L’Erasmus si evolve: nascono le “università europee”

L’Erasmus non lascia, anzi “raddoppia”. Al programma di scambio, che permette agli studenti universitari di seguire corsi e sostenere esami all’estero per un certo periodo, si aggiungono ora le “super università” europee. Si tratta di veri e propri “campus universitari”, frutto di alleanze tra atenei europei che, nelle intenzioni della Commissione europea che ha appena approvato una serie di progetti e relativo finanziamento, potranno portare anche a titoli di studio riconosciuti da più università. Gli obiettivi sono molteplici: creare poli di eccellenza, favorire l’internazionalizzazione e la mobilità degli studenti, che potranno costruirsi un proprio curriculum. Iscrivendosi in un ateneo in Italia potranno anche seguire corsi in più università “consociate” all’estero, sia recandovisi sia in modo virtuale, ad esempio con laboratori a distanza. La European University Alliance prevede anche scambio di docenti e staff e riguarda tutti i livelli di laurea e post laurea: da quella triennale, alle magistrali fino ai dottorati di ricerca.

Le “super-università”: in cosa consistono

Si chiamano European universities, sono 17 in tutta Europa e nascono da vere e proprie alleanze tra atenei di più nazioni. Sono 24 gli Stati membri coinvolti complessivamente, per un totale di 114 università, delle quali 11 sono quelle italiane selezionate e ammesse al programma dall’Unione europea. Il nostro Paese è il terzo per numero dietro a Francia (16) e Germania (15). “Si chiamano alleanze e partono da partnership tra università, in molti casi già avviate in passato, ma circoscritte ad accordi bilaterali e a specifici corsi di studio, che prevedevano scambio di studenti o docenti e progetti di ricerca comuni” spiega Antonella Baldi, Prorettore all’Internazionalizzazione dell’Università degli Studi di Milano, che partecipa al progetto con l’alleanza 4EU+ e aggiunge: “Adesso, invece, miriamo a creare anche nuovi corsi di studio che possano essere seguiti sia in Italia che all’estero, andando in una delle università ‘alleate’ oppure sfruttando la tecnologia, con videoconferenze o laboratori virtuali dove gli studenti possano essere in contatto tra loro”.

Gli atenei italiani coinvolti

L’alleanza 4EU+ dell’Università degli Studi di Milano è uno degli 11 esempi italiani di “consorzio” tra atenei. Nata a gennaio 2019, vede il coinvolgimento di altre 5 università pubbliche europee, multidisciplinari e fortemente orientate alla ricerca: la Charles University di Praga, l’Università Sorbona di Parigi e le Università di Heidelberg, Copenhagen e Varsavia. In tutto contano 300mila studenti e 26mila tra docenti e ricercatori. L’università di Padova partecipa a una rete, chiamata Arqus, insieme agli atenei di Granada (Spagna), Bergen (Norvegia), Graz (Austria), Lipsia (Germania), Lione (Francia) e Vilnius (Lituania). Quella di Cagliari è alleata con l’Università di Potsdam (Germania), Masaryk (Bron, Repubblica Ceca), Parigi-Nanterre (Francia), Pecs (Ungheria) e Rennes 1 (Francia). Trento fa parte di gruppo di 11 atenei, tra i quali quelli di Barcellona e Dublino. Nell’elenco delle partecipazioni italiane ci sono poi anche l’Alma Mater di Bologna, che fa parte del progetto Una Europa (insieme anche alla Libera università di Berlino e la Complutense di Madrid), la Bocconi di Milano (con Civica, che comprende altri sei atenei), la Sapienza di Roma (Civis insieme, tra gli altri, a Bruxelles e Marsiglia), il Politecnico di Torino (alleanza Unite! di cui fanno parte altri 6 atenei tra Francia, Germania, Spagna, Portogallo, Finlandia e Svezia), Roma Tor Vergata che rientra nel consorzio Yufe (Young Universities for the Future od Europe, con altri otto atenei), l’università di Palermo e l’Accademia delle Belle Arti di Roma.

