FRANCESCO RECAMI – La casa di ringhiera – Sellerio €13,00, pp. 208.
Le prime 80 pagine fotografano una casa di ringhiera alla periferia Est di Milano, appartamento per appartamento, inquilini inclusi. C’è Amedeo Consonni, tappezziere in pensione che si divide fra il nipote e la mania per i casi di cronaca insoluti, di cui colleziona ritagli di giornale e indizi raccolti di persona; c’è la famiglia con due bambini e papà alcolizzato; la coppia del Sud, moglie procace, marito manesco; la prof dal passato misterioso; l’ottantenne maniaco della sua Opel Vectra per la quale, unico nel condominio, ha il permesso di parcheggio in cortile. Quando inizi a chiederti il senso di questi ritratti in interno (e anche a stancarti un po’), il romanzo prende il volo: il papà alcolizzato sparisce, la coppia del Sud ha una lite violenta, Consonni si improvvisa detective e finisce rinchiuso in uno sgabuzzino, l’ottantenne auto-maniaco buca le gomme di chi gli ha usurpato il posto in cortile e i bambini decidono di aiutare il papà. Il racconto diventa veloce, non riesci a smettere, il caso intreccia le storie, le ingarbuglia, suggerisce false verità, e quando arriva la polizia ognuno pensa che sia lì per lui. Perché nessuno è mai del tutto innocente, e niente è in grado di ricordarcelo quanto la vita in condominio. Il finale rincuora. Ma la cosa che mi è piaciuta di più sono i due bambini, Giammarco e Margherita, che hanno il coraggio di fare quello che i grandi non fanno più: volere bene nel senso di volere il bene di qualcuno, costi quel che costi.
di Francesca Magni
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