Ho finalmente capito dove sta il problema. Quale problema? Quello di tutte noi, ragazze non più ragazze, che cerchiamo di essere libere ed emancipate, che proviamo ad affrancarci dalla dittatura della donna perfetta, che cerchiamo di fare la rivoluzione ogni giorno convincendo noi stesse e il mondo che andiamo bene così come siamo. Perché possiamo anche ostinarci a combattere le nostre quotidiane battaglie: basta tingerci i capelli, basta tacchi, basta trucco, basta modelli che non ci somigliano. Possiamo anche autorizzarci – come ho provato a fare in questa rubrica alcune settimane fa – a presentarci in tuta al supermercato, struccate alla lezione di yoga, con il mollettone in testa alla riunione condominiale – ma non risolveremo il problema che incombe come un avvoltoio sulla nostra conquistata sciatteria.

A sorpresa da mia mamma

L’altro giorno sono passata vicino a casa di mia madre e, all’ultimo momento e senza avvertirla, ho deciso di citofonarle per un saluto. Era una calda domenica mattina di primavera inoltrata, portavo delle ciabattone tedesche, un vecchio vestito informe e capelli ancora umidi dalla doccia. «Posso salire?». Era sorpresa e felice della mia improvvisata. Non mi succede quasi mai ma, in quel momento, mi sono sentita una figlia fantastica. Il suo entusiasmo tuttavia si è spento appena sono entrata in casa: mi ha squadrato dalla testa ai piedi e ha fatto una smorfia. «Non ti sta tanto bene quell’abito e i capelli… da quanto tempo non vai dal parrucchiere?». Avrei voluto scappare ma lei, il sopracciglio della riprovazione sollevato, si stava già dirigendo verso l’angolo del soggiorno deputato alla conversazione.

Le mamme, signore della casa e sempre in ordine

«Siediti… ah, sei venuta con le scarpe del mare?». In quel momento ho capito che mia madre, come moltissime delle nostre madri, è il vero problema, la radice dei complessi, la misura dell’inadeguatezza. E ribellarsi è inutile perché loro, a 80 anni suonati, hanno già vinto. Forte di questa epifania, ho osservato la distinta signora che mi stava di fronte, per avere la definitiva conferma: capelli perfettamente in piega, tinta impeccabile, tailleur con camicia di seta, scarpe in pendant, impettita, la schiena dritta come prevede il manuale di postura per principesse e regine. «Aspettavi qualcuno?» ho azzardato speranzosa. «No, perché?».

In una domenica mattina qualsiasi, colta alla sprovvista, mia madre, che vive da sola e potrebbe trascinarsi scalza e in palandrana nell’intimità del suo appartamento, era invece pronta per partecipare al consiglio di amministrazione di una multinazionale o a un cocktail all’ambasciata. Ho preferito non verificare, per evitare ulteriori umiliazioni, la pedicure impeccabile e la totale assenza di peli superflui. Il nostro problema sono loro, queste donne eleganti apparentemente senza sforzo, implacabili nel loro sguardo giudicante, madri di figlie mai alla loro altezza. Fino a quando non le convinceremo a indossare ciabattone tedesche, saremo condannate a un’irrimediabile sconfitta.