Amaro sfogo di Siri Hustvedt, la moglie di Paul Auster, che – in un post su Instagram – ha denunciato di essere stata “derubata” della “dignità” per le modalità in cui è stata diffusa dai media la notizia della morte dello scrittore americano. L’autore della “Trilogia di New York” è scomparso il 30 aprile per le complicazioni dovute a un cancro ai polmoni.

La notizia della morte di Auster diffusa dal New York Times

Il New York Times – il primo organo di stampa ad annunciare la morte di Auster – ha citato come fonte l’amica di famiglia e giornalista americana Jacki Lyden. Hustvedt nel suo messaggio non fa un diretto riferimento a lei o al giornale, ma lamenta di non essere riuscita a chiamare o inviare e-mail alle persone care per avvisarle prima che lo sapessero dai media.

“Necrologi prima che il corpo fosse portato via da casa”

“Sono stata ingenua, ma avevo immaginato che sarei stata la persona ad annunciare la morte di mio marito, Paul Auster”, scrive Siri Hustvedt descrivendo nei dettagli le circostanze della morte del marito, circondato dagli affetti: “È morto a casa, – si legge nel post – in una stanza che amava, la biblioteca, una stanza con libri su ogni parete dal pavimento al soffitto, ma anche alte finestre che lasciavano entrare la luce. È morto con noi, la sua famiglia, attorno a lui il 30 aprile 2024 alle 18:58. Poco dopo, ho scoperto che anche prima che il suo corpo fosse portato via da casa nostra, la notizia della sua morte circolava sui media ed erano stati pubblicati necrologi”.

Siri Hustvedt

La moglie di Auster: “Non so come è accaduto ma è sbagliato”

“Nè io, nè nostra figlia Sophie, nè nostro genero Spencer, nè le mie sorelle, che Paul amava come sorelle e furono testimoni della sua morte, abbiamo avuto il tempo di accettare la nostra dolorosa perdita – aggiunge la donna – Nessuno di noi è riuscito a chiamare o inviare e-mail alle persone a noi care prima che la notizia venisse diffusa online. Siamo stati derubati di questa dignità. Non so come ciò sia accaduto, ma so che è sbagliato”.

Gli ultimi giorni di Paul Auster

“Paul non ha mai lasciato Cancerland – prosegue il lungo post -. Si è rivelata essere, secondo le parole di Kierkegaard, la malattia mortale. Dopo che le cure avevano fallito, il suo oncologo gli propose una chemioterapia palliativa, ma lui disse di no e chiese l’hospice a casa. Molti pazienti sperimentano i danni del trattamento del cancro e alcuni guariscono, ma quelli che il mondo della medicina chiama educatamente “effetti avversi” diventano facilmente una realtà a cascata di una crisi dopo l’altra, causata non dal cancro, ma dal trattamento. Le immunoterapie, che agiscono a livello molecolare, possono essere particolarmente pericolose. Un ‘effetto’ può essere pericoloso per la vita e richiedere un intervento drammatico, che a sua volta provoca un altro effetto pericoloso per la vita, che richiede ulteriori interventi, e il corpo aggredito diventa sempre più debole”.

“Paul ne aveva avuto abbastanza – conclude Siri Hustvedt – . Ma non ha dato mai, né con le parole né con i gesti, alcun segno di autocommiserazione. Il suo stoico coraggio e il suo umorismo fino alla fine della sua vita sono per me un esempio. Ha detto più volte che gli sarebbe piaciuto morire raccontando una barzelletta. Gli ho detto che era improbabile e lui ha sorriso”.

Siri Hustvedt

Paul Auster, gigante della letteratura Usa

Paul Auster, uno degli scrittori più amati della letteratura statunitense contemporanea, è morto a 77 anni il 30 aprile scorso per le complicazioni di un tumore polmonare. La sua opera più celebre è la “Trilogia di New York” (1987). Fra gli altri titoli, “Moon Palace” (1989), “La musica del caso” (1990), “Il libro delle illusioni” (2002), “Follie di Brooklyn” (2005). I due ultimi romanzi pubblicati in Italia, tutti da Einaudi, erano stati “4 3 2 1” (2017) e “Baumgartner” nel 2023. Sempre nel 2023 ha pubblicato il saggio-romanzo “Ragazzo in fiamme. Vita e opere di Stephen Crane”. La vita di Auster fu segnata da numerose tragedie familiari, a partire dalla scomparsa del figlio Daniel a 44 anni per overdose; sei mesi prima l’uomo era stato incriminato per la morte della figlia di soli 10 mesi, Ruby, trovata in casa già in coma per overdose di fentanyl ed eroina.