Potremmo chiamarla sindrome della cucina vuota, spingendoci a tradurre in chiave gastronomica il senso di smarrimento che talvolta investe i genitori – le madri, soprattutto – quando i figli lasciano la casa in cui sono cresciuti e se ne vanno a stare per conto loro (la sindrome del nido vuoto, appunto, di cui parleremo più avanti). Stando a TikTok e ai profili di ragazze che, dal college, descrivono con un pizzico di preoccupazione il frigo di famiglia ormai vuoto, in America non è una rarità che, rimasti soli, mamme e papà smettano di cucinare. Di comprare cibo, addirittura. In Italia (serve dirlo?) capita meno frequentemente.
In Italia i fornelli vanno in pausa
«Il cibo qui vanta un’indubitabile centralità culturale e affettiva, che investe anche l’identità personale» suggerisce la dottoressa Ilaria Consolo, psicoterapeuta. «Preparare da mangiare è un modo per esprimere amore, sentirsi utili, liberare la propria creatività, stringere e rinsaldare legami. Difficile che i fornelli da noi si spengano definitivamente. Può capitare che, quando viene meno la routine dei pasti condivisi con i figli – di solito, i principali destinatari di tanto impegno –, la voglia di cucinare passi per un po’. C’è pure chi lo vive con sollievo, come la fine di un compito quotidiano che, seppur importante, era diventato gravoso e ripetitivo. In ogni caso, con il tempo la cucina torna a vivere, anche se, magari, con ritmi diversi e sapori inediti».
Il legame profondo tra amore e