La voglia di tornare a studiare “in presenza” non manca e anche le università sono pronte a ripartire. Esattamente come i programmi Erasmus che, a dispetto dell’emergenza sanitaria da Covid, hanno fatto registrare un aumento di richieste, con una crescita anche delle domande accolte (oltre 40mila). Segno che gli studenti sono pronti a ripartire, non solo studiando, ma anche viaggiando per il mondo dopo lo stop forzato dovuto alla pandemia e alla chiusura dei confini. «Stiamo monitorando la situazione nei paesi stranieri, perché gli atenei riapriranno nei prossimi giorni, ma continuiamo a consigliare l’esperienza Erasmus, perché i dati dicono che gli studenti che la provano hanno il doppio delle possibilità di trovare lavoro» spiega Sara Pagliai, coordinatrice per l’agenzia nazionale Erasmus INDIRE. La conferma che gli italiani hanno le valigie pronte arriva dalle domande per destinazioni estere che sono arrivate alle università del nostro paese dai propri studenti: nella sola Lombardia si è registrata una crescita di candidature dell’8,4% rispetto al 2019, con oltre 14.100 domande ricevute dal Politecnico di Milano, dalla Bocconi e dalla Statale. Persino l’Università degli Studi di Bergamo, ex focolaio, ha ricevuto 639 domande. Nel Lazio guidano la classifica degli atenei che hanno visto arrivare più domande per i programmi Erasmus l’Università la Sapienza, il Campus Bio-Medico e la Luiss. Ma come saranno le lezioni quest’anno nelle università italiane? E cosa e dove potranno studiare gli studenti Erasmus?

Come riaprono le università

Si potranno seguire le lezioni in presenza?

Sì, ma non con la piena
capienza delle aule che, al contrario, sarà ridotta del 50%. Per questo sarà
necessario prenotarsi se si vuole seguire una lezione. In caso di esaurimento posti,
sarà comunque possibile collegarsi in modalità “virtuale”, da remoto. Ogni
locale sarà poi sanificato a fine giornata.

Sarà necessario misurare la febbre?

Come per la riapertura
delle scuole, è previsto il divieto di ingresso per chi avesse una temperatura
superiore ai 37,5°C, ma la misurazione non sarà effettuata in ateneo, bensì
sarà a cura e responsabilità individuale.

Si dovrà indossare la mascherina?

Sì, l’uso della
mascherina sarà obbligatorio, nonostante il distanziamento nelle aule. Andrà
indossata anche negli altri spazi comuni degli atenei e ogni studente dovrà
provvedere a dotarsene in moto autonomo perché, a differenza delle scuole
primaria e secondarie, non è prevista la fornitura.

Si dovrà usare il gel?

Sì, appositi dispenser
saranno collocati all’ingresso di aule, laboratori e altri locali delle
università, come già avviene nei negozi e negli uffici pubblici.

Gli esami si svolgeranno regolarmente in presenza?

Sì, ad assicurarlo è
stato il ministro dell’Università, Gaetano Manfredi, che ha chiarito che «non si prescindere
dall’aula in presenza, ovvero il luogo in cui studenti e docenti si incontrano». Ciò non toglie che, in
caso di emergenza, si possano sostenere esami a distanza come accaduto durante
il lockdown.

Cosa succede se uno studente risulta positivo?

In caso di sintomi Covid,
lo studente sarà allontanato (ma è auspicabile che lo faccia autonomamente
prima che i sintomi sia aggravino) e dovranno essere informato il Dipartimento
di Salute pubblica competente territorialmente che, in caso di positività,
dovranno risalire alla catena dei contatti informandoli del rischio di contagio
e, se ritenuto necessario, sottoposti a tampone. Saranno sempre le autorità
sanitarie a decidere se sia il caso di sospendere temporaneamente le lezioni o
chiudere il corso.

Come riparte il programma Erasmus

Cos’è la mobilità mista?

