Test salivari: a campione nelle scuole

La proposta è del ministero della Salute per aumentare lo screening. Non sostituiscono le vaccinazioni, specie negli over 12 anni. Ecco come funzionano

Se la campagna vaccinale tra i più giovani registra adesioni molto elevate, pari a circa il 60% secondo il ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi, l’obiettivo di ripartire col nuovo anno scolastico in sicurezza passa anche dai test salivari. Non a caso l’Istituto Superiore di Sanità sta valutando l’ipotesi di effettuare test salivari a campione sugli studenti che torneranno in classe.

Le modalità saranno contenute in un protocollo con le Regioni, al quale si sta lavorando, prendendo ad esempio soprattutto Toscana e Veneto, dove la sperimentazione è in fase più avanzata.

Si tratterà, comunque, di uno screening su base volontaria, che non sostituirà i vaccini – anch’essi volontari – per la fascia d’età 12-19 anni.

Test salivari: le “scuole sentinella” in Veneto

L’idea è quella di estendere a tutta Italia l’esempio delle cosiddette “scuola sentinella” in Veneto, come chiarito dal Presidente della Regione, Luca Zaia, che guarda alla ripresa della scuola come un momento cruciale: «Sarà un D-Day e dobbiamo evitare si torni in didattica a distanza. Il Generale Figliuolo mi ha chiamato per avere i nostri studi sulle scuole sentinella fatti con i tamponi salivari». Il Veneto ha avviato una gara con un’azienda privata per garantirsi una fornitura di 1 milione di tamponi salivari molecolari alla riapertura delle scuole. «Se ce li fornirà il Governo tanto meglio. Questi test sono meno invasivi per i ragazzi e anche per le persone disabili, con il vantaggio di essere tamponi molecolari quindi molto affidabili».

Anche in Toscana lo scorso luglio è stata approvata all’unanimità una mozione che prevede la somministrazione di test salivari in tutte le scuole del territorio. L’obiettivo, come spiegato da Stefano Scaramelli (Italia Viva), che ha presentato la proposta con Cristina Giachi (Pd), è rendere sicure le scuole e «garantire in questo modo la didattica in presenza, migliorando la capacità di monitorare e tracciare la presenza del virus all’interno della comunità scolastica». Insomma, si vuole scongiurare il ritorno alla DAD.

Ma di cosa si tratta?

Cosa sono i test salivari e come funzionano

I test salivari sono tamponi antigenici a tutti gli effetti, cioè quelli “rapidi”, con la differenza che non si eseguono nel naso e in gola, ma analizzano un campione di saliva, prelevato tramite una sorta di gomma da masticare o su una quantità di saliva depositata su una cannuccia e poi analizzata con un reagente. Il vantaggio è duplice: minor costo e minore invasività, ma anche la rapidità del risultato che arrivano in pochi minuti (circa 10/15).

«Sono molto pratici e poco invasivi, anche se nella maggior parte dei casi si tratta di test antigenici. Dunque, sicuramente non hanno la stessa garanzia che può dare un molecolare. Va anche precisato che, come tutti i tamponi, ci forniscono una fotografia del momento, cioè ci dicono se c’è positività quando ci si sottopone a test, ma non è detto che non si stia, ad esempio, incubando la malattia» chiarisce Massimo Ciccozzi, epidemiologo molecolare dell’Università Campus biomedico di Roma.

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I test salivari nelle scuole: come e per chi

Nelle intenzioni, lo screening nazionale sarà solo su base volontaria e andrà avanti per tutto l’anno scolastico. In una prima fase i test verrebbero eseguiti negli istituti, mentre successivamente i genitori potrebbero somministrarli ai figli (e sottoporvisi a loro volta) direttamente a casa. Il giorno dopo il test sarebbe riportato a scuola per essere inviato alle Asl. In caso di positività scatterebbero le normali procedure di avvio di quarantena. In tutto sarebbero coinvolti 110mila studenti, almeno in una fase iniziale, gestita dalla struttura commissariale del Generale Francesco Paolo Figliuolo.

Sulla modalità fai-da-te, però, ci sono diversi dubbi: «Io la sconsiglierei perché basterebbe un solo passaggio sbagliato nell’esecuzione per avere, ad esempio, un falso negativo. Sarebbe meglio che fossero somministrati presso gli istituti, possibilmente nei presidi medici interni» aggiunge Ciccozzi.

Il problema è che nelle scuole ormai non ci sono più da anni: «Purtroppo è stato un grosso errore toglierli. Come sottolineato anche in un dibattito insieme a Mario Rusconi dell’Associazione Nazionale Presidi di recente, ciò che andrebbe fatto è proprio investire in questa direzione e nell’edilizia scolastica. Ad esempio, il protocollo anti-Covid nelle scuole appena rinnovato prevede ancora di arieggiare con frequenza i locali aprendo le finestre, perché mancano impianti di aerazione moderni che invece servirebbero».

Se la pandemia ha mostrato le carenze del mondo scolastico e della sanità di territorio, ora si punta al ritorno alla normalità in classe, che passa anche dalle vaccinazioni nella fascia 12-19 anni.

Test, ma soprattutto vaccinazioni

Secondo il ministro dell’Istruzione, Patrizio Bianchi, l’adesione alla campagna vaccinale tra gli studenti è stata soddisfacente, intorno al 60%, e dovrebbe servire a garantire una scuola in presenza. «I test salivari possono aiutare nel tracciamento di massa, ma non possono sostituire la prevenzione che passa dal vaccino. L’immunizzazione dei giovani serve anche per restituire loro la socialità che hanno perso durante il lockdown e i mesi successivi. Non solo: è vero che spesso, se contraggono il Covid, sono asintomatici o paucisintomatici (con sintomi lievi), ma proprio per questo possono trasmettere il virus ai genitori, magari 40/50enni, che al momento rappresentano la fascia più colpita dal virus se non vaccinata» conclude l’esperto.

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