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Intervista a Eugenia Carfora, preside della scuola di Caivano

Abbiamo intervistato Eugenia Carfora, la preside della scuola di Caivano, dove abitava la piccola Fortuna Loffredo. Qui racconta come vivono i bambini nel Parco verde, una delle tante periferie di Napoli. Dove lei lotta per tenere aperta la scuola

Eugenia Carfora è la preside di “ferro” dell’istituto Viviani-Papa Giovanni di Parco verde, a Caivano, a pochi passi dal palazzo dove si è consumato il brutale omicidio della piccola Fortuna Loffredo.

I bambini di Caivano sono adulti

“A Caivano io non ho mai visto bambini, qui nascono solo adulti” ci dice la preside. Eugenia lavora nelle scuole di questo rione dal 2007 – una periferia della periferia di Napoli – eppure dice che bambini a Parco verde non ne ha mai incontrati. “Non c’è un confine vero tra l’età adulta e l’infanzia. Se viene qui e parla con i ragazzi di scuola media si sentirà una povera ingenua. Loro sono già grandi, sono svegli, sanno molto e vivono tutto. Non devi trattarli come bambini, perché non lo sono”, spiega.

La lotta della preside contro l’omertà

Da settembre la sua scuola sarà soppressa: il dimensionamento della Regione Campania prevede che gli alunni e i docenti dell’istituto Viviani-Papa Giovanni vengano divisi in altre quattro scuole. Una decisione della politica locale contro cui Eugenia Carfora sta lottando con tutte le sue forze. Pochi giorni fa ha inviato una lettera anche al ministro dell’Istruzione. “Mi fa rabbia vedere dissipate, triturate ed infangate le energie rese per far vivere questa scuola”, racconta. Quando Eugenia Carfora è arrivata a Caivano, nove anni fa, nelle aule c’erano più materassi e birre che banchi. Col tempo quell’edificio ha conquistato l’aspetto di una scuola. In questo quartiere dove regna l’omertà e le regole da rispettare sono quelle della malavita, Carfora rompe il silenzio con la legalità.

Qui l’evasione scolastica è altissima

“Io faccio e tu non vedi. Qui funziona così. L’evasione scolastica è altissima. La mattina – svela la preside – vado a citofonare a casa dei ragazzi per portarli in aula”. I bambini nascono e crescono all’interno di un sistema consolidato, lo respirano e lo vivono da subito, tanto da non coglierne le differenze. “I miei alunni con naturalezza mi dicono che non vengono a scuola perché devono andare al “colloquio”, cioè dalla mamma o dal papà che le guardie gli hanno portato via”.

A Parco verde c’è pedofilia come in altre parti d’Italia

Spaccio, microcriminalità, madri molto giovani e famiglie divise dal carcere sono quello che abita questi casermoni di colore verde, da cui deriva il nome del quartiere. “Questo è un luogo difficile come altri d’Italia, in questo luogo ci sono casi di pedofilia come in altre città, ma la differenza sta nel fatto che qui nessuno fa niente perché tutto deve rimanere così com’è. Ora il Parco è allarmato – conclude Eugenia Carfora –  questa attenzione, dovuta al caso di Fortuna, potrebbe accendere le luci anche su altre cose”.

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