Il Regno Unito potrebbe presto introdurre una nuova misura fiscale nella sua battaglia contro l’obesità infantile. Il governo britannico ha, infatti, lanciato una proposta per estendere la cosiddetta «sugar tax», attualmente applicata alle bevande gassate, anche a una gamma più ampia di prodotti zuccherati. Tra questi ci sono milkshake, frullati e bevande a base di latte, comprese le varianti vegetali come quelle all’avena o al riso. Il piano, presentato dal Tesoro britannico, è ora in fase di consultazione pubblica e potrebbe segnare un importante cambiamento nelle politiche sanitarie del Paese.
Nuove regole per limitare il consumo di zucchero
L’iniziativa nasce con l’obiettivo di spingere l’industria alimentare a ridurre la quantità di zucchero contenuta nei propri prodotti. E anche quello di promuovere abitudini di consumo più salutari, in particolare tra i più giovani. Secondo il documento presentato dal ministero delle Finanze, la modifica della normativa vigente andrebbe a incidere su una categoria di bevande finora esentata dalla tassa per via del loro contenuto di latte, considerato una fonte importante di calcio per i bambini. Tuttavia, i dati raccolti dal governo mostrano che solo una piccola percentuale del fabbisogno di calcio dei più piccoli (il 3,5%) è effettivamente coperto da queste bevande zuccherate. Di conseguenza, si ritiene che i rischi derivanti da un’eccessiva assunzione di zucchero superino i potenziali benefici legati all’apporto di calcio.
Il piano del governo contro l’obesità
Nel dettaglio, il governo sta valutando l’ipotesi di abbassare la soglia di zuccheri oltre la quale scatta la tassa. Dagli attuali 5 grammi per 100 millilitri a 4 grammi. Un cambiamento che potrebbe aumentare in modo significativo il numero di prodotti sottoposti al prelievo fiscale. Le stime indicano che circa il 93% delle bevande a base di latte confezionate oggi in commercio rientrerebbe nei criteri della tassa, se le modifiche venissero approvate.
Dalla SDIL alle nuove frontiere del contrasto all’obesità
L’idea di estendere la sugar tax non è nuova. Già nel 2023, la cancelliera dello Scacchiere Rachel Reeves aveva manifestato l’intenzione di prendere in considerazione una revisione dell’attuale Soft Drinks Industry Levy (SDIL), il sistema fiscale introdotto nel 2018 per ridurre il contenuto di zucchero nelle bibite gassate. Secondo il governo, la SDIL ha prodotto risultati incoraggianti: quasi il 90% delle aziende ha riformulato le proprie bevande per rientrare nei limiti imposti dalla normativa, riducendo significativamente la quantità di zucchero venduta e consumata. L’esecutivo spera che una strategia simile possa funzionare anche per i milkshake e le altre bevande ora sotto esame.
Le critiche e le preoccupazioni
Nonostante le buone intenzioni dichiarate, la proposta ha suscitato diverse critiche. L’Institute of Economic Affairs, uno dei principali think tank liberali britannici, ha definito la sugar tax «un fallimento evidente», sottolineando che simili misure non avrebbero prodotto risultati concreti nei Paesi dove sono state adottate. Secondo l’Istituto, estendere la tassa a nuove categorie di prodotti rischia di colpire i consumatori, soprattutto in un periodo di difficoltà economica come quello attuale. Alcuni osservatori hanno espresso preoccupazione anche per l’impatto che la misura potrebbe avere sui prezzi al dettaglio e, di conseguenza, sul costo della vita.
Una consultazione aperta al pubblico
Per ora, il governo ha aperto una fase di consultazione pubblica, che durerà fino al 21 luglio. In questo periodo, aziende, associazioni di categoria, esperti del settore e cittadini potranno inviare osservazioni, suggerimenti o critiche sulla proposta. Il risultato del confronto contribuirà a definire l’eventuale attuazione della nuova normativa. Qualora venisse adottata, la misura porterebbe a un cambiamento sostanziale nel mercato delle bevande dolci, costringendo i produttori a rivedere le proprie ricette e i consumatori a modificare le proprie abitudini. Si tratterebbe di un passaggio potenzialmente storico per la politica sanitaria britannica, che potrebbe anche fare scuola in altri Paesi europei impegnati nella lotta all’obesità.