Che differenze rispetto all’Erasmus

“I campus interuniversitari” sono nati nell’ambito del programma Erasmus, che non verrà meno, ma anzi sarà ampliato: “Erasmus, partendo da accordi tra singole università, permette al singolo studente di scegliere un corso di studi da seguire in un ateneo in un paese estero, dove trascorrere un periodo (tipicamente un semestre o due). Con le Università europee, invece, le opportunità si moltiplicano e aumenta la libertà di poter scegliere quali corsi, per quanto tempo e dove seguirli, all’interno delle varie cordate” spiega Roberto Zanino, delegato del Rettore per le Relazioni Europee del Politecnico di Torino. “Con Erasmus c’è più rigidità, a partire dal fatto che occorre partecipare a un bando, che esce generalmente a gennaio, e alle successive selezioni, in base a specifici corsi di studi. Con i ‘super campus’, invece, ipoteticamente uno studente italiano potrà seguire una parte di corsi, per esempio, alla Statale di Milano, un’altra in Francia alla Sorbona e magari presentare la tesi a Praga o decidere per un master in un altro paese ancora. Lo stesso varrà per un universitario di uno dei paesi dell’alleanza e per chiunque si iscriva a uno degli atenei del consorzio, da qualunque parte del mondo arrivi” aggiunge Baldi, che chiarisce: “La stessa mobilità riguarderà anche docenti e staff”.

In che lingua?

Fermo restando che l’inglese resta la lingua internazionale di base, gli atenei puntano a favorire anche uno scambio culturale: “Nel nostro caso si prevede di creare un Global Language Center: è chiaro che non possiamo imporre agli italiani di studiare il finlandese e viceversa, ma ci piacerebbe che l’esperienza che andranno a fare gli studenti includesse anche uno scambio culturale per apprendere i rudimenti della lingua del paese straniero” dice Zanino. A Milano l’Università Statale di Milano ha già attivo un centro di servizio linguistico per gli studenti stranieri con lo stesso obiettivo.

Parola d’ordine: “internazionalizzazione”

Ai giovani è richiesta, dunque, non solo la conoscenza di (almeno) una lingua straniera, ma anche la capacità di muoversi all’estero e confrontarsi con altre culture e competenze territoriali. “Le aziende tengono in molto in considerazione i progetti di esperienze internazionali, che sono indice di autonomia e capacità di sapersi costruire un curriculum, senza subirlo passivamente” dice la professoressa Baldi. “La mobilità permette di coniugare la missione educativa dell’università a più opportunità nel settore della ricerca, specie per un ateneo come il nostro, specializzato in ingegneria, architettura e design” spiega Zanino. Fra gli elementi più innovativi della proposta torinese c’è anche la creazione di una Scuola di Dottorato Europea. Particolare attenzione è rivolta al territorio, con sinergie con imprese e realtà locali “che nel nostro caso sono molto differenti tra loro e vanno dalla nostra a quelle, ad esempio, finlandese o portoghese” dice Zanino.

Quanto costerà iscriversi?

Le modalità di iscrizione non varieranno. A crescere sarà l’offerta degli atenei, anche grazie a un finanziamento europeo da 85 milioni di euro, 5 milioni per ciascun “super ateneo” per tre anni. La Statale di Milano, ad esempio, sta lavorando a una Summer School  e a nuovi corsi. “L’obiettivo, molto ambizioso, è arrivare a un titolo di studio raccolga in sé tutti gli atenei dell’alleanza” spiega Zanino. Perché questo avvenga ci vorrà ancora qualche tempo, ma le matricole che inizieranno l’anno accademico il prossimo autunno potranno già contare su alcune novità nel corso dei mesi e presumibilmente potranno accedere già ai master presso gli atenei delle European Universities. Nel frattempo si stanno mettendo a punto le modalità di rimborso delle spese per gli studenti che vorranno seguire corsi all’estero. Potrebbe esserci una selezione, come avviene per il programma Erasmus, “ma molto dipenderà dalla risposta degli studenti, che ci auguriamo sia amplia” dice Baldi, mentre Zunino aggiunge: “Il MIUR, non appena comunicati i nomi dei “super atenei” selezionati dalla Commissione, ha comunicato l’intenzione di aumentare i finanziamenti a sostegno della mobilità degli studenti.

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