere diciotto anni, a essere due fidanzati che danno sempre il meglio l’uno all’altra».

Il consiglio dello psicologo Giocare a Giulietta e Romeo è eccitante e rende la relazione sempre nuova, in ogni fase della vita. Ma i bisogni, con l’età, cambiano: Antonella e Angelo farebbero bene a tenerne conto, per non trovarsi imprigionati, tra qualche tempo, in una relazione certo giocosa e divertente, ma un po’ superficiale e “vuota”, che non va al passo con l’evoluzione dei loro bisogni fisici.

Gaia, 48 anni, e Guido, 52: il patto di non belligeranza

«La casa di Gaia è un campo di battaglia. Lavorando come assistente al Parlamento europeo, viaggia continuamente tra Roma e Bruxelles, da cui torna con faldoni pieni di carte e documenti. Con la lavatrice è un disastro: non ha mai imparato a usarla e i panni sono sempre un arcobaleno di sorprese. Colleziona oggetti bianconeri, come la sua Juventus». Guido, che tifa Milan, è ingegnere. Meticoloso e preciso, ha una collezione di racchette da tennis anni ’70 a cui Gaia sa di non doversi avvicinare. «Non potremmo essere più diversi: lo sappiamo da sempre, eppure ci amiamo. A 50 anni, lo sai che non cambi. Andiamo al cinema, a cena fuori, a fare lunghi weekend romantici. E poi, ognuno torna a casa sua. La nostra è una scelta di sincerità e rispetto. È il modo di far durare il nostro amore».

Il consiglio dello psicologo Non c’è niente di più diverso di un uomo e una donna: nella vita a due, questa asimmetria di solito è la maggiore causa di rottura. Gaia e Guido hanno stretto un patto di non belligeranza. Ma una versione edulcorata di noi stessi rischia di trasformare il rapporto amoroso in uno fraterno. Gaia e Guido entreranno in una nuova fase del rapporto quando si scopriranno a litigare e, subito dopo, a far pace.

Marina, 43 anni, e Silvio, 48: la paura degli errori del passato

Silvio è titolare di una gelateria a Napoli, Marina lavora come archeologa a Pompei. Certo convivere sarebbe anche economicamente vantaggioso, ma Marina ha paura di ripetere i passi del precedente matrimonio. «Vedersi di continuo, in qualsiasi condizione “casalinga”, cancella ogni passione. Ricordo pranzi domenicali muti al ristorante e serate sul divano intenti nel triste touch dei rispettivi smartphone. Certo, così non è facile: essendone proprietario, per Silvio la gelateria ha priorità su tutto. Specie in estate, può passare anche una settimana prima che riesca a ritagliarsi una serata libera. Se vivessimo insieme, non dovrei aspettare il turno di chiusura per dargli un bacio».

Il consiglio dello psicologo Temere il fallimento di una relazione amorosa solo perché le precedenti non hanno avuto un esito felice non è mai un buon punto di partenza. Meglio affrontare con coraggio queste paure, cercare di non ripetere i vecchi errori, senza tenere l’altro a una distanza “di sicurezza” che potrebbe non far mai decollare a pieno la nuova unione.


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