Sicure che i 50 anni siano l’età dell’oro?

Siamo madri, “matrigne” e genitori dei nostri genitori: identità al cubo che compongono il complesso ritratto delle 50enni di oggi. Eppure, dice un nuovo libro, è questa la nuova età dell'oro

I 50 anni delle donne sono ormai pieni di stereotipi. Dalla menopausa felice alla nuova libertà di scommettere su se stesse, dal rimetteresi in gioco dopo un divorzio al cercare un nuovo lavoro, forse non rappresentano poi così tanto quella “golden age”, l’età dell’oro che ci raccontano. Non è facile vivere in equilibrio tra l’essere madri (sempre più “attempate”) e il diventare matrigne in famiglie allargate complesse e  numerose. E poi ci sono il lavoro da tenersi stretto e i genitori anziani di cui prendersi cura. Eppure secondo Michaela K. Bellisario e Claudia Rabellino Becce, rispettivamente giornalista/scrittrice la prima e avvocato divorzista la seconda, autrici di Felici a 50 anni (Morellini ed.), i Fifty rappresentano davvero un momento magico.

I “favolosi 50”?

Secondo il Census Bureau americano, in Europa entro il 2030 quasi metà della popolazione sarà costituito da cinquantenni. Le donne di quest’età in Italia oggi sono già 6 milioni, destinate a salire a 7,3 nel 2023. «Siamo una forza che avanza piena di potenzialità» dicono le autrici, che però citano anche il risultato di un sondaggio, Stereotipi e Over 50, secondo cui i figli ritengono che postare foto e video sui social non sia un’attività da madri, men che meno se over 50, ma solo da persone di una ventina d’anni in meno. Ma com’è cambiato il rapporto coi figli?

Madri sempre meno chiocce

Di sicuro nel nostro Paese si diventa madri sempre più tardi. Secondo gli ultimi dati una su quattro ha il primo figlio dopo i 35 anni, questo significa che a 50 i “pargoli” sono ancora adolescenti e vivono in casa. Questo non rischia di rendere le madri italiane ancora più “chiocce”? «In realtà credo di no, perché tra i vantaggi portati dall’età ci sono più maturità e consapevolezza, accompagnate da una minor paura. Certo i figli vanno accompagnati sull’uscio di casa, per poi essere lasciati andare» dice Claudia Rabellino Becce. La crisi economica e le minori certezze lavorative, però, portano a spostare sempre più in là il momento dell’indipendenza: «È vero e soprattutto in Italia, sia per le condizioni economiche, sia per la nostra cultura. Ancora oggi siamo molto distanti, ad esempio, dalla società orientale dove ci sono le madri-tigre, pronte a svezzare presto i figli, o da quella anglosassone, dove comunque i ragazzi lasciano casa già in età da college» spiega l’avvocato. Se però un tempo era diffusa la sindrome del “nido vuoto”, oggi sono proprio le madri a spingere i figli a uscire di casa.

Più felici quando il nido si svuota

Possibile che una donna oggi voglia avere quel nido un po’ più “vuoto”? «Un recentissimo sondaggio ha mostrato come le donne con figli sono più felici, ma solo quando questi se ne vanno di casa. Al di là del paradosso, è vero che oggi le 50enni sono più dinamiche, hanno una loro vita e se il figlio si rende indipendente anche la madre può godersi di più gli anni della maturità. D’altra parte proprio quando il nido si “svuota” diventano più frequenti separazioni e divorzi: quando non ci sono più i figli, le attenzioni si riversano sulla coppia e possono far deflagrare crisi che prima erano meno evidenti. Per questo parliamo di boom di divorzi silver» spiega Rabellino Becce, riportando la sua esperienza di avvocato divorzista.

I divorzi grigi e il bonus mother

Secondo l’Istat tra il 1991 e il 2018 i matrimoni finiti sono quadruplicati e la fascia d’età più interessata da separazioni e divorzi è quella tra i 55 e i 64 anni: «Sono definiti divorzi grigi o silver: il matrimonio oggi dura solo finché si è felici. Se finisce, però, le donne sono pronte a rimettersi in gioco anche e soprattutto a 50 anni, perché sono consapevoli che la vita si è allungata e hanno altri 30 anni davanti. Da qui nascono costellazioni familiari nuove» spiega l’avvocato. «Io stessa mi sono sposata a 49 anni, non avevo figli, ma oggi ho quello che Gwyneth Paltrow definisce il bonus mother» spiega Michaela K. Bellisario. Un tempo sarebbe stata definita “matrigna”, oggi che ha un marito che è padre di una ragazza di 13 anni avuta dal precedente matrimonio, lei rivendica con orgoglio il suo bonus mother: «A 20 o 30 si è più possessivi e simbiotici, a 50 il rapporto di coppia è differente perché si ha un maggior equilibrio, si è persone risolte. Io so qual è il mio posto, consapevole di dividere le attenzioni di mio marito con sua figlia per la quale però mi piace molto l’idea di poter essere un modello, insieme a quello della madre, da cui trarre ispirazione» spiega la scrittrice.

Genitori dei propri genitori

Sempre divise tra lavoro e famiglia, le nuove 50enni devono anche prendersi cura dei genitori. Secondo una ricerca di Valore D, condotta su un campione femminile tra i 55 e i 64 anni, oltre il 60% dice di avere difficoltà a conciliare vita professionale e privata, anche perché si veste un nuovo ruolo: «A questa età è vero che i figli sono cresciuti, ma spesso si diventa genitori dei propri genitori con l’assunzione di pesanti oneri di caregiving» spiegano le autrici.

Donne e lavoro: la lotta all’ageismo 

Anche il lavoro offre nuove sfide. Con la legge Fornero e lo spostamento dell’età pensionabile, alla fatica fisica spesso si unisce quella mentale. Sempre secondo l’analisi di Valore D, un terzo circa (36,9%) delle donne ha un alto livello di potenziale lavorativo e si sente realizzata, ma un altro terzo (36,1%) pur sentendosi attiva ha difficoltà psicologiche, mentre il 27% si sente smarrita, cioè percepisce un basso livello di realizzazione professionale e personale. «La flessibilità invocata per i giovani viene richiesta anche alle 50enni, ma per le donne è più complicato: oltre al gender gap c’è il cosiddetto ageismo, contro cui ha puntato il dito anche la popstar Madonna, cioè l’idea che una donna non più giovane non abbia più nulla da offrire» spiega Rabellino Becce, a cui fa eco Bellisario: «Occorre, invece, adattarsi al cambiamento e le donne hanno una grande capacità di reinventarsi, sia quando sono costrette perché magari perdono il lavoro o divorziano, sia perché – se possono permetterselo – a questa età vogliono rimettersi in gioco, partendo da un talento che può diventare una nuova professionalità. A 30 anni si è troppo prese dalla voglia di raggiungere obiettivi (matrimonio, casa, figli), a 50 si hanno invece più esperienza e coraggio nel lasciare andare alcune certezze. Noi citiamo molti esempi di donne a cui ispirarsi, insieme a una serie di consigli».

Primo tra tutti, avere dimestichezza con la tecnologia e la rete. Ad esempio, Work Wide Women è un progetto che offre supporto in termini di diversity management inclusion con corsi online a costi contenuti di marketing, blogging, motivazione, ecc. Anche su Ted Talks si possono trovare molte lezioni su temi vari. Insomma, l’importante è uscire dalla propria comfort zone, perché – per citare le autrici – «la panchina può aspettare».

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