bonus secondo figlio

Bonus secondo figlio: cos’è e chi ne ha diritto

Quali sono gli incentivi a cui lavora il governo, tra sussidi e sgravi fiscali, chi ne ha diritto e in cosa consistono

Con un tasso di denatalità che preoccupa, non solo ai fini pensionistici, il Governo sta lavorando al Bonus secondo figlio, per sostenere le famiglie più numerose. Si tratta di una misura che dovrebbe essere contenuta nella prossima legge di Bilancio, alla quale sta lavorando la ministra per la Famiglia, Eugenia Roccella, insieme al collega dell’Economia, Giancarlo Giorgetti. Oltre a un sostegno economico, potrebbero arrivare sgravi fiscali per le madri lavoratrici e altri due “assegni”.

Cos’è il Bonus secondo figlio

Secondo quanto emerso finora, il Bonus potrebbe soprattutto permettere di “azzerare” la retta dell’asilo nido per il secondo figlio. Parallelamente si lavora per agevolare le donne, madri con due figli o più, in modo da anticiparne l’uscita dal mondo del lavoro in età pensionabile. Si tratterebbe, dunque, di una sorta di estensione dell’Opzione Donna, che prevede appunto la possibilità di anticipare la pensione per le donne con un nucleo familiare più numeroso. «La prima impressione è che si tratti di un palliativo, pensato sì per sostenere la natalità, ma di fatto che rischia di non aiutare le famiglie. Intanto dal punto di vista burocratico si tratta di una sorta di inversione, dopo che due anni fa era stato lanciato l’Assegno unico e universale allo scopo di semplificare le procedure, digitalizzare e velocizzarle. Con questo nuovo bonus si rischia di complicare la situazione, tanto più che il problema non è tanto la mancanza di risorse da erogare (che comunque sono da verificare) quanto di strutture a supporto delle madri lavoratrici, perché possano mantenere il loro lavoro e siano aiutate difficile equilibrio tra famiglia e lavoro appunto», commenta Carolina Casolo, founder di Sportello Mamme, una start up che offre consulenza fiscale e burocratica alle madri lavoratrici.

Bonus secondo figlio: incentivi per le madri lavoratrici

Proprio sul fronte del lavoro, però, un’altra ipotesi che si sta valutando è quella di incentivi, sotto forma di sgravi fiscali, per le imprese che assumeranno donne con almeno tre figli, quindi con un requisito che supera anche il secondo figlio. Si valuta anche di rendere struttura la misura sperimentale e provvisoria della detassazione dei fringe benefit fino a 3.000 euro per tutti i dipendenti con figli minori a carico.

Reddito d’infanzia e assegno di gioventù

Al momento la principale misura a sostegno delle famiglie consiste nell’Assegno unico e universale, ma si lavora anche per la creazione di due nuove misure pensate per i giovani e i loro genitori. Si tratta del reddito di infanzia e dell’assegno di gioventù. Il primo potrebbe consistere in un assegno da 400 euro al mese per tutti i figli fino a 6 anni; il secondo, invece, avrebbe un valore di 250 euro al mese, per tutti i figli di età compresa tra i 7 e i 25 anni, con lo scopo preciso di coprire le spese scolastiche. «Purtroppo, come spiegavo, si rischia di fare un passo indietro, con tutta una serie di bonus per cui occorrerà una serie di pratiche e sui quali è possibile che non ci sia sufficiente informazione. C’è anche da capire se servirà fare ricorso ancora all’ISEE o se, come si diceva tre mesi fa, il criterio sarà un quoziente familiare», dice Casolo.

Le risorse e i criteri di accesso

Il vero nodo da sciogliere sono le risorse da mettere in campo. Si parla di 1 miliardo, che potrebbe derivare dai fondi “avanzati” dall’Assegno unico e universale. Il sussidio, per le famiglie a basso reddito, ha avuto uno stanziamento di 18 miliardi, ma finora è costato circa 1,4 miliardi al mese, che quindi arriverebbero a 16,8 a fine 2023, permettendo di utilizzare la quota rimanente proprio per le famiglie con due o più figli. È però impensabile che il Bonus secondo figlio possa essere destinato a tutti i nuclei con almeno due figli, quindi si ritiene che sarà inserito un criterio di reddito, agevolando le famiglie con minori entrate economiche.

Sostenere le nascite

L’obiettivo, in ogni caso, è chiaro: sostenere la natalità di fronte a numeri in costante calo. Nel 2022 si è registrato il record negativo, con 400 mila bambini nati in meno rispetto all’anno prima. Il trend negativo continua, in realtà, dal 2008 in modo costante. Basti pensare che il Trentino-Alto Adige è la Regione che ha la natalità più elevata, con una media di soli 1,6 figli per ciascuna donna di età tra i 15 e i 49 anni, e il primo figlio che arriva in genere a 32 anni. «Il vero problema, ripeto, è dare assistenza ai genitori con strutture come gli asili nido, ma che abbiano prezzi accessibili, o con misure alternative per poter pagare, ad esempio, la baby sitter detraendone il costo. In realtà, invece, la sensazione è che siano le aziende ad avere l’onere della decontribuzione se assumono persone che hanno figli o fanno figli. Di fatto lo Stato sembra non attivarsi, delegando piuttosto alle imprese», afferma l’esperta fiscale di Sportello Mamme.

Denatalità: perché le donne fanno sempre meno figli?

VEDI ANCHE

Denatalità: perché le donne fanno sempre meno figli?

Popolazione anziana, pensioni a rischio

Ad oggi i dati Istati indicano che la popolazione italiana è pari a 58,8 milioni di persone. In compenso aumenta l’età media, il che porta a un invecchiamento generale della popolazione che rende l’Italia il Paese più anziano d’Europa. Sono numeri che preoccupano, tanto che il ministro dell’Economia, Giorgetti, solo pochi giorni fa ha ripetuto che «nessuna riforma previdenziale tiene con questi numeri della natalità».

Riproduzione riservata