«La cosiddetta mobilità mista o blended mobility consiste in un primo
periodo di apprendimento in modalità virtuale con il collegamento da remoto,
rimanendo nel proprio paese d’origine, con l’ateneo del paese di destinazione, al
quale seguirà l’esperienza fisica all’estero. Il tutto a condizione che le
condizioni sanitarie lo consentano – spiega Sara Pagliai – E’ una novità perché
non era prevista da alcun regolamento europeo. Si permette ai ragazzi,
laddove non se la sentano di partire o nel caso in cui le università non optino
per le lezioni in presenza, di “partire” in maniera virtuale, per poi
concludere con la mobilità fisica». Una volta all’estero si
dovrà frequentare obbligatoriamente l’ateneo straniero per almeno tre mesi
per poter accedere alla borsa di studio (due per chi fa il “tirocinio”
Erasmus).

Come e chi riceverà le borse di studio Erasmus?

Le borse di studio saranno erogate regolarmente per chi studierà all’estero e per tutto il periodo di frequentazione presso l’ateneo straniero. Non è previsto invece alcun contributo nella fase di apprendimento nel proprio paese di residenza, perché secondo le linee guida della Commissione UE lo studente non ha costi aggiuntivi da sostenere, come viaggio o affitto di un appartamento. Le università di accoglienza, invece, ossia le università che organizzano i corsi da seguire online, riceveranno un contributo comunitario per l’organizzazioni dei corsi.

In quali paesi si potrà studiare?

«Tecnicamente in questo momento in tutti i paesi perché le frontiere sono state riaperte dopo il lockdown. Ci sono però paesi, come la Spagna, dove non è ancora chiaro come riprenderà l’attività formativa. Un ragazzo potrebbe quindi scegliere di partire e, nel caso in cui l’università non dovesse fare lezioni in presenza, potrebbe seguire quelle virtuali continuando a ricevere la borsa di studio al 100% – spiega Pagliai – Noi stiamo monitorando, perché la maggior parte degli atenei riapre nelle prossime settimane, ma consigliamo agli studenti Erasmus di coordinarsi con l’università di appartenenza per capire quali siano le linee guida del paese estero e quali le singole scelte dell’ateneo partner».

Quali sono i paesi più “gettonati”?

Rimangono quelli tradizionalmente più richiesti, come
Spagna, Francia e Germania, ai quali si uniscono Portogallo e Regno Unito che è
ancora nella programmazione 2014-2020. Per il futuro, se intenderà rimanere nel
progetto, dovrà rinegoziare l’adesione mettendo risorse proprie come fanno
altri paesi che non sono nell’UE come Norvegia, Islanda o Turchia, che pure
rientrano nelle destinazioni Erasmus.

L’esperienza Erasmus “virtuale” ha lo stesso valore legale?

Il programma Erasmus ha mantenuto la piena operatività,
seppure con le limitazioni legate alla pandemia. Circa la metà dei 15mila
studenti che si trovava all’estero ha deciso di rimanere nei paesi di
destinazione e in generale il 90% ha proseguito l’attività in maniera virtuale,
anche tornando in Italia. A tutti è stato riconosciuto il valore legale dell’esperienza,
oltre a quello economico laddove non c’è stato il ritorno a casa.

Cosa accadrà in caso di un eventuale nuovo lockdown?

«Le
modalità saranno quelle adottate da marzo in pandemia. Grazie ai 30 anni del
programma Erasmus si sono create forti collaborazioni tra le università che
hanno permesso di trovare soluzioni alternative» spiega la coordinatrice di Erasmus – INDIRE.

Resta attivo anche il programma di tirocinio Erasmus?

Sì. Si tratta di un periodo di formazione presso un’azienda, come può accadere a uno studente di ingegneria, oppure nel caso di chi studia al conservatorio può consistere in alcuni mesi di esperienza formativa presso teatri di paesi stranieri.