Più divieti per le sigarette elettroniche: perché sono dannose

Fumare all'aperto potrebbe diventare sempre più difficile, anche per chi ama le sigarette elettroniche. Ad annunciarlo il ministro della Salute, di fronte ai dati di diversi studi

Il divieto di fumo potrebbe presto estendersi ulteriormente e riguardare anche gli spazi all’aperto, non solo per le sigarette tradizionali, ma anche per le cosiddette e-cig, le sigarette elettroniche. Ad annunciare la stretta sul fumo è stato il Ministro della Salute, Orazio Schillaci.

Verso il divieto all’aperto anche per le sigarette elettroniche

Durante un’audizione in commissione Affari sociali della Camera, il Ministro ha spiegato: «Intendo proporre l’aggiornamento e l’ampliamento della legge 3/2003 (la legge Sirchia, NdR) per estendere il divieto di fumo in altri luoghi all’aperto in presenza di minori e donne in gravidanza; eliminare la possibilità di attrezzare sale fumatori in locali chiusi; estendere il divieto anche alle emissioni dei nuovi prodotti come sigarette elettroniche e prodotti del tabacco riscaldato; estendere il divieto di pubblicità ai nuovi prodotti contenenti nicotina».

Le parole del Ministro sono arrivate dopo che da tempo ci si chiede se le e-cig aiutino a smettere di fumare e soprattutto dopo la pubblicazione di diversi studi sulle sigarette elettroniche. Uno in particolare, realizzato dall’Istituto dei Tumori di Milano, già tempo fa forniva diverse indicazioni importanti.

Lo studio di e-cig e narghilè: fanno bene o male?

«Per quanto riguarda il narghilè, generalmente si crede che, facendo gorgogliare il fumo attraverso l’acqua, si possa ottenere un’ottima azione filtrante e che fumarlo sia molto meno pericoloso per la salute e addirittura che non si inquini l’ambiente. Per le sigarette a tabacco riscaldato, invece, la pubblicità e gli studi pubblicati dalle multinazionali che le producono le descrivono come prodotti a rischio ridotto, per il fatto di contenere meno sostanze tossiche legate alla combustione e quindi meno pericolosi» premettevano gli esperti del Laboratorio di ricerca sul fumo dell’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano, che lo scorso maggio hanno voluto verificare, misurando durante le ore serali, la qualità dell’aria in un famoso ristorante etnico di Milano nel quale era consentito utilizzare entrambi questi dispositivi. Il risultato della ricerca, condotta da Cinzia De Marco e Ario Ruprecht, non lascia dubbi: la concentrazione  di Polveri sottili e di Black Carbon (un composto che indica la presenza di sostanze tossiche e cancerogene) è triplicata rispetto a quella misurata all’esterno del locale in una strada trafficata.

Le sigarette elettroniche dannose come le altre

Un altro studio, pubblicato sulla prestigiosa rivista JAMA Nework Open ad aprile, ha mostrato come il 60% dei medici ritenga che le e-cig non siano efficaci contro il fumo e le consigli poco, solo in casi limitati. Gli autori dello studio sulle sigarette elettroniche, Cristine D. Delnevo del Rutgers Center for Tobacco Studies e Michelle Jeong e Arjun Teotia della Facoltà di medicina della Rutgers Robert Wood Johnson Medical School, hanno condotto un sondaggio su un campione di oltre 2000 tra medici di base e specializzati in medicina interna, ostetricia e ginecologia, cardiologia, pneumologia e oncologia. I dati indicano che 3 su 4 sono scettici riguardo i prodotti legati al fumo (compreso lo “svapo” delle sigarette elettroniche), ritenendo che tutti siano ugualmente dannosi.

