Insegnate scuola alla lavagna

Scuola, 2 maxi concorsi per 70mila posti

Il ministro dell’Istruzione, Bussetti, annuncia l'arrivo di due concorsoni, che serviranno anche per regolarizzare moltissimi precari. Ma quando entreranno realmente in servizio i docenti?

Parla di misure “straordinarie a tutela dei precari storici” il ministro dell’Istruzione, Bussetti, nell’annunciare il bando di due concorsi per insegnanti della scuola secondaria (medie e superiori), frutto di un accordo raggiunto con i sindacati. In tutto 70mila posti circa per regolarizzare la posizione di altrettanti docenti precari, compresi circa 17mila tra maestre e maestri della scuola primaria.

Ai due concorsi, infatti, si affianca un Pas (percorso di abilitazione straordinaria) un percorso formativo che permetterà agli insegnanti di ottenere un’abilitazione per l’inserimento in graduatorie di seconda fascia e per lavorare nelle scuole paritarie. “Si tratta di un cambio di rotta molto marcato da parte del titolare del Miur, che si era sempre detto contrario a questo tipo di inserimento, ma che è sopraggiunto dopo l’accordo del 24 aprile scorso tra il premier Conte e i sindacati” commenta Alessandro Giuliani, direttore de La Tecnica della Scuola.

Soddisfatti i sindacati, anche se non mancano dubbi: “Si parla di concorsi-lampo, soprattutto per quanto riguarda quello ‘riservato’, ma è difficile pensare che gli insegnanti possano essere immessi in ruolo prima dell’estate del 2020” spiega Giuliani.

I due concorsi

Sono due i concorsi che saranno banditi. Uno sarà straordinario e abilitante per chi ha già maturato tre anni di insegnamento nella scuola statale, dei quali uno specifico nella classe di concorso per cui si intende concorrere. È da 24mila posti e prevede due prove: una scritta (al computer e con un punteggio minimo da raggiungere) e una orale, che però non sarà selettiva, ma consisterà in un colloquio. La graduatoria finale sarà formata dando priorità ai titoli di servizio, accompagnati dal risultato finale del concorso.

È poi previsto un concorso ordinario, sempre da 24mila posti riservato a laureati in possesso dei requisiti previsti dalla legge in vigore, tra i quali i 24 crediti formativi in ambito “antropo-psico-pedagogico” e “metodologie e tecnologie didattiche”.

“Si è parlato di tempi ristretti in entrambi i casi, ma abbiamo seri dubbi: il concorso ordinario va approvato sotto forma di legge, seguirà un decreto, poi il bando, infine la graduatorie dei candidati. Per quello riservato, invece, occorre tenere presente i tempi per lo svolgimento delle due prove, che in media richiedono in tutto un anno, quindi i vincitori potranno essere immessi in ruolo nell’estate del 2020, se calcoliamo la media dei concorsi precedenti” spiega Alessandro Giuliani.

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Scuola primaria: 17mila posti

Ai circa 50mila posti per la scuola secondaria, si aggiungono i 17mila precari della primaria, per i quali il ministro della Pubblica Amministrazione, Bongiorno, ha annunciato il reclutamento. Saranno coinvolti insieme i diplomati magistrali e i laureati in scienze della formazione primaria. Infine, sono stati annunciati i Pas, percorsi formativi per ottenere la “vecchia” abilitazione e insegnare nella paritaria. Per accedere occorre avere svolto almeno tre anni di servizio negli ultimi otto e che tre anni almeno 180 giorni siano stati effettuati nell’arco di un anno scolastico, anche se non continuativamente: se un docente, ad esempio, ha fatto supplenza da settembre a novembre e poi da gennaio a giugno, potrà partecipare ai Pas”.

Ma cosa sono i Pas? “Sono corsi di formazione in più cicli annuali, che potranno essere seguiti anche sia da docenti già in ruolo che da dottori di ricerca, in modo da snellire le liste dei dottorandi delle università” spiega l’esperto. Non è prevista una specializzazione quindi: una volta ottenuta l’abilitazione, si potrà richiedere un eventuale trasferimento se la propria classe di insegnamento è in sovrannumero”. Si stima che faranno richiesta di accesso in 100mila in Italia, dei quali 55mila provenienti dalle scuola statali.

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I nodi ancora da sciogliere: regionalizzazione e stipendi

Grossi interrogativi rimangono per quanto riguarda gli aumenti di stipendi e la regionalizzazione. In questo caso, l’obiettivo (soprattutto leghista) sarebbe quello di far passare gli insegnanti alle dipendenze delle regioni. “Questo potrebbe avere il vantaggio di un aumento medio di stipendio di 200 euro, ma si perderebbero gli scatti automatici pregressi e già accumulati, sia per gli insegnanti che per il personale Ata” spiega Giuliani. “L’ultimo punto è l’aumento di retribuzioni, chiesto dai sindacati e che difficilmente sarà attuabile, date le condizioni dell’Italia: solo pochi giorni fa Bruxelles ha inviato una lettera a Roma lamentando che gli insegnanti sono pagati poco, ma al contempo parlando di procedura di infrazione per il debito pubblico. Per dare un aumento di 100/200 euro ai docenti si dovrebbero stanziare 2,5/3 miliardi di euro all’anno, che al momento non sono stati inseriti in finanziaria” conclude il direttore de La Tecnica della Scuola.

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