Un recente studio pubblicato su una rivista scientifica internazionale lancia un allarme che suona fin troppo familiare. L’industria del gioco d’azzardo, secondo i ricercatori, avrebbe adottato strategie analoghe a quelle storicamente utilizzate dalle grandi multinazionali del tabacco. Tattiche raffinate, calibrate per minimizzare la percezione del rischio, indirizzare la ricerca, condizionare l’opinione pubblica e ostacolare la regolamentazione.
Il parallelismo tra gioco d’azzardo e tabacco
In occasione del ventesimo anniversario della Convenzione quadro dell’Organizzazione Mondiale della Sanità sul controllo del tabacco, il nuovo studio invita politici, operatori sanitari e accademici a una riflessione urgente. I prodotti legati al gioco d’azzardo, evidenziano gli esperti, stanno assumendo un impatto paragonabile ad altre minacce per la salute pubblica come alimenti ultra-processati, alcol, emissioni industriali e, appunto, tabacco. Il messaggio degli autori è chiaro: per contenere gli effetti di un danno prevenibile e sistemico servono interventi tempestivi e incisivi da parte dei governi.
Le analogie con l’industria del tabacco
Le analogie con l’industria del tabacco non si limitano a generiche similitudini. Lo studio documenta come le aziende del gioco d’azzardo ricorrano sistematicamente a tecniche di comunicazione e pressione già ben note: dalla produzione di contenuti pseudoscientifici alla sponsorizzazione selettiva di ricerche, fino alla promozione di una responsabilità individuale che sposta l’attenzione dai rischi sistemici ai comportamenti dei singoli. Negli Stati Uniti, uno dei mercati più redditizi, le scommesse sportive hanno visto un’espansione esponenziale: da 5 miliardi di dollari nel 2017 a oltre 120 miliardi nel 2023, con quasi tutte le transazioni gestite online. Un’espansione che ha avuto anche conseguenze sociali tangibili.
Gli effetti del gioco d’azzardo sulla salute pubblica
Le conseguenze della diffusione del gioco d’azzardo vanno ben oltre la dimensione economica. I ricercatori parlano di una vera e propria «epidemia industriale»: le dipendenze compromettono individui e famiglie, aggravano disuguaglianze sociali e sovraccaricano i servizi pubblici. Le ricadute spaziano da problemi finanziari e isolamento familiare, fino a disturbi mentali gravi e rischio suicidario. Ad aggravare il quadro è la vulnerabilità di specifiche fasce della popolazione: giovani, persone con basso reddito o in condizioni di disagio socio-economico sono le principali vittime di queste dinamiche.
La regolamentazione aggirata
Lo studio cita esempi concreti che mostrano come le politiche pubbliche siano state condizionate dall’influenza dell’industria. In particolare, il caso del Regno Unito è emblematico: la normativa varata nel 2005, fortemente influenzata da pressioni delle lobby, ha legittimato il gioco d’azzardo come forma ricreativa ed elemento dell’economia nazionale. Organismi di controllo finanziati dall’industria hanno finito per consultare e collaborare direttamente con le aziende soggette a vigilanza, rendendo difficile un’efficace regolamentazione. Alcuni enti creati per promuovere la responsabilità sociale si sono rivelati funzionali alla difesa degli interessi del settore, piuttosto che alla tutela dei cittadini.
Il peso della comunicazione
Tra le tattiche più insidiose vi è quella di finanziare campagne educative e di prevenzione, apparentemente rivolte al benessere collettivo, ma utili a deviare il dibattito dai problemi strutturali. Il messaggio veicolato è che il gioco è un’attività innocua, e che solo chi esagera ha da temere. Questa strategia ha il vantaggio di posizionare l’industria come parte della soluzione, piuttosto che della causa del problema. Un approccio simile a quello storicamente adottato dalle aziende produttrici di sigarette, che per decenni hanno sponsorizzato ricerche e istituzioni nel tentativo di ritardare regolamentazioni più severe. Il paragone con la lunga battaglia contro il fumo è ricorrente nello studio. Negli anni Cinquanta e Sessanta, le multinazionali del tabacco impiegarono ogni mezzo per confondere l’opinione pubblica, negare i rischi e difendere la propria immagine. Solo con l’introduzione di restrizioni alla pubblicità, l’esclusione dai processi decisionali e l’obbligo di avvertenze chiare sui rischi si sono registrati progressi concreti. Oggi, ammoniscono i ricercatori, l’industria del gioco segue lo stesso copione. E proprio come allora, il pericolo maggiore risiede nella sottovalutazione di questi meccanismi.
Le richieste della comunità scientifica
Per contrastare questi fenomeni, i ricercatori propongono un approccio multilivello. In primo luogo, è necessario proteggere i processi decisionali e le istituzioni scientifiche dall’ingerenza degli attori economici coinvolti. Occorre poi prevedere restrizioni più severe alla promozione del gioco d’azzardo e al suo accesso, soprattutto in ambito digitale. Una delle proposte è l’introduzione di avvisi obbligatori e basati su evidenze scientifiche, oltre a un ripensamento del ruolo che le aziende del settore possono avere nei tavoli istituzionali.