Le e-cig venivano consigliate per smettere di fumare

Lo studio rilevava che a consigliare la sigaretta elettronica erano soprattutto pneumologi, cardiologi e medici che miravano a ridurre i danni da fumo, ma lo facevano soprattutto su richiesta del paziente. A seconda del tipo di soggetto fumatore da spingere a smettere di fumare, inoltre, potevano essere consigliati prodotti diversi. Ad esempio, a una giovane donna fumatrice leggera e che non aveva ancora provato a smettere, erano suggerite più di frequente gomme da masticare o pastiglie alla nicotina (approvate dalla Food and Drug Administration americana), mentre a un forte fumatore incallito e con difficoltà a smettere era consigliata la e-cig. Ma anche l’Oms quattro anni fa aveva espresso dubbi sull’efficacia delle sigarette elettroniche, anche per eventuali effetti sulla salute dei più giovani.

I dubbi dell’Oms sulla sigaretta elettronica

Era il 2019 quando l’Organizzazione mondiale della Sanità aveva frenato gli entusiasmi riguardo le (sigarette elettroniche) e-cig, sottolineando come non aiutino a smettere di fumare. Altri studi, invece, parlavano di possibili effetti sul Dna di alcuni tessuti e dei danni cerebrali negli adolescenti. «Le e-cig non sono innocue e i governi che non le hanno vietate dovrebbero prendere in considerazione la loro regolamentazione come prodotti dannosi, inserendole nell’elenco dei prodotti del tabacco, prodotti che imitano il tabacco oppure in una categoria ancora più specifica».

Questa l’opinione dell’Organizzazione mondiale della Sanità, contenuta nel rapporto Epidemia globale di tabacco 2019 con cui l’Oms era intervenuta per la prima volta in modo chiaro sul fumo delle sigarette elettroniche: «Sebbene il livello di rischio non sia ancora stato stimato in modo definitivo, le sigarette elettroniche sono senza dubbio dannose per la nostra salute e dovrebbero pertanto essere soggette a regolamentazione». Il documento dell’Oms prendeva dunque posizione, senza sgombrare del tutto il campo dai dubbi.

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Le sigarette elettroniche non aiutano a smettere di fumare

Nel mondo ci sono 1,4 miliardi di fumatori, all’incirca 8 milioni sono le vittime del fumo, sia attivo che passivo. Solo in Italia si stima che le sigarette causino ogni anno la morte di 80mila persone, tanti quanti gli abitanti di una città come Varese, come ricordato in occasione della Giornata mondiale senza tabacco lo scorso anno. Ma ai fumatori “tradizionali” (12,2 milioni di italiani, il 27,7% del totale, in aumento del 3,8% negli ultimi anni) si sono aggiunti da tempo anche gli “svapatori”, che usano sigarette elettroniche convinti che facciano meno male e che aiutino a smettere di fumare. Ma secondo l’Oms non sarebbe così. «A oggi, in parte a causa della diversità dei prodotti relativi alle e-cig e delle scarse prove disponibili, il potenziale delle sigarette elettroniche di svolgere un ruolo come intervento di cessazione del tabacco nella popolazione non è ancora chiaro».

Insomma, non ci sono prove che aiuti a dire addio alle sigarette tradizionali. Al contrario: oltre il 75% di utilizzatori di sigarette elettroniche fuma anche quelle tradizionali. Secondo il Rapporto sul fumo in Italia (2012) solo il 5% dichiara di aver diminuito drasticamente il consumo di “bionde”, mentre oltre il 30% non ha smesso, il 14% ha ripreso il consumo delle sigarette tradizionali e il 7% ha iniziato a fumare. «È verissimo che molti, oltre il 50%, diventa di fatto un doppio utilizzatore, sia di sigarette tradizionali che di elettroniche. È esattamente quello che accade anche con i prodotti farmaceutici come i cerotti. Diverso è il caso di chi viene in ospedale per una terapia di disassuefazione da fumo, che ha una forte motivazione a smettere, che invece gli utilizzatori di e-cig in genere non hanno» ci spiegava Riccardo Polosa, medico e professore Ordinario di Medicina Interna presso l’Università di Catania, direttore del Centro per la Prevenzione e Cura del Tabagismo presso la stessa Università.

A preoccupare, però, è anche un aumento nel consumo di sigarette elettroniche soprattutto tra i giovani, con possibili conseguenze dannose.

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Gli effetti dannosi delle sigarette elettroniche sugli adolescenti

«I giovani che fumano le sigarette elettroniche sono esposti alla nicotina, che può avere effetti a lungo termine sul cervello in via di sviluppo”, si leggeva nel documento dell’Oms del 2019. Negli Usa i giovani che ricorrono alle e-cig sono cresciuti tra il 2011 e il 2018, passando dall’1,5% al 20,8%, mentre in Italia è difficile quantificare il numero di adolescenti che si avvicina alle sigarette elettroniche, utilizzate da circa 1 milione di persone, secondo i dati dell’Istituto Superiore di Sanità. Il timore è che, specie tra i ragazzi, si crei una forma di dipendenza sia nei confronti del gesto e della ritualità di fumare, sia da nicotina, con la conseguenza che nel corso del tempo porti a passare alle sigarette tradizionali. «Se consideriamo il contesto americano, va tenuto presente che le sigarette elettroniche sono usate sempre più spesso dai giovani per inalare la cannabis, sfruttando il sistema di vaporizzazione delle e-cig» come precisato dal professor Polosa.

Gli effetti collaterali delle sigarette elettroniche sul Dna

Le sigarette elettroniche hanno il vantaggio di permettere l’assunzione di nicotina tramite inalazione (come per le sigarette tradizionali) ma senza l’inalazione di quel mix di sostanze generate dalla combustione del tabacco, di cui è nota la pericolosità, così come da tutti i sottoprodotti cancerogeni della combustione stessa. Ma potrebbe avere effetti collaterali anche più gravi a livello di Dna nei tessuti del cuore, dei polmoni e della vescica, come dimostrato da uno studio della New York University, pubblicato dalla National Academies of Sciences a gennaio. Secondo la NAS, che aveva revisionato oltre 800 studi sulle e-cig, riscaldando i liquidi che servono a produrre l’aerosol gassoso tipico delle sigarette elettroniche, sono emesse numerose sostanze potenzialmente tossiche, di cui si è dimostrato l’effetto mutagenico, dunque potenzialmente cancerogeno. È però difficile specificare ulteriormente i possibili danni, a causa della varietà di questi “ingredienti» tra un prodotto e l’altro, e nelle modalità di consumo.

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Le possibili malattie cardiovascolari

Un altro rischio per chi fa uso di sigarette elettroniche è rappresentato dagli aromi utilizzati che, secondo uno studio della della Stanford University of Medicine pubblicato a metà giugno sul Journal of the American College of Cardiology, fanno aumentare la probabilità di malattie cardiovascolari. In particolare i liquidi alla cannella e al mentolo sono risultati i più pericolosi. Invita però alla cautela il professor Polosa: «Sugli studi americani sono stati evidenziati problemi metodologici. Ad esempio, un consumatore abituale di e-cig fa in media 3/4 svapate, massimo 10. Nei protocolli sperimentali, invece, vanno eseguite anche 20/30 svapate, che portano a surriscaldamento e alla generazione di quei carbonili ritenuti pericolosi ed evidenziati nelle ricerche. Se invece si seguono procedure più aderenti alla realtà, i livelli si abbattono di 10, 20 o 30 volte» spiegava l’esperto e consulente scientifico della LIAF, la Lega Italiana Anti Fumo.

Le sostanze tossiche sono inferiori alle sigarette tradizionali

«Il documento dell’Oms avverte che va tenuta presente la potenziale tossicità delle sigarette elettroniche, ma il rischio va anche rapportato agli enormi danni del fumo tradizionale, di cui questi nuovi dispositivi rappresentano un’alternativa. Rispetto a un cocktail di oltre 7.000 sostanze contenute nelle sigarette tradizionali, le e-cig ne contengono 370 e col passare del tempo è prevedibile che, proprio trattandosi si dispositivi tecnologici, possano migliorare riducendo ulteriormente i rischi. Va anche detto che le conclusioni dell’Oms sono frutto di studi datati al 2009, 2010 o 2011, mentre oggi le e-cig sono cambiate rispetto ad allora e il rischio di contaminazioni tra le sostanze utilizzate si è ridotto. L’obiettivo è quello farlo diminuire ancora in un prossimo futuro» concludeva Polosa.

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