Studenti computer
IL PROGETTO
Questa foto è di Valeria Balestrini, studentessa del liceo scientifico Volta di Milano e fa parte del progetto realizzato dai ragazzi #FotoriVOLTAilvirus (puoi vedere tutti gli scatti su Instagram).

Come aiutare gli studenti a non mollare

Stremati dalla didattica a distanza, i ragazzi sono sempre più apatici, ansiosi, arrabbiati. Qui 4 docenti delle superiori invitano a non cedere alla rassegnazione. E a incoraggiare i giovani a riprendersi le loro vite

L’altalena delle zone rosse, arancioni e gialle. Le ordinanze regionali che nel giro di una notte richiudono e riaprono le aule. I tribunali che rigettano o accolgono i ricorsi dei presidi. In mezzo a questo caos, ci sono loro: gli studenti che da quasi un anno sono a casa, incollati alle videolezioni. Così, dopo la paura nel primo lockdown e la rassegnazione nel secondo, eccoci alle proteste.

A Milano licei e istituti superiori vengono simbolicamente occupati per una notte. A Palermo i ragazzi studiano con il tablet in piazza e a Bologna sono passati al megafono per protestare. Perché in questa balletto di aperture e chiusure una cosa è certa: dopo una sperimentazione d’emergenza forzata, la Dad comincia a mostrare le conseguenze più preoccupanti. «I giovani in casa diventano più apatici e irritabili» avverte l’Ordine degli psicologi: il 54% di loro soffre. Moltissimo. E sono 34.000 gli studenti che si sono persi nell’etere e che hanno rinunciato allo studio, al futuro. Ecco perché è importante invitare i nostri figli a non “mollare”, a tenere alta la speranza di riprendere presto il tempo delle loro vite. Come spiegano qui 3 docenti e una preside.

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«Combattiamo la pigirizia fisica e mentale, stimoliamo la curiosità: in futuro servirà più di una formula matematica»

Francesca D’Alessio, insegnante di Storia dell’arte all’Istituto superiore Cine-tv Rossellini di Roma
Ha lanciato su Change.org la petizione “Apriamo i musei per la scuola” per favorire la didattica diffusa fuori dalle aule. «Un giorno ho chiesto ai miei studenti perché fossero più distratti e annoiati del solito. “Prof, siamo stanchi perché siamo qui ad ascoltare e basta” hanno risposto. Allora ho capito che dovevo mettere da parte il programma. Ho detto loro di uscire dalla camera, allestire un set con una natura morta alla Caravaggio e mandarmi le foto. Poi, nei limiti delle norme, abbiamo iniziato a incontrarci in centro per andare a vedere le opere d’arte nelle chiese. Il mio scopo, ora, è combattere l’immobilità fisica che si traduce in pigrizia mentale, e stimolare quella curiosità che, nel futuro, servirà loro più di una formula matematica. La didattica va riprogrammata in chiave diversa, puntando più alle competenze che alle conoscenze: i ragazzi hanno bisogno di mantenersi svegli e attivi. Credo che molti di loro usciranno dalla Dad più forti, resilienti e capaci di apprezzare quello che adesso non hanno. Rischia però di non essere lo stesso per altri, i più fragili, quelli che abbiamo rinchiuso in case che non erano affatto luoghi protetti. In quei casi, temo che le fragilità insite nell’adolescenza aprano voragini se la scuola in presenza non tornerà a essere presto una rete di sostegno».

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«Se vedete un germe di ribellione, sostenetelo: è vita»

Gloria Ghetti, docente di Storia e filosofia al liceo Torricelli-Ballardini di Faenza (Ravenna)

Ha sostenuto la protesta degli studenti e occupato la scuola con loro finché la Regione Emilia-Romagna non ha concesso il rientro. «“Dopo Appello Dormo” è l’acronimo che i miei studenti usano per definire la Dad. “Abbruttimento” è il significato. Disturbi alimentari, attacchi di panico, ansia, insonnia sono aumentati. La Dad è stata una benedizione quando ci siamo ritrovati tutti rinchiusi in casa ma il suo prolungarsi adesso è una gelata sui boccioli della primavera che è l’adolescenza, un importante periodo di trasformazione che dovrebbero vivere nel confronto quotidiano tra loro. Nessuno ha colpa se restano a letto al mattino seguendo la lezione con la telecamera spenta. Ma tutti abbiamo una responsabilità se questo abbruttimento inghiotte il loro futuro. Anche io ce l’ho. Per questo ho tenuto le mie lezioni in classe e non dal salotto di casa, perché la scuola simbolicamente continuasse ad esserci. E ai genitori dico: riempite i vostri figli di mascherine e disinfettanti ma fateli uscire dalle stanze, dalle bolle e dalle paure, aiutateli a ribaltare noia e apatia in protesta. Non avallate la loro immobilità dicendo “poverino”. Se vedete un piccolo germe di ribellione appoggiatelo, sostenetelo, coltivatelo, perché lì in questo momento c’è la vita. E gli insegnanti adesso non si preoccupino delle verifiche, ma di scovare i danni invisibili che nessun decreto potrà riparare: valutate che sappiano distinguere tra paure giuste e sbagliate, tra sicurezza e isolamento, tra responsabilità e rassegnazione».

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«Da questa fase di immobilità si può uscire già adesso: la Dad, con i suoi limiti, offre spunti di vitalità. Basta saperli cogliere»

Giulia Beltrami, docente di Arte e robotica al Liceo scientifico quadriennale dell’Istituto Cellini di Valenza (Alessandria)

Ha coinvolto i colleghi in progetti multidisciplinari per “riaccendere” la curiosità dei ragazzi. «È come quando manca uno dei 5 sensi, l’altro si rafforza per colmare la lacuna. La chiusura delle scuole ci ha tolto il contatto fisico, i suoni e i gesti della quotidianità. La Dad, con tutti i suoi limiti, può aiutarci se la rafforziamo e potenziamo. Noi docenti vediamo gli sguardi spenti dei nostri alunni al di là dello schermo quando ci limitiamo a spiegare ma osserviamo anche come si riaccendono quando proponiamo anche la più piccola novità in giornate tutte uguali. Non serve essere espertissimi di tecnologia. Esistono strumenti facili e gratuiti per risvegliare curiosità e vitalità. Da Google Earth per vedere le piramidi egizie alla costruzione in 3D della domus romana su tinkercad.com. Anche la semplice condivisione di un questionario su Excel da compilare insieme è stimolante: io vedo tutte le freccine dei mouse che si posizionano nelle caselle per scrivere e penso: “Ok, stanno partecipando, sono interessati”. In Rete ci sono tantissime opportunità non sfruttate per pigrizia più che per mancanza di formazione. Ho visto i miei ragazzi, chiusi nelle loro camerette e nelle loro paure, lavorare divertendosi con colleghi turchi e francesi seguendo online i laboratori dell’Istituto di robotica. La multidisciplinarietà è un’altra opportunità alla portata di tutti che stimola mentalmente i ragazzi in questa fase di immobilità. Noi stiamo costruendo l’Inferno di Dante con Minecraft insieme al docente di Italiano. La Dad non può continuare a lungo perché la scuola non è solo apprendimento di nozioni. Nel frattempo, però, dobbiamo fare tutti uno sforzo tecnologico in più se in bilico c’è il futuro di una generazione».

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«Il prolungarsi della Dad è una gelata sui boccioli della primavera che è l’adolescenza, un periodo importantissimo di trasformazione e relazione»


 

«Dobbiamo tenerli collegati non a un pc, ma alla speranza. È nelle situazioni più difficili che si insegna l’eroismo»

Eugenia Carfora, dirigente scolastica dell’Istituto Superiore Francesco Morano di Caivano (Napoli)

Dal 2007 lavora per trasformare una scuola “di frontiera”, circondata da droga e criminalità, in un simbolo di legalità. «“Preside, mi sono scocciato, voglio andare al McDonald”. “Ce l’hai un pacchetto di farina? Ti spiego come preparare un panino”. Fare. Dal primo lockdown in poi ho fatto in modo che i miei ragazzi continuassero a fare, perché così scaricano le energie, si sentono vivi, utili. Non bastava arricchire la Dad di software per ovviare alla mancanza di laboratori, ho spinto i più demotivati ad aprire la dispensa della cucina e improvvisare kit per esperimenti, ed è stato tutto un tam tam di video con dimostrazioni scientifiche. Poi ho continuato a prendermi cura della nostra scuola documentando sui social novità come le tensostrutture per non bagnarsi quando piove o l’albero di ulivo che cresce. I ragazzi sanno così che questo luogo li aspetta, è qui per loro e non li abbandona. Nel nostro contesto difficile la scuola è rivincita, riscatto, per questo ho sentito il dovere forte di tenerli collegati. Non a un pc ma alla speranza. Nei primi tempi ho scritto per mail a ciascuno di loro, per aiutarli a esprimere paure e disagi. Mi rispondevano anche in piena notte. Con i mesi però la loro scrittura si è diradata e il loro silenzio adesso mi fa paura. Ma non mollo perché conosco l’energia che hanno dentro. La nostra realtà insegna che sono proprio le situazioni più difficili quelle in cui si esercita la creatività, il problem solving. E soprattutto l’eroismo e la speranza».

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