Donna riccioli mangia pasta in cucina

Diabete, quanto contano il metabolismo e gli orari

Uno studio recente sul diabete mostra come mangiare di notte fa crescere l’indice della glicemia. Ecco cosa consiglia l’esperto, tenendo conto dell’età e del metabolismo

Mangiare di notte non fa bene. Era già stato detto da diversi esperti, ma ora arriva uno studio che mostra come i pasti notturni possono contribuire all’insorgenza del diabete, perché favoriscono l’aumento della glicemia. A pesare sono anche il passare degli anni e il metabolismo.

Lo studio sul diabete

Una ricerca, pubblicata su Science Advances, ha preso in esame due gruppi di giovani, senza patologie specifiche e cosiddetti night workers, cioè abituati a lavorare durante le ore notturne. Per due settimane i due gruppi hanno seguito un’alimentazione identica dal punto di vista delle calorie, con due pasti principali. La differenza, però, è stata che mentre il primo campione ha consumato gli alimenti a ritmi regolari, il secondo lo ha fatto nelle ore notturne. Il risultato è stato che tra i lavoratori notturni si è osservato un aumento consistente dei livelli di glicemia.

Perché mangiare di notte fa male

«Il problema dell’alimentazione e degli orari di assunzione dei cibi è molto complesso. Ciò che non va mai dimenticato è che esistono bioritmi che devono essere rispettati: si tratta di una sorta di orologio biologico. Chi non lo fa, a volte per necessità come i lavoratori notturni, va incontro necessariamente a un’alterazione del metabolismo» chiarisce Angelo Avogaro, professore ordinario di Malattie del metabolismo presso l’università di Padova e presidente eletto della Società italiana di Diabetologia. A risentirne, quindi, è l’azione dell’insulina, l’ormone che permette il passaggio degli zuccheri dal sangue ai tessuti (specie muscolari), che a loro volta li utilizzano come fonte di energia. Se questo passaggio non avviene, aumenta la glicemia che porta poi al diabete.

Il diabete oggi si combatte così

VEDI ANCHE

Il diabete oggi si combatte così

Cosa fare per evitare i picchi glicemici notturni

«Purtroppo gli effetti per i night workers e per chi ha crisi bulimiche notturne possono essere importanti. Il primo consiglio per evitarli è cercare di fare una colazione consistente alla mattina per poi lasciar passare un congruo numero di ore prima di mangiare nuovamente: sostanzialmente di prolungare il digiuno durante il giorno. Oppure, se questo non è possibile, l’alternativa sarebbe di ridurre il contenuto calorico complessivo. La restrizione dovrebbe essere tra il 30 e il 50% del contenuto di calorie, mantenendo invariati alcuni macroalimenti come le vitamine» spiega l’esperto. «Va detto che è dimostrato che le molte diete cosiddette “allunga-vita” (chetogenica, a zona, Hatkins o del digiuno intermittente) possono portare a un dimagrimento o a benefici più o meno consistenti in termini di glicemia o colesterolo, ma nessuna è risultata efficace quanto la dieta Mediterranea».

“Colpa” del metabolismo

L’azione dell’insulina nell’insorgenza del diabete, dunque, è nota ed è a sua volta legata al metabolismo, che cambia a seconda delle ore del giorno e della notte, ma anche dell’età: «Nell’arco delle 24 ore ci sono oscillazioni dell’insulina, legate a motivi genetici: la maggior resistenza all’insulina al mattino ha a che fare con l’esigenza di alzarsi e – una volta – andare a caccia, o comunque essere più reattivi, mentre alla sera e notte sono più attivi alcuni ormoni “controregolatori”, che tendono ad aumentare la glicemia, specie tra l’1 e le 2» spiega Avogaro. Inoltre, conta anche il fattore età.

Cosa mangiare in base alla tipologia fisica (e agli ormoni)

VEDI ANCHE

Cosa mangiare in base alla tipologia fisica (e agli ormoni)

Quanto conta l’età

L’ultima ricerca è stata condotta su due gruppi di giovani, ma gli anni influiscono sul metabolismo: «Intanto, dopo i 60/65 anni c’è un progressivo incremento della glicemia specie al mattino, per cui capita che questa sia persino maggiore a inizio giornata che non dopo i pasti. Questo è dovuto un po’ al fatto che ci si muove di meno e cala la massa muscolare, che porta a una maggiore resistenza all’insulina (e quindi a un aumento della glicemia); un po’ per il progressivo “deterioramento” delle cellule stesse deputate all’azione dell’insulina, quindi a fattori biologici» spiega l’esperto. «Quello che si può fare è però mantenere un certo livello di attività quotidiana, che non significa necessariamente fare sport. Come dimostrato da diversi studi, anche le semplici azioni giornaliere, come portare fuori il cane o fare una passeggiata, permettono di mantenere un certo stato muscolare che è alleato dell’insulina: non va dimenticato, infatti, che la contrazione dei muscoli favorisce l’ingresso del glucosio dal sangue alle cellule muscolari stesse. A sua volta il movimento, anche blando, consente di tenere sotto controllo il peso».

Cosa vuol dire avere il diabete a 20 anni

VEDI ANCHE

Cosa vuol dire avere il diabete a 20 anni

L’importanza di pasti a orari regolari

A tutte le età, poi, non bisogna dimenticare l’importanza di pasti regolari e bilanciati, quindi sia negli orari che nelle quantità e nella suddivisione dell’apporto nutrizionale: «È importante rispettare il bioritmo, ma anche la qualità di ciò che si mangia. In particolare, non devono mancare i carboidrati, ma vanno privilegiati quelli a basso indice glicemico, come gli integrali; le proteine devono esserci, ma non in quantità eccessiva per non sovraccaricare i reni, mentre i grassi dovrebbero essere monoinsaturi come l’olio di oliva. Il tutto senza perdere il buon senso: qualche piccola trasgressione ogni tanto è concessa, rispetto a diete troppo rigide che possono portare a un’eccessiva diminuzione della massa muscolare» conclude Avogaro.

Come riconoscere il diabete giovanile

VEDI ANCHE

Come riconoscere il diabete giovanile

Cos’è il cerotto per il diabete

VEDI ANCHE

Cos’è il cerotto per il diabete

Riproduzione riservata