Insegnante mascherina aula banchi
Sono 100.000 i posti vacanti in Italia: il concorso ne assegnerà 32.000

Perché mancano sempre gli insegnanti

Nonostante il “concorsone” che dal 22 ottobre assegnerà 32.000 cattedre, nelle scuole è ancora emergenza prof. Un problema cronico, aggravato dal rischio contagi

Annunciato dal ministro dell’Istruzione Lucia Azzolina (tra le polemiche di alcuni sindacati, che avrebbero voluto rimandarlo per evitare contagi), dal 22 ottobre si terrà il concorso straordinario per 32.000 insegnanti della scuola secondaria di primo e secondo grado. I candidati sono però il doppio, 64.000, e le cattedre saranno assegnate solo con il prossimo anno scolastico 2021/2022. L’assunzione dei docenti precari non risolverà comunque la cronica mancanza di insegnanti, aggravata quest’anno dall’emergenza sanitaria: in molte scuole primarie la mensa e il tempo pieno non sono ancora attivi o sono partiti in ritardo.

I motivi sono molti, a partire dal fatto che da tempo i concorsi non si svolgono con cadenza biennale, come invece previsto dalla legge. Mancano poi laureati nelle discipline matematico-scientifiche disposti a insegnare, specie al Nord, mentre ce ne sono troppi con formazione umanistica, in particolare al Sud. Il risultato è uno squilibrio difficile da risolvere e aggravato dal turn over: ai recenti 40.000 pensionamenti recenti se ne aggiungeranno altri 50.000 il prossimo anno, l’ultimo per usufruire di quota 100, che il governo ha annunciato che non rinnoverà allo scadere dei 3 anni di sperimentazione.

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Servono regole di reclutamento più chiare per gli insegnanti

«È l’intera macchina del reclutamento dei docenti in Italia che va rivista. Il concorso straordinario andrà a inserire 32.000 insegnanti a fronte di 100.000 posti vacanti. Neppure il prossimo concorso, forse in primavera, risolverà il problema, perché si arriverà al massimo a 70-80.000 assunzioni» spiega Alessandro Giuliani, direttore del portale La Tecnica della Scuola. «Da anni conduciamo una battaglia perché ci siano concorsi ordinari più frequenti e con regole di reclutamento chiare che tengano conto delle reali competenze richieste oggi dalla scuola» aggiunge Antonello Giannelli, presidente dell’Associazione Nazionale Presidi. «Se ogni istituto potesse provvedere autonomamente alle assunzioni, il problema dei vuoti di organico sarebbe risolto in poco tempo». Come accaduto al dirigente dell’istituto Puecher-Olivetti di Rho, in provincia di Milano, che lo scorso anno è stato costretto a cercare insegnanti tramite un annuncio su Facebook.

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Ogni anno escono 5.000 laureati a fronte di 13.000 pensionamenti

A tutte queste criticità va aggiunto il numero chiuso alla facoltà di Scienze della Formazione, da cui proviene la maggior parte delle maestre elementari: «Ogni anno escono 5-6.000 laureati a fronte di 13.000 pensionamenti» spiega Mario Sanguinetti, responsabile nazionale del settore Scuola CGIL.

La difficile gestione delle norme anti-contagio ha aggravato la situazione: da un lato richiede un maggior numero di docenti per sdoppiare le classi – laddove c’è disponibilità di aule – per favorire il distanziamento; dall’altro rende necessario sostituire gli insegnanti che dovessero ammalarsi di Covid o in esonero in quanto lavoratori fragili. Per tamponare l’emergenza il ministero dell’Istruzione ha pensato di reclutare 60.000 cosiddetti “docenti Covid” da integrare all’organico. Ma, a differenza del concorso, in questo caso mancano le candidature: a 2 settimane dal via ufficiale dell’anno scolastico ne erano arrivate solo poche centinaia.

«Complice anche il timore di contagi, molti precari, specie del Sud, non se la sono sentita di trasferirsi al Nord per 1.300 euro, sufficienti a stento a pagare un affitto e sostenere un costo della vita maggiore. Anche perché da quest’anno la legge prevede un vincolo di permanenza di 5 anni nella provincia di assunzione» osserva Alessandro Giuliani. Una conseguenza è il fenomeno delle “assunzioni fantasma” denunciato dai sindacati: nonostante i ministeri dell’Istruzione e dell’Economia abbiano annunciato 85.000 contratti a tempo indeterminato, molti posti restano vacanti per mancanza di candidati. Come si coprono le cattedre vuote, dunque? «Con le supplenze annuali, quindi con personale precario» spiega Sanguinetti.

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L’Italia rischia una procedura di infrazione per i troppi precari

Quest’anno si è aggiunto il paradosso delle “call rapide” che invece di snellire le procedure di nomina, le hanno ritardate per problemi burocratici. Il Miur ha dato la possibilità ai precari già iscritti in Graduatorie ad Esaurimento (GAE) di presentare domanda in una provincia diversa dalla propria. Ma le Graduatorie provinciali per supplenti che ne sono derivate sono risultate in larga parte da rifare per errori nella compilazione digitalizzata dei moduli – introdotta per la prima volta quest’estate – e nel calcolo dei punteggi per titoli e anni di servizio. «Un docente di Palermo figurava avere il doppio di anni di insegnamento rispetto alla sua età anagrafica» racconta Giuliani.

Il risultato è che nel complesso mancano 215.000 docenti, dei quali 80.000 di sostegno: «L’aspetto più grave è che il 40% di questi, in base alla legge 128 del 2013, è assegnato in deroga ossia ai precari fissi: una contraddizione» osserva Giuliani, che conclude. «In questa situazione di caos l’Italia rischia una procedura di infrazione per non aver osservato la direttiva Ue 70 del 1999 che prevede di combattere il precariato con una “stabilizzazione automatica” per chi abbia oltre 36 mesi di servizio. Nel 2005 si fece una maxi sanatoria, che però si fermò a 90.000 assunzioni a fronte di 150.000 precari».

Insegnanti: chi può tentare il “concorsone”

Sono ammessi al concorso straordinario tutti i precari che hanno maturato almeno 3 anni di servizio nella secondaria statale (anche come insegnanti di sostegno) dal 2008/2009 al 2018/2019, e chi ha terminato i 36 mesi a giugno 2020. Almeno uno dei 3 anni deve essere stato svolto nella classe di concorso per la quale si partecipa (tipo matematica o italiano). Possono candidarsi anche docenti che hanno maturato il triennio in una paritaria o in una classe di concorso differente, ma solo per ottenere l’abilitazione.

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