Lisa Noja disabilità
Lisa Noja, consigliera in Regione Lombardia.

Lisa Noja. A mia immagine

Sono oltre 3 milioni, in Italia, le persone con disabilità. Invisibili, discriminate, trattate come eterni bambini. Eppure esiste una legge che riconosce loro il diritto a costruirsi la vita che desiderano e obbliga lo Stato ad aiutarle. Ce la racconta la relatrice Lisa Noja, che ogni giorno si batte affinché diventi realtà. Anche, perché no, attraverso la moda

3 dicembre Giornata internazionale dei diritti delle persone con disabilità

«Il 3 dicembre è la Giornata internazionale dei diritti delle persone con disabilità, voluta per sensibilizzare gli individui sul tema della diversità e del suo valore, dei diritti inalienabili di ogni essere umano, indipendentemente dalla condizione fisica, psichica, sensoriale, sociale». Così scriveva l’Assemblea generale delle Nazioni Unite nel 1992. Da allora sono passati oltre 30 anni, di disabilità si parla di più, l’attenzione e la sensibilità sono aumentate. Ma i diritti di queste persone, oltre 3 milioni in Italia, sono davvero più tutelati? Lo chiediamo a chi, in nome di questo obiettivo, lavora ogni giorno. Per Lisa Noja, classe 1974, parlamentare nella scorsa legislatura e ora consigliera di Italia Viva in Regione Lombardia, la data del 3 dicembre è segnata in rosso sul calendario, come una stella polare che indica la direzione.

Lisa Noja si è battuta per la legge delega sulla disabilità

Sulla carrozzina a causa della Sma, l’atrofia muscolare spinale, una rara malattia genetica che colpisce il sistema nervoso, ha iniziato a fare politica anche per questo. «Ricordo la mia prima campagna elettorale per il Consiglio d’istituto del liceo che frequentavo, a Milano. Avevamo lanciato la lista Avanti gamberi: impegno per me ha sempre significato aprire gli occhi sul mondo e costruire progetti concreti, che portino un cambiamento». Ed è una rivoluzione la Legge delega sulla disabilità che nel 2021 è stata approvata all’unanimità in Parlamento e di cui Noja è stata relatrice.

«Per la prima volta le persone con disabilità vengono definite e riconosciute nella loro individualità. Si sottolinea che sono, appunto, persone, con le loro differenze di età e di genere, mentre prima si pensava a loro come eterni bambini asessuati. Soprattutto, la legge precisa che ogni individuo ha diritto a decidere un suo progetto di vita. È un piano su misura che racchiude i desideri personali, formativi e professionali. Il singolo è protagonista: non si ragiona più in termini di deficit o di mancanze, ma degli strumenti necessari per realizzarsi, che le istituzioni devono garantire».

Le persone con disabilità devono poter costruire il loro progetto di vita

Finora pensare che una persona con disabilità potesse essere padrona della propria vita sembrava un’utopia. Grazie alla legge non è più così, il progetto di vita servirà proprio a questo. La persona con disabilità vuole studiare? Andare a vivere da sola? Trovare un lavoro? Sposarsi? Le istituzioni e le associazioni che operano nel settore hanno l’obbligo di supportarla per farlo al meglio. «Io ho realizzato il mio progetto di vita grazie alla mia caparbietà e all’aiuto dei miei genitori. Mi sono laureata in Giurisprudenza, poi sono andata in California per un master e ho sostenuto a New York l’esame per esercitare la professione in America. Anche se gli States sono all’avanguardia in tema di accessibilità, ammetto di aver avuto le mie paure. Però mi ero messa in testa di costruire la mia vita: se ci fossi riuscita negli Usa, avrei potuto fare qualsiasi cosa. Per 20 anni mi sono occupata di Antitrust nei più importanti studi legali e quando sono entrata in politica, nel 2016 con il sindaco di Milano Beppe Sala e nel 2018 in Parlamento, l’ho fatto con la giusta esperienza e, soprattutto, con la libertà di aver comunque un lavoro a cui tornare se non fossi riuscita a fare qualcosa di utile. Io ho realizzato il mio progetto di vita e ogni persona con disabilità deve avere l’opportunità di portare avanti il suo con l’aiuto dello Stato».

Lisa Noja denuncia il ritardo nell’attuazione della legge

Ma la rivoluzione sancita dalla legge rischia di rimanere imbrigliata in un elenco di buone intenzioni. «Come ogni norma, ci vogliono i decreti attuativi per farla diventare realtà. Questo governo ha anche un dicastero deputato: la ministra Alessandra Locatelli mi sembra consapevole della situazione e sono certa del suo impegno, ma finora solo un decreto è stato approvato in Conferenza Stato-Regioni. Altri due sono stati approvati soltanto in via preliminare dal Consiglio dei ministri e sono ancora in attesa di essere presentati al Parlamento. Quindi, di fatto, non ne conosciamo nemmeno i testi.  Se pensiamo che sono passati 2 anni… Questo ritardo ha una conseguenza non da poco: senza i decreti non possono essere utilizzati i fondi riservati. Parliamo di 850 milioni di euro disponibili e mai spesi. Quest’anno, quindi, il governo ha deciso di spostare i 350 milioni previsti su altro, per esempio sulla spesa per i bonus edilizi. Invece sarebbero dovuti servire per progetti di vita indipendente. Io non mollo, comunque».

Lisa Noja vuole promuovere l’estensione dello screening neonatale

L’impressione, è che in Italia leggi e tutele esistano ma restino solo sulla carta. Lo dimostra la storia di Ettore, morto 4 settimane fa in Veneto, ad appena un mese di vita, per colpa di una mancata diagnosi di Sma. Si sarebbe potuto salvare se fosse stato sottoposto agli screening neonatali: un esame del sangue, attraverso un velocissimo e indolore prelievo al tallone, che viene fatto nelle prime 48 ore dalla nascita e che serve a diagnosticare alcune malattie rare, per esempio la fibrosi cistica. «Dal 2021 un gruppo di lavoro composto da scienziati autorevolissimi, istituito presso il ministero della Salute, ha raccomandato l’estensione dello screening anche ad altre patologie, tra cui la Sma, quella che ho io» spiega Noja. «Anche in questo caso c’è una legge in Parlamento, sono stati stanziati i fondi, ma poi tutto si è fermato.

Così alcune Regioni hanno agito in autonomia per eseguire gli screening estesi: tra queste, Puglia, Lazio e Toscana. Dopo diversi mesi di pressing, a luglio siamo riusciti a ottenere lo stesso in Lombardia. La scienza ha compiuto il suo miracolo: cure farmacologiche e una terapia genica permettono ai bimbi malati di camminare e correre, di avere una vita come quella dei loro coetanei sani. Ma devono essere somministrate nelle prime settimane di vita per essere efficaci. Ecco perché gli screening sono fondamentali per i nuovi nati e i loro genitori. In Puglia e nel Lazio alcuni piccoli che li hanno eseguiti e hanno ricevuto la terapia stanno bene. Ettore, invece, è morto perché in Veneto i test non si fanno. Dobbiamo legare l’esistenza di un bambino alla fortuna di nascere o meno in una determinata Regione? Lo trovo inaccettabile. Serve solo una firma del ministro della Sanità Orazio Schillaci sul decreto. Non mi fermerò finché non arriverà. Lo faccio per tutte le piccole Lisa che nasceranno».

Va cambiato il modo in cui si raccontano le persone con disabilità

Se i diritti, dalla salute alle pari opportunità fino all’indipendenza, sono imprescindibili, occorre un altro passo avanti: cambiare il modo di raccontare le persone con disabilità e, in concreto, far sì che si sentano belle e, perché no, si divertano. Per questo dal 1° dicembre Lisa Noja porta al Grattacielo Pirelli a Milano una mostra fotografica speciale: Come as you are ritrae gli ospiti del Centro Diurno Disabili Il Melograno mentre indossano gli abiti creati dagli studenti dell’Accademia della moda Iuad di Milano sulla base dei loro desideri e caratteristiche. E «un incontro magico che ha permesso a queste donne e a questi uomini di liberare la propria bellezza, di sentirsi esteticamente appagati e felici» spiega la consigliera.

La consigliera regionale ha scritto il manifesto per gli eventi dal vivo inclusivi e alla pari

Che lancia anche un nuovo progetto: «Ricordo ancora la tristezza e la frustrazione quando non potevo godermi un concerto con i miei amici perché venivo confinata nella “riserva indiana” delle persone con disabilità, da sola e spesso con una visibilità limitata. Perciò, con un gruppo di giovani, ho scritto Live for All, il primo manifesto per gli eventi dal vivo inclusivi e alla pari. Voglio coinvolgere istituzioni, artisti, organizzatori e metterci insieme al lavoro. Dobbiamo cambiare il percorso, dalla prenotazione all’acquisto del biglietto fino all’arrivo all’evento, per renderlo paritario. E costruire delle buone pratiche perché ci siano più posti e non siano segregati. La gioia e la bellezza della musica, dell’arte e dello sport possono fare la differenza tra vivere e sopravvivere, soprattutto per chi ha già una quotidianità costellata di fatiche».

Riproduzione riservata