Perché in Italia non si possono conservare le staminali di un figlio?

Sembra una cattiveria inutile. Nel nostro Paese è vietato    custodire le cellule del cordone ombelicale del proprio piccolo. Eppure sono salvavita. La legge consente solo di donarle: le userà chi ne ha bisogno. Ma, dalla Panicucci ad Ambra, aumentano le mamme che si rivolgono all'estero per fare questa "polizza sul futuro" del loro bambino. Chi ha ragione? Inchiesta su un tema che divide tutti. Anche gli esperti

La notizia ha fatto subito il giro del mondo, con l’effetto di uno strepitoso spot a favore della scienza: i principi Felipe e Letizia di Borbone hanno affidato il sangue del cordone ombelicale della loro piccola Leonor a una banca per la conservazione delle staminali, a Tucson, in Arizona. Oggi nessuno teme per la salute della paffutella Infanta di Spagna, si tratta di un investimento futuro. Quella preziosa sacca congelata a 196 gradi sottozero rappresenta una specie di assicurazione sulla vita per la probabile maestà. Contiene infatti cellule molto speciali, le staminali, capaci di differenziarsi in globuli rossi, globuli bianchi e piastrine, indispensabili per la cura di malattie gravi come le leucemie. Forse a Leonor quel tesoro biologico non servirà mai; in caso contrario saprà dove trovarlo: a Tucson, appunto.

Ma perché spedirlo così lontano? Semplice: se è destinato solo al proprio bambino, cioè a un uso personale, la legge spagnola, al pari di quella italiana, non consente di conservare il sangue del cordone nel proprio Paese. È permesso, però, spedirlo all’estero, dopo aver ottenuto il nulla-osta del ministero della Sanità. Suona come una punizione. Che senso ha? «La conservazione delle staminali ha costi elevati per il sistema sanitario, quindi bisogna stabilire delle priorità» spiega Paolo Rebulla, responsabile della Milano Cord Blood Bank presso l’ospedale Maggiore del capoluogo lombardo, una delle 15 banche di raccolta delle staminali della rete nazionale Italgrace. «In Italia le regole sono fissate da un’ordinanza dell’ex ministro Girolamo Sirchia che, giustamente, autorizza  la donazione del sangue del cordone a favore della collettività. Una famiglia ha diritto a conservare le staminali di suo figlio in una banca pubblica solo se servono a curare con un trapianto un fratello già ammalato.

Allora le spese sono a carico dello Stato. Negli altri casi deve rivolgersi a una banca privata straniera». Ma come si fa a convincere una madre che è meglio donare subito le staminali per aiutare un bambino sconosciuto e gravemente malato, piuttosto che “tenerle in cassaforte” per il suo bambino? «Basterebbe spiegarle che ci sono pochissime probabilità che il figlio, un giorno, abbia bisogno di quelle cellule: una su settantamila» dice Carolina Sciomer, presidente dell’Adisco, l’Associazione donatrici italiane sangue cordone ombelicale. «In quel caso, tra l’altro, potrebbe ricorrere alle staminali di un donatore compatibile tra tutti quelli che affluiscono alla rete mondiale delle banche».

È una “polizza” antimalattie

«Anche ci fosse una sola possibilità, voglio che mia figlia riceva le cure migliori»  replica la showgirl Federica Panicucci, che cinque mesi fa ha preferito “impacchettare” il sangue di Sofia e spedirlo oltreoceano. Al prezzo di 2.400 dollari, più un canone annuale di 125. «Quand’ero incinta» spiega «ho letto un’intervista a Sonia Raule, la moglie del manager Franco Tatò che ha affidato il sangue del cordone a una banca americana, la ViaCord di Boston. Così mi sono decisa». Organizzare la spedizione è stato semplice. «Ho chiesto l’autorizzazione alla Direzione della prevenzione del ministero della Salute, dove ho trovato persone competenti e veloci: nessun intoppo burocratico» dice Federica. «Nel frattempo la ViaCord mi ha inviato per posta il kit per la raccolta del campione. Quando Sofia è nata, il mio ginecologo ha estratto con una siringa il sangue dal cordone e l’ha riversato nella sacca sterile del kit. Un corriere speciale, poi, ha portato il campione in Massachusetts, dove è tutt’ora conservato. Ci resterà per altri 75 anni».

Ma cosa se ne farà la piccola Sofia di queste cellule congelate? Per il momento nulla, sono una speciale “polizza” in caso di malattia. Dal 1988 le staminali del cordone sono considerate una buona alternativa al trapianto di midollo osseo. Vengono usate in malati di leucemie, tumori, gravi anemie o errori congeniti del metabolismo, per dar vita a nuove famiglie di cellule sane. I ricercatori sperano di utilizzarle in futuro per curare anche malattie degenerative come l’Alzheimer, il Parkinson, la sclerosi multipla. «I trapianti con cellule del cordone hanno la stessa efficacia di quelli con staminali del midollo, e qualche vantaggio in più» spiega Lillo Ciaccio, direttore della banca siciliana del cordone a Sciacca, in provincia di Agrigento, la più grande d’Europa. «Il prelievo di cellule dal midollo osseo, infatti, è un intervento invasivo, che si pratica in anestesia, mentre il prelievo dal cordone si esegue quando questo è stato reciso, quindi è indolore. Non solo: le staminali  del cordone richiedono una compatibilità inferiore tra ricevente e donatore».

Con il trapianto autologo, cioè con le  cellule del proprio cordone ombelicale, c’è un vantaggio in più: non esiste il problema del rigetto. «Questo tipo di intervento, noto per la cura delle leucemie e linfomi, ha un alto indice di successo» sostiene l’oncologo Umberto Veronesi. Quindi non è così assurda l’idea di conservarle per i propri figli? Per Veronesi non lo è affatto. «Mi auguro che si possa organizzare questa operazione anche da noi» precisa «affidandola agli ospedali pubblici e affiancandole la raccolta di sangue placentare destinato alla donazione». Come accade già in Gran Bretagna, Germania, negli Stati Uniti. E accadrà presto anche in Spagna dove, dopo le polemiche per l’espatrio del cordone dell’Infanta, il ministro della Sanità Elena Salgano ha annunciato una modifica della legge.

Non donarle impoverisce tutti

L’ematologo Paolo Rebulla non è d’accordo: «Se un sistema sanitario incoraggiasse la conservazione delle staminali per il proprio figlio» avverte «ciascuno tenderebbe a tenerle per sé. In questo modo impoveriremmo la rete mondiale delle banche di cordone, mentre la forza del network sta proprio nel numero dei donatori. Più grande è, maggiori sono le chance di reperire il sangue “giusto” per quel ricevente». «Oggi invece molte donne non sanno neppure che si può donare il sangue placentare» sostiene Carolina Sciomer. «Su 600 mila bambini nati ogni anno nel nostro Paese, ci sono solo 30 mila cordoni conservati. La maggioranza viene buttata via». Anche perché spesso le donne che vorrebbero donare il cordone non riescono a farlo. «La raccolta del sangue in ospedale veniva effettuata solo tra le 9 e le 11 del mattino» racconta la conduttrice tv Ambra Angiolini. «Purtroppo ho partorito in un orario diverso. Adesso che sto per mettere al mondo il secondo figlio, sceglierò un centro che consente di conservare il suo cordone all’estero: la SmartCells, di cui faro anche da testimonial. Perché custodire le staminali del proprio bimbo deve essere un diritto».

Libertà di scelta alle famiglie

Resta una domanda che più di tutte assilla i genitori: cosa fare se il figlio per caso si ammala e loro avessero donato il suo cordone a una banca? «Nulla vieta di rintracciare il sangue di quel bambino, nel malaugurato caso in cui ne avesse bisogno, lui stesso o un suo familiare» chiarisce Rebulla. Esistono dei precedenti. «Una madre siciliana aveva donato il cordone, ma un anno dopo il suo piccolo è stato colpito da un tumore infantile» racconta il direttore della banca di Sciacca. «Il trapianto con le sue staminali gli avrebbe salvato la vita. Così abbiamo subito rintracciato il campione e gliel’abbiamo restituito». «Le famiglie, però, devono essere libere di scegliere se tenere o donare quelle cellule» sostiene Cinzia Caporale, biologa, vicepresidente del Comitato nazionale di bioetica. «Questo non esclude mediazioni che soddisfino le esigenze del proprio bambino e degli altri piccoli malati. Chi vuole conservare le staminali per il proprio figlio in una banca pubblica italiana, per esempio, potrebbe donarne una parte. Non è impossibile. Sono già in corso esperimenti per moltiplicare queste cellule in vitro fino a 60 volte». Un altro miracolo della scienza.

Come donare, o conservare, le staminali
Ma come si fa a donare il cordone? In Italia 256 ospedali raccolgono le staminali e le depositano in banche specializzate. Per sapere quali sono, telefona all’Adisco (06-20903895). Se preferisci conservare le cellule per tuo figlio, puoi rivolgerti alle banche straniere rintracciabili su Internet. Come la SmartCells, che ha uno sportello in Italia (tel. 06-44243328).

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