Dati Istat

IL SOGNO DI UNA VITA MIGLIORE

«Io avevo creduto di innamorarmi e di essere ricambiata: mi chiamava Amore e io ci avevo creduto. I grandi ci dicono così, di credere nell’amore. Ma lo sanno i grandi cos’è l’amore? Amano, i grandi?» inizia così Io non ho sbagliato, il romanzo di Onofrio Pagone, tratto da una vicenda realmente accaduta. La storia è quella di una ragazza rumena che a 17 anni scopre di aspettare un bambino dal suo innamorato, un compagno di scuola: l'abbandono da parte del partner, il viaggio verso la madre, badante, e l'Italia, desolante terra promessa, insieme allo scontro con una Giustizia che di giusto sembra avere davvero poco rendono amare queste pagine di vita vera. Il figlio sarà sottratto per sempre a questa giovane mamma, con l'unica colpa di essere sola in un Paese di cui non parla la lingua, minorenne presa in ostaggio e ingannata dalla stessa madre. Le donne straniere o minorenni non sono le uniche a veder naufragare il sogno di una vita migliore. Secondo i dati Istat sono state 1 milione e 582 le famiglie in condizioni di povertà assoluta nel 2015: numeri che fanno vergognare.

Troppo poveri per un figlio

Quando la povertà uccide l'essere genitori

 

Insegnare ai ragazzi l’indipendenza e la conoscenza del proprio corpo è fondamentale, perché aiuta a diventare adulti più consapevoli, in grado di proteggersi e gestire i propri bisogni. L’insegnamento avviene giorno per giorno, fin da piccoli: una lezione di vita attraverso sogni, sbagli, cadute e forza di volontà.

Giovani coppie

DIVENTARE GENITORI

Le giovani coppie sono le più svantaggiate. Il rapporto di Save the children denuncia che l’incidenza di povertà sale al 28,5% quando il capofamiglia ha meno di 35 anni: 1 bambino su 2 è a rischio. Diventare genitori in Italia non è facile. Se la media degli aiuti in Europa si attesta intorno al 2,2%, nel nostro Paese i finanziamenti alla maternità e alle famiglie costituiscono 1,3% del PIL. Le donne non vengono sostenute dal punto di vista professionale. Orari elastici, part time e flessibilità costituiscono ancora un miraggio e nel frattempo, a differenza che in passato, alle lunghe ore trascorse sul lavoro si aggiunge un’emozione ulteriore: l’amarezza di non poter essere vicine ai propri figli e vedere i propri bambini cresciuti da altri, strutture come nidi e scuole con il tempo prolungato a cui tante donne sono costrette ad affidare i piccoli per un tempo che occupa quasi l’intera giornata.

A scuola per combattere la povertà

CHE COSA SOGNANO I BAMBINI?

In occasione della Giornata della donna, l’Unicef ha ribadito che l’istruzione costituisce il fattore primario per l’emancipazione: la scuola è un trampolino di lancio che consente alle bambine di acquisire maggior indipendenza, sul piano fisico e mentale, consapevolezza e aumenta la possibilità di ottenere un lavoro migliore. Puntare sulla propria professionalità permette di migliorare la qualità della vita. Questo non accade solo dall’altra parte del mondo. Il disagio abita in mezzo a noi, è qualcosa con cui conviviamo senza ascoltarlo con sufficiente attenzione. È fra le facce della gente che vediamo quotidianamente, il vicino di casa o noi stessi, in un momento di difficoltà. Secondo le indagini rispetto al resto dell’Europa in Italia si spende meno per quanto riguarda famiglie, disabilità, assistenza ai minori. Tuttavia, dare a ogni bambino la possibilità di immaginare il proprio futuro è un diritto e un patrimonio in grado di renderlo un adulto più forte.

Rapporto sulla povertà

COSTRUIRE NUOVI ORIZZONTI

«Non posso accettare la sconfitta. È umiliante, a vent’anni, dover ammettere di aver sbagliato tutto, di aver già perso tutto» troviamo scritto fra le pagine di Io non ho sbagliato di Onofrio Pagone. Che cosa possiamo fare per creare la possibilità, reale e vera, affinché ogni persona possa essere aiutata nel suo diritto a vivere la vita, fare scelte autonome, avere figli, lavorare? Dall’ultimo Rapporto Italia Eurispes emerge che il 50% degli italiani fa fatica a arrivare a fine mese e sogna un trasferimento all’estero, laddove esistano le possibilità. Secondo i dati 7 italiani su 10 tagliano ogni spesa considerata eccessiva, dai viaggi alle spese sanitarie, che superflue non dovrebbe essere. La società in cui viviamo si fonda su uno stile di vita in cui il lavoro basta a far sopravvivere se stesso. Una volta sottratto affitto, spese per la benzina e il cibo, bollette ben poco è quello che rimane. A differenza di cinquant’anni fa i genitori si trovano lontani dalle proprie famiglie per la maggior parte della giornata. Un tempo figli, lavoro, campi e commerci vivevano in spazi attigui; oggi le distanze diventano più grandi e i figli si vedono dal venerdì sera alla domenica. Il budget per nido, strutture scolastiche, doposcuola e per qualcuno la tata, indispensabile quando non ci sono i nonni, si aggiunge alle spese del mese e così si finisce per dover lavorare in modo da poter pagare persone che trascorrano tempo con i propri bambini.

Radici e ali per crescere

SOSTENERE, INCORAGGIARE, ASCOLTARE

Nel corridoio anonimo di un tribunale assistiamo all’incontro fra una ragazza africana, vicina di letto in ospedale, e la giovane rumena, entrambe mamme, entrambe sole senza il potere dell’abbraccio salvifico del loro bambino. «”Forse è giusto così” mi disse abbassando lo sguardo. “Forse è giusto che i gemelli abbiano una situazione più sicura: io potrei farli crescere solo sulla strada, perché non ho altro. Per il loro bene forse il destino ha deciso il meglio”. La rassegnazione di quella donna mi turbò» pensa fra sé e sé Annamaria, che si è scelta questo nuovo nome in una lingua che non è la sua, autonomamente, in un battesimo del proprio diventare adulta. Il giornalista Onofrio Pagone, autore di Io non ho sbagliato e Premio Saint Vincent di Giornalismo grazie ai servizi di cronaca sul dramma dei profughi albanesi, ci lascia con una riflessione importante. Di che cosa ha davvero bisogno un bambino? Considerare la sicurezza e le possibilità economiche a un livello superiore rispetto all’amore e alla presenza di un genitore è pericoloso. Il rischio è di confondere la crescita di un figlio e dei suoi genitori con un’operazione marketing centrata sull’acquisizione di beni materiali e competenze, anziché aiutare le persone a poter vivere le proprie scelte con dignità, autonomia, felicità.

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