C’è un libro che ti ha conquistata al punto da non riuscire a smettere di leggere? Raccontacelo mandando una mail a [email protected]


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– Storie che fanno riflettere
Klara, il robot che impara a poco a poco cos’è l’amore
di Isabella Fava

Una distopia che distopia non è. Sebbene affronti tematiche che possono apparire spaventose come i robot, l’intelligenza artificiale e il potenziamento della specie, Klara e il sole del premio Nobel Kazuo Ishiguro è in realtà un romanzo che parla di amore. Ma procediamo con ordine: Klara è un AA, un Amico Artificiale, un cyborg dotato di pensieri e capace di apprendere sentimenti. Guarda il mondo dalla vetrina di un negozio finché un giorno una ragazzina, Josie, la sceglie come compagna e convince la mamma a comprarla e portarla a casa. Josie è malata, Klara è stata presa per farle compagnia e avvisare i genitori in caso di pericolo. Diventa una della famiglia, apprende come farebbe un bambino le sfumature dell’anima, decodifica espressioni, toni della voce, sensazioni, scopre cos’è l’amore attraverso i gesti della Madre e del Padre di Josie e i discorsi e la complicità dell’amico di sempre Rick. Il sole è il suo nutrimento, es- sendo Klara un robot alimentato dalla luce, ma non solo: sarà a lui che Klara si rivolgerà quando le cose si faranno difficili, a lui dedicherà il suo sacrificio per fare in modo che le situazioni si evolvano. Non si può svelare di più della trama di un romanzo che prende il volo a poco a poco e che tocca il culmine alla fine, spingendoci a riflettere su grandi temi etici. Cos’è l’intelligenza artificiale? Quanto è capace di apprendere un robot? Può provare emozioni? Quanto è “umano”? Ci sono poi domande ancora più universali che nascono durante la lettura: sulla vita e la morte, sui limiti della scienza, sul senso del sacrificio… «Tu credi al cuore umano?» chiede il Padre di Josie a Klara. «Tu credi che esista? Qualcosa che rende ciascuno di noi unico e straordinario?». Leggendo, scoprirete questo e tanto altro.

Kazuo Ishiguro, Klara e il sole (trad. di Susanna Basso), Einaudi, € 19,50


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– Storie che emozionano
Cinque ragazzini e un sogno: diventare eroi
di Alessandra Cipelli

Non c’è niente di paragonabile agli amici d’infanzia. Magari ci si perde, ma prima o poi ci si ritrova tutti. Come nel romanzo di Amir Gutfreund Per lei volano gli eroi (sì, alla parte finale è ispirata la serie tv When Heroes Fly), che ci porta in un quartiere popolare di Haifa, Israele, dove crescono Arik e i suoi amici Zion, Yoram, Benny e Gideon. Loro giocano a pallone nel campetto, i grandi commentano, profetizzano, litigano, ma è il 1967, la vittoriosa Guerra dei Sei Giorni si è conclusa da poco, il futuro di pace sembra a portata di mano. Le storie si intrecciano e conosciamo personaggi memorabili: il papà di Arik, operaio sempre stremato dal lavoro e sempre ottimista; la mamma, che parla solo 2 volte all’anno; Yankele, il misterioso sensale di matrimoni; lo zio Perez, socialista che in segreto diventa ultraortodosso. Ogni famiglia ha un passato unico: dai nonni di Arik, polacchi sopravvissuti alla Shoah, a quelli di Benny, sfuggiti ai pogrom di Baghdad, che vivono e cucinano delizie rimpiangendo la patria perduta (l’Iraq, mica Eretz Israel!). Poi arriva la guerra dello Yom Kippur con i 2.688 giovanissimi soldati uccisi, compreso l’eroe del campetto di calcio. Ma per i 5 ragazzi il giro di boa che porta via infanzia e sogni di pace è il servizio militare. Gli amici si perdono, la vita sembra averli scordati. Fino al momento del riscatto, quando finalmente diventano gli eroi che sognavano di essere da piccoli e partono in missione per riportare a casa Michal, la sorella di Benny rapita da una setta (straordinario personaggio, versione sexy della Mafalda di Quino). Ce la faranno? Lo scoprirete in fretta, questo è un libro che non si mette più giù. Non per la suspense, ma per l’umanità, la gentilezza e il senso dello humour tenerissimo di Amir Gutfreund. Non aspettatevi uno scrittore politico: lui era solo un vero scrittore. 
Amir Gutfreund, Per lei volano gli eroi (trad. di Raffaella Scardi), Neri Pozza, € 21


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– Storie che catturano
Doveva essere solo un libricino sullo yoga…
di Stefano de Laurentiis – @stefano_dl

Facciamo che non sia l’ultimo libro di Emmanuel Carrère. La novità che ci si sente quasi costretti a leggere. O che avremmo voluto leggere prima degli altri, magari prima di quella domanda un po’ così, sussurrata a bruciapelo: «Hai letto l’ultimo Carrère? Carino, però…». Allora facciamo che questo volume dalla copertina blu s’intitoli Yoga per bipolari e non semplicemente Yoga. È lo stesso autore a suggerirlo più o meno a metà racconto, quando riconosce che il libricino «arguto e accattivante» che si era ripromesso di scrivere sullo yoga ha preso tutt’altra piega. Lo stage di meditazione Vipassana («dieci giorni, dieci ore al giorno, in silenzio, tagliati fuori dal mondo: una roba tosta»), da cui prende le mosse il racconto autobiografico, è ormai un’esperienza chiusa, interrotta dall’attentato alla redazione di Charlie Hebdo, dove rimane ucciso anche l’economista Bernard Maris, compagno di una sua cara amica («Io ero il secondo nell’elenco degli amici scrittori di Bernard… Potevo rendermi utile, ed è per questo che si è deciso di esfiltrarmi»). Poi qualcosa cambia, improvvisamente («La mia vita, che credevo così armoniosa, così blindata … stava in realtà correndo verso la catastrofe, una catastrofe … scaturita da me, dalla mia possente tendenza all’autodistruzione»). Ritroviamo Carrère in una clinica psichiatrica per un episodio di depressione, in un quadro di disturbo bipolare di tipo II, e una terapia a base di ketamina ed elettroshock. E il saggio «arguto e accattivante sullo yoga» riesce a incastrarsi con il «nuovo progetto di autobiografia psichiatrica», anche se a prima vista non sembrano avere molto in comune. Lungo tutto il volume si troveranno una ventina di definizioni sulla meditazione («provenienti da un’esperienza di prima mano, anche se limitata»). E l’ultima, un po’ triviale, farà sentire Carrère «quasi bene».

Emmanuel Carrère, Yoga (trad. di Lorenza Di Lella, Francesca Scala), Adelphi, € 19 


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– Storie di leggerezza
Il mio libro cioccolatino
di Flora Casalinuovo

Io li chiamo “libri cioccolatino”. Sono quelli che ti regali a fine giornata e nel giro di poche pagine ti riconciliano con il mondo, perché sono dolci come una coccola, con la trama delicata e una galleria di personaggi che ti sembra di conoscere da sempre. E l’ultimo romanzo di Lorenza Gentile, Le piccole libertà (Feltrinelli), è proprio così. In primo luogo perché tutte noi scopriamo sin dall’inizio di avere, sotto sotto, qualcosa in comune con Oliva, la protagonista: un lavoro scelto dietro le insistenze della famiglia, un fidanzato affidabile (e poco importa se non ti fa battere davvero il cuore), l’ennesima dieta miracolosa da provare e, ovviamente, qualche sogno di gioventù rimasto sepolto nel cassetto. Una routine tutto sommato rassicurante, quella di questa buffa 30enne, nella quale però un giorno si fa spazio il mistero. Ha la forma di una lettera firmata dalla zia Vivienne, che Oliva non vede da anni e che la invita a Parigi per una questione di massima importanza, senza specificare di più. La giovane sembra non aspettare altro e si infila sul primo treno per la Francia. Peccato che, una volta a destinazione, della zia non ci sia nemmeno l’ombra. Ad aspettare Oliva, in compenso, c’è una carrellata di uomini e donne meravigliosi, che gravitano intorno alla mitica libreria Shakespeare and Company (esiste davvero, ed è uno dei luoghi più suggestivi che ci siano: visitatela, quando potete). Toccherà a loro aiutarla a vincere le sue piccole fobie e a riconquistare, in cambio, tante grandi libertà. Non spoilero oltre, ma vi consiglio questo libro con il cuore. Io ho amato il finale inaspettato, le descrizioni dei personaggi, vivide e genuine, e le riflessioni disseminate qua e là lungo la trama. Ne ho appuntate diverse, come propositi-mantra da mettere in pratica nei prossimi mesi. La migliore? Dire no quando dovresti dire sì e dire sì quando dovresti dire no.
Lorenza Gentile, Le piccole libertà (Feltrinelli), € 16


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Le braci: perché continuo a rileggerlo
di Gabriella Genisi – @gabriella_genisi 

«Ho letto tutto dello scrittore ungherese Sándor Márai, ma Le braci è il libro che ho amato di più» dice Gabriella Genisi, autrice di 2 serie di gialli cult: protagoniste, la vicequestora di Bari Lolita Lobosco (Sonzogno) e la marescialla dei carabinieri Chicca Lopez (Rizzoli) . «È una storia di passione, vendetta e sentimenti forti. Racconta di due amici che si ritrovano dopo 41 anni in un castello nei Carpazi, tra loro aleggia il fantasma di una donna che entrambi hanno amato e il loro diventa quasi un duello senza spade. La scrittura di Márai è incisiva come la lama di un coltello ed è a lenta cessione. Ogni volta che lo leggo, riscopro degli aspetti dell’animo umano che appartengono anche al mio vissuto, sentimenti in cui mi ritrovo». 

Sándor Márai, Le braci, Adelphi, € 11


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Una scrittrice da riscoprire: Anne Sexton
di Gianluca Favetto

Un’insaziabile fame d’amore. Era questo, Anne Sexton. Lo dicono le sue poesie. Nata in Massachusetts nel 1928 in una famiglia bigotta, giovane modella, chiusa in una vita borghese, affetta da disturbo bipolare, a 30 anni comincia a mettere la sua vita in poesia. Glielo consiglia un analista per uscire dalla depressione. Lei si espone, nei versi metabolizza sé e la propria malattia. Un marito. Diversi amanti. Due figlie. Due tentativi di suicidio. Anni di ricoveri in clinica. Gioielli, pellicce, insoddisfazione, emancipazione e molto alcol. Pubblica 7 raccolte di versi. Con la terza,
Live or Die, nel 1967 vince il Premio Pulitzer. Dopo avere a lungo corteggiato la morte, la raggiunge il 4 ottobre 1974. In pelliccia, un bicchiere di vodka in mano. Si chiude in garage e accende il motore dell’auto. Di lei La nave di Teseo ha appena pubblicato Il libro della follia, 39 poesie e 3 racconti, a cura di Rosaria Lo Russo. Dolente e spregiudicato. 


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– La tesi
Smettiamo di avere paura di traslocare 
di Elisa Venco – @venco.elisa

Perché è così emotivamente faticoso traslocare? Perché «significa contemplare tutto quello di cui abbiamo bisogno per dire “io”. E al contempo è un modo per liberarci di una parte di mondo che non ci appartiene più». risponde Emanuele Coccia, filosofo e veterano dei traslochi (ne ha ben 30 alle spalle!), nel suo nuovo saggio. Dove riflette sull’ambiguità profonda del rapporto con la nostra casa, che da un lato ci fa sentire riparati dal mondo e dall’altro ci isola. Ma questa ambiguità è frutto di una cultura che ci definisce in base a dove viviamo (centro o periferia, loft o alloggio popolare), che distingue tra noi e gli altri, mentre dovremmo considerare il Pianeta come un unico ambiente da tutelare. Per questo dovremmo concepire le nostre case come entità fluide, che rispecchiano il nostro mutare nel tempo e l’intrecciarsi delle nostre vite con quelle altrui. E smetterla di avere paura di traslocare. 

Emanuele Coccia, Filosofia della casa, Einaudi, € 15


8 di 10
– La citazione
«Giuda, me chiamano accà, perché porto
in dote a tutti dolore e tradimenti
da sessant’anni»

di Natalia Ceravolo @nataliaceravolo

Ambientato nell’immaginario paese di Merulana, Sangue di Giuda, esordio di Graziano Gala, mette in scena un reietto che vive solo con il suo vecchio gatto e con la tv sempre accesa. Quando gli viene rubato l’oggetto più prezioso, il televisore appunto, e tenta di procurarsene un altro, la sua strada s’incrocia con quella di Goffredo Mammoni, plenipotenziario del paese e aspirante sindaco. Nonostante tutti lo sviliscano, Giuda conserva una lucidità di pensiero invidiabile e una spiccata ironia. E il suo dialetto, urgente e reale, diventa un linguaggio universale, che comunica anche il non detto e avvicina le persone, compiendo una vera e propria magia. 
Graziano Gala, Sangue di Giuda, Minimum Fax, € 15,20 


9 di 10
– Segnalato da voi
Un paesino dove nulla è come sembra
di Silvia Marchesi – @smarche69

Non sono un’amante dei gialli, ma L’apparenza delle cose di Elizabeth Grundage mi ha conquistata. La storia parte dall’omicidio di una donna, Cathy, nella sua casa nella cittadina di Chosen. Vi si era trasferita col marito George e la figlia Franny, ma non sapeva che quella casa di campagna nascondeva un mistero… È un thriller costruito con continui flashback da cui si dipanano le storie dei vari personaggi. In una provincia americana che ricorda molto i romanzi di Kent Haruf.

Elizabeth Brundage,
L’apparenza delle cose,
Bollati Boringhieri, € 18,50


10 di 10
– Da regalare a un’amica
Vita di una femminista contemporanea
di Silvia Schirinzi

Rebecca Solnit è la giornalista e scrittrice che ha coniato l’espressione “mansplaining”, ovvero “uomini che mi spiegano le cose”, titolo di un suo libro del 2014 divenuto un testo fondamentale per chi si interessa di femminismo contemporaneo. Ora in libreria c’è la sua autobiografia, Ricordi della mia inesistenza, in cui Solnit ripercorre la propria vita e il modo in cui gli studi, le esperienze e le persone che ha incontrato a San Francisco – la città dove ha scelto di vivere da ragazza e che ha visto cambiare drasticamente – l’hanno portata a occuparsi di discriminazioni e violenze di genere. Anche questo libro, come tutti i precedenti, l’ha scritto alla scrivania bianca regalatale da una sua amica che è stata quasi uccisa dal suo compagno: per lei quella scrivania è un monito costante, ma anche una speranza. 

Rebecca Solnit, Ricordi della mia inesistenza, Ponte alle Grazie, € 16,80