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Quarantena da contatto, stop indennizzo dall’Inps

Cambiano le norme in caso di contatto con persone positive, con differenze tra vaccinati, guariti e non immunizzati. I genitori, però, possono restare a casa se i figli sono in isolamento: per loro c'è il congedo al 50 per cento

Con le ultime disposizioni, cambiano i protocolli relativi alle quarantene (e ai tamponi) in caso di contatti con persone positive al virus Sars-Cov2. Gli effetti sono immediati e riguardano la possibilità di uscire, senza necessità di rispettare un periodo di isolamento. Questo ha ripercussioni anche sul lavoro. Ci sono delle differenze, però, tra vaccinati, guariti da meno di 4 mesi e non vaccinati. Ecco quali sono.

La quarantena da contatto non è più “malattia”

Con l’inizio del 2022 il contatto con una persona positiva non è più considerato equiparato a “malattia”, quindi non è più previsto un indennizzo da parte dell’Inps per stare a casa dal lavoro nei giorni di isolamento. Questo perché viene meno, per i vaccinati con almeno due dosi, la necessità di rispettare la quarantena.

La misura era stata prevista a marzo 2020 dal governo Conte con il primo decreto Cura Italia. Interessava i lavoratori venuti a contatto con un positivo che non potevano svolgere il loro lavoro in smart working o da remoto. L’indennizzo è stato riconosciuto solo fino al 31 dicembre 2021, a fronte di un apposito stanziamento che però non è stato rifinanziato.

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Vaccinati, non vaccinati e guariti: le differenze

A livello pratico, l’istituto di previdenza non pagherà più alcun indennizzo a nessuno. «Chi ha completato il ciclo vaccinale con due dosi o anche con dose booster, però, non dovrà osservare un periodo di isolamento, ma potrà continuare a uscire e a recarsi regolarmente al lavoro, indossando una mascherina Ffp2. Lo stesso varrà per chi è guarito da malattia Covid da meno di 4 mesi (120 giorni)» spiega Antonello Orlando, esperto della Fondazione Studi Consulenti del lavoro. Chi non è vaccinato, invece, non potrà uscire né raggiungere ovviamente la sede di lavoro. Per stare a casa e se non si può lavorare da remoto, dal 1° gennaio 2022 si deve fare ricorso a permessi retribuiti o a giorni di ferie, per non vedersi ridurre lo stipendio.

I tre tipi di quarantena

Il motivo è chiaro: oggi sono disponibili i vaccini, che hanno permesso di limitare le forme gravi di malattia Covid. Da marzo 2020 a oggi, infatti, le cose sono molte cambiate. La quarantena, che inizialmente durava almeno 14 giorni, si è progressivamente ridotta. In particolare, secondo le nuove norme in caso di contatto stretto o ad alto rischio con un positivo al Covid, come stabilito dal decreto del 30 dicembre 2021, esistono tre protocolli differenti.

Il primo riguarda persone con dose booster o con vaccinazione completa da meno di 120 giorni (4 mesi), asintomatiche: per loro non è più prevista la quarantena, ma l’autosorveglianza, con obbligo di mascherina Ffp2 fino al decimo giorno dopo l’esposizione al contatto positivo. Al quinto giorno va fatto un tampone con esito negativo.

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Il secondo caso riguarda chi è in possesso di Super Green Pass (guarito o vaccinato) da oltre 4 mesi: deve osservare una quarantena di 5 giorni (prima erano 7), dopo i quali può uscire se ha un tampone negativo.

Infine, per i non vaccinati continua a essere in vigore una quarantena di 10 giorni, dopo cui occorre un tampone con esito negativo.  

E se il figlio è in quarantena?

Se l’indennizzo per coprire la quarantena da contatto con positivo di fatto scompare, non è così nel caso di quarantena dei figli. «I lavoratori che fossero costretti a stare a casa perché i figli minorenni devono osservare un periodo di isolamento per malattia Covid o in caso di contatti con positivi (per esempio, a scuola), possono ancora fare affidamento sui congedi retribuiti al 50%. Si tratta di una misura rifinanziata fino a marzo 2022» conferma Orlando.

Quarantena per positività: cosa succede?

L’ultimo caso riguarda chi risultasse positivo al Covid: come specificato dall’Inps, il lavoratore che è «temporaneamente incapace al lavoro» perché ha contratto il Covid, ha «diritto ad accedere alla corrispondente prestazione previdenziale, compensativa della perdita di guadagno». Insomma, non cambia nulla e può stare a casa in malattia fino all’avvenuta guarigione, comprovata da tampone negativo in uscita.

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