Harvey Weinstein

MeToo, revocata la condanna per Harvey Weinstein: i motivi

La Corte d'appello di New York ha revocato la condanna dell'ex re di Hollywood a 23 anni di prigione nell'ambito del processo su presunti abusi sessuali

Colpo di scena nel caso Harvey Weinstein: la Corte d’appello di New York ha revocato la condanna dell’ex re di Hollywood a 23 anni di prigione nell’ambito del processo sui presunti abusi sessuali nei confronti di un’assistente di produzione televisiva e cinematografica nel 2006 e stupro di terzo grado per un’aggressione. La decisione non significa che il 72enne ex boss di Miramax stia per tornare in libertà: dal Mohawk Correctional Facility, dove è imprigionato dal febbraio 2020, Weinstein verrà trasferito a Los Angeles, dove deve scontare altri 16 anni per aver aggredito Evgeniya Chernyshova, un’ex modella.

La revoca della condanna di Weinstein

La decisione della Corte d’appello, presa a maggioranza di quattro contro tre da un collegio composto in maggioranza da donne, si basa su una serie di errori che avrebbe commesso il giudice del primo processo a Weinstein, James Burke: primo fra tutti, aver chiamato a deporre donne le cui accuse non erano parte delle incriminazioni nei confronti di Weinstein. “Il rimedio per questi errori è un nuovo processo“, ha stabilito la Corte. Sta ora al procuratore Alvin Bragg, già impegnato in un processo di alto profilo contro Donald Trump, decidere se tornare a mettere l’ex boss della Miramax di nuovo in stato di accusa: “Faremo quanto è in nostro potere e restiamo fermamente dalla parte delle sopravvissute agli assalti sessuali“, si è ripromessa a caldo la procura.

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Le deposizioni inammissibili contro Weinstein

Nel 2020 la modella e aspirante attrice Lauren Young, la star dei Soprano Annabella Sciorra e altre due donne, Dawn Dunning e Tarale Wulff, testimoniarono sui loro incontri con Weinstein sulla base di una legge statale che autorizza deposizioni su “precedenti malefatte” per dimostrare uno schema di cattivi comportamenti da parte dell’imputato. Deposizioni inammissibili secondo la Corte d’Appello: “Nel nostro sistema di giustizia l’accusato ha diritto a rispondere solo del crimine per il quale è stato incriminato”. La messa a punto è importante e potrebbe avere ripercussioni in un altro processo clamoroso in corso a New York: quello contro Trump per i pagamenti all’ex pornostar Stormy Daniels.

Lo shock delle leader del MeToo

Oltre cento donne avevano accusato nel 2017 Weinstein di reati a sfondo sessuale. Il loro racconto collettivo era stato la pietra angolare su cui si era fondato il movimento MeToo. In termini legali però la condanna a New York dell’ex boss di Miramax è sempre stata controversa e i ricorsi in appello dei suoi avvocati, secondo gli esperti, avevano sempre avuto una chance. L’ultimo verdetto è stato accolto con shock dalle leader del MeToo. “Dimostra quanto occorra ancora fare per mandare avanti i nostri ideali”, ha detto Jane Manning, ex magistrato e direttrice del Women’s Equal Justice Project, seguita da Ashley Judd che nel 2017 fu la prima a rompere l’omertà sui misfatti di Weinstein: “Noi sappiamo quel che è successo”.

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Un’accusatrice: “Avrebbero dovuto credermi”

La modella italo-filippina Ambra Battilana Gutierrez, che nel 2015 aveva accusato Harvey Weinstein di averle messo le mani addosso, ha commentato il rovesciamento della condanna dell’ex produttore di Hollywood. “Se la procura all’epoca avesse preso il mio caso sul serio, non saremmo qui”, ha detto. Secondo la Gutierrez, che ha poi deposto al processo del 2022 contro Weinstein a Los Angeles, “siamo davanti a una cronica incapacità del sistema della giustizia – e delle corti – di prendere sul serio le vittime e proteggerne gli interessi”. Nel 2015 la 31enne modella, su richiesta della polizia di New York, aveva accettato di nascondersi addosso un microfono e registrare un suo incontro con Weinstein, che in precedenza aveva accusato di molestie sessuali. L’operazione aveva portato a un’inchiesta sul conto di Weinstein, ma l’allora procuratore Cyrus Vance decise che non c’erano prove sufficienti per mettere Weinstein sotto processo.

“Lacrime di gioia” per Weinstein

Harvey Weinstein ha “pianto lacrime di gioia in prigione” quando ha appreso della cancellazione della sua condanna a New York. Lo ha detto la portavoce dell’ex produttore, Juda Engelmaye. “Era felice che qualcuno lo avesse finalmente ascoltato. E adesso aspetta di sapere dai suoi avvocati e dal sistema penitenziario quali sono i prossimi passi”, ha aggiunto la Engelmaye. In una conferenza stampa a New York, Arthur Aidala, l’avvocato dell’ex boss di Miramax, ha detto che ora “ricominceremo da zero con il nuovo caso”.

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