«È vero, ho sempre rubato la mia parte di gioia. A tutto e a tutti». Il viso è quello bello e delicato di Tecla Insolia, l’abito nero con il collo di pizzo bianco, la bocca a forma di cuore, gli occhi grandi. Si confessa allo spettatore e non solo. Non sappiamo perché lo fa (lo sapremo solo alla fine). Valeria Golino, la regista di questo bel film in due parti che arriva al cinema il 30 maggio e il 13 giugno e poi va in onda in 6 episodi su Sky che lo produce, ha preso L’arte della gioia di Goliarda Sapienza (se lo volete leggere è uscito per Einaudi) e l’ha plasmato, mantenendosi fedele al romanzo, alla sua storia, al suo messaggio.
La trama di L’arte della gioia
Protagonista è Modesta, una bambina povera nata il 1° gennaio del 1900. Povera ma affamata di vita. Vuole conoscere le cose, vuole imparare, sente l’urgenza del desiderio. La vita scorre nel suo piccolo corpo come un cucciolo ribelle. Una terribile tragedia la porta a trovare rifugio fra le mura di un convento dove impara a leggere e scrivere, a ricamare, a suonare il piano, ma anche la rinuncia e le privazioni sotto l’ala protettrice di Madre Leonora, una suora affascinante e indecifrabile. Modesta ne è attratta, come sarà poi anche da altre figure femminili di cui cerca di imparare la forza e l’intraprendenza. Ma ogni volta le supererà, come anche affronterà chiunque si metta d’ostacolo alla sua ricerca di autodeterminazione e felicità. Finirà nella villa della principessa Brandiforti dove otterrà sempre più potere e poi a Catania. Felice. Perché finalmente riesce a vedere il mare.
Una donna che vuole desiderare
Ma chi è in fondo Modesta? Una donna piena di desideri legittimi. Desiderosa di imparare, di migliorarsi, di amare, di provare desiderio sessuale, di avere potere, di comandare. L’essere donna non la limita, anzi. Ai diktat e alle proibizioni, al patriarcato e alle ipocrisie, ai limiti imposti dalla società lei risponde con l’intelligenza e l’astuzia. Niente riesce a fermare la sua voglia di libertà. In fondo cosa chiede di diverso da quello che gli uomini già hanno in questo mondo? Si innamora molte volte, non si lega a nessuno. E un uomo sì poi lo cerca, ma solo per poter avere un figlio. «Quante volte mi sono innamorata? Tutte le volte che è stato necessario. Loro avevano Dio, io volevo la vita». Così l’ha immaginata Goliarda Sapienza, scrittrice originale e complessa, moderna e anticonformista.
Un libro scandaloso, un film moderno
Il libro, l’opera più famosa di Goliarda Sapienza e oggi considerata uno dei romanzi più importanti del 1900, è rimasto per tanti anni senza editore. Goliarda Sapienza l’aveva iniziato nel 1967, lo ha finito nel 1976. Solo la prima delle quattro parti che lo compongono uscì quando lei era ancora in vita. Tutto intero fu pubblicato da Stampa Alternativa solo nel 1998, due anni dopo la sua morte. Per alcuni editori era considerato troppo tradizionale, per altri immorale. Difficile trovarne una vera collocazione. Forse solo adesso, a distanza di tanti anni, si riesce a cogliere la sua complessità, quello che Goliarda Sapienza voleva dire, l’urgenza della storia, la sua modernità, il racconto di questa donna che era femminista senza esserlo, sicuramente senza saperlo. Valeria Golino ne fa a suo modo un’eroina, una donna che combatte contro tutto e contro i tempi e che comunque trova sempre la solidarietà delle altre donne, anche quando esse stesse diventano le sue vittime. Come Jasmine Trinca, la madre superiora del convento, come Valeria Bruni Tedeschi, la principessa, come Alma Noce, la principessina “cavallina”. Donne che si attraggono, che si rispecchiano l’una nell’altra, che in fondo si amano.
Un inno alla libertà
Goliarda Sapienza era una precorritrice dei tempi, e il suo L’arte della gioia è «Un inno alla libertà, all’autodeterminazione e all’autocoscienza» dice Valeria Golino che ha appena presentato il film al Festival di Cannes. «L’Arte della Gioia ci porta in una Sicilia che conosciamo, una terra dura, aspra, spietata, ma divisa da mille recinti, che tracciano confini tra uomini e donne, ambizioni e aspettative sociali, servi e padroni, eletti e rinnegati. Nei primi anni del 900, Modesta combatte sola, guidata dal suo istinto, una battaglia che tutte le donne continuano a intraprendere molti anni dopo. La sua battaglia è innanzitutto un percorso di presa di coscienza del ruolo della donna, guidato da un’insaziabile sete di libertà». Ed ecco perché il libro oggi è considerato uno dei libri fondamentali nelle librerie femministe e perché guardare oggi il film è di una straordinaria attualità. Un film classico e straordinariamente moderno, a tratti brullo e brutale, in altri leggiadro e prezioso. Sempre coperto da un sottile velo bianco impalpabile che non attende altro che essere strappato.