Cosa sappiamo della variante sudafricana Omicron

Dopo i blocchi dei voli decisi dall'Italia e da altri Paese, si studiano la protezione dei vaccini già disponibili e nuovi farmaci

Era già nota in Sudafrica, dove è responsabile responsabile del 90% dei nuovi casi di contagio, ma è solo negli ultimi giorni che è arrivata anche in altri Continenti, compresa l’Europa. Anche in Italia c’è stato un primo caso: un manager 55enne campano, risultato positivo dopo un viaggio in Mozambico. Vaccinato con due dosi, ha scoperto la positività solo grazie a un tampone, a cui si era sottoposto per motivi sanitari a Milano, ma sta bene e dice: «Sono contento di essermi vaccinato». La famiglia è in isolamento, comprese le figlie, le cui classi a scuola sono in quarantena. Ma si moltiplicano le misure precauzionali, per arginare la diffusione della variante, di cui si studiano contagiosità e pericolosità.

Europa preoccupata: perché

La variante Omicron spaventa l’Europa e non solo: se a New York è stato deciso lo stato di emergenza, il Regno Unito (ma anche Israele e la stessa Italia, il Giappone e altri Paesi) ha scelto il blocco dei voli da diversi paesi africani, mentre per oggi il Governo di Londra, che ha la presidenza di turno, ha convocato una riunione d’urgenza dei ministri della Salute del G7. L’Oms ha esortato a non chiudere le frontiere, ma ha anche avvertito che la variante Omicron del coronavirus potrebbe avere “gravi conseguenze”, dopo aver classificato la mutazione come «preoccupante», come già accaduto per altre mutazioni come la Alfa, la Delta e la Delta Plus, responsabili delle recenti ondate pandemiche.

Gli esperti invitano alla cautela 

«Al momento non sappiamo ancora molto di questa nuova variante. I colleghi in Sudafrica stanno studiando i dati, ma è troppo presto per dire che la mutazione sia più aggressiva o eluda i vaccini. Anzi, il consiglio è proprio a proseguire nelle campagne di immunizzazione e a estenderle, come diciamo da tempo, anche ai Paesi africani, che rappresentano una sacca endemica di circolazione del virus» spiega Massimo Ciccozzi, epidemiologo dell’Università Campus Biomedico di Roma e tra i massimi esperti di varianti a livello internazionale.

Cos’è e che caratteristiche ha

Il nome scientifico è B.1.1.529 mentre ormai è nota come Omicron, dalla lettera dell’alfabeto greco, che viene seguito in questi casi (si è saltata la “Nu” per evitare confusione con la parola inglese “new” e la Xi, per non dare adito a polemiche data l’assonanza con il nome del presidente cinese Xi Jinping). Della nuova variante non si sa ancora molto, se non che sarebbe molto contagiosa. Dopo la segnalazione del primo focolaio in Sudafrica con circa 100 contagi cresciuti rapidamente, infatti, se ne sono registrati altri anche in Botswana, in altri 6 paesi del Continente e a Hong Kong; in quest’ultimo caso, si tratta di un viaggiatore proveniente proprio dal Sudafrica. Altre segnalazioni ormai arrivano da pressoché tutti i Paesi europei. L’Istituto Nazionale per le Malattie trasmissibili del Paese ha fatto sapere che «sebbene i dati siano limitati, i nostri esperti stanno facendo gli straordinari per comprendere la nuova variante e quali potrebbero essere le potenziali implicazioni».

 «Al momento sappiamo poco, l’Oms per ora l’ha classificata come variante “di interesse”. Il centro in Sudafrica dove la stanno studiando è molto attrezzato e competente. I colleghi al lavoro dicono che ha 32 mutazioni della proteina Spike, alcune delle quali del tutto nuove – spiega Ciccozzi – Bisognerà capire quali sono le caratteristiche».  

Più contagiosa e aggressiva? Per ora non ci sono dati

«Questa è la variante più significativa che abbiamo incontrato fino ad oggi e sono in corso ricerche urgenti per saperne di più sulla sua trasmissibilità, gravità e suscettibilità ai vaccini» ha spiegato Jenny Harries, amministratore delegato dell’Agenzia per la sicurezza sanitaria del Regno Unito (Ukhsa), che ha deciso per prima sospensione dei voli aerei con il Sudafrica. «Di certo sappiamo che “corre”: i colleghi sudafricani pensano che sia abbastanza aggressiva perché su 100 casi di contagio analizzati era presente in ben 75. Ma non sappiamo se sia più contagiosa della Delta, anche perché dobbiamo tenere presente che la percentuale di vaccinati in Sudafrica è appena del 15%» osserva Ciccozzi.

La variante e i vaccini

«Ovviamente con questi dati non è possibile dire se la nuova variante possa eludere la protezione del vaccino, a prescindere dal tipo di siero utilizzato – spiega l’epidemiologo – In Sudafrica avevano iniziato con AstraZeneca, poi sono passati a Pfizer, ma la percentuale è appunto troppo bassa. Per questo ripeto da tempo che occorre estendere le immunizzazioni a livello globale e soprattutto all’Africa, che rappresenta una sacca endemica di circolazione del virus».   

In ogni caso sia Pfizer che Moderna, le case farmaceutiche produttrici dei vaccini a mRNA, si sono dette pronte a mettere a punto nuove versioni efficaci contro la Omicron in poche settimane ed entro l’inizio del 2022.

Vaccinarsi per ridurre la circolazione del virus

Per gli esperti la possibilità di nuove varianti rende ancora più importante l’immunizzazione: «È così e non solo da noi, sia perché i vaccini proteggono dalle forme gravi e dai decessi, sia perché proprio un’elevata circolazione del virus favorisce la formazione di nuove varianti. Lo vediamo proprio dalla provenienza di queste mutazioni, che interessa Paesi con tassi di vaccinazione minimi» conferma Ciccozzi.

Il caso del Giappone: variante Delta “estinta”?

Va controcorrente, invece, il Giappone, dove la variante Delta si sarebbe “auto-estinta” dopo che diverse mutazioni del virus lo avrebbero reso incapace di replicarsi. Lo sostiene una ricerca del National Institute of Genetics, che parla di “un’estinzione naturale” del ceppo del coronavirus. Il Paese fino a pochi mesi fa settimane fa registrava circa 26mila casi al giorno, che nelle ultime settimane sono crollati a meno di 200 contagi al giorno e, per la prima volta da oltre un anno, non si sono avuti decessi.
Come è possibile? Secondo il professor Ituro Inoue, esperto di genetica, la variante Delta ha semplicemente accumulato troppe mutazioni nella proteina che corregge gli errori del virus e non è più in grado di replicarsi. «Da un punto di vista evolutivo è una teoria plausibile, che avrebbe i suoi fondamenti – commenta l’epidemiologo del Campus Biomedico di Roma – Un’altra possibile spiegazione è che si sia raggiunto un livello di cosiddetta “saturazione dei siti”, cioè il sito in cui si registra la mutazione è talmente saturo, pieno, che il virus non muta più perché ha più vantaggio a livello evolutivo. Questo significa che la variante in circolazione rimane quella dominante con la quale continuare a “convivere”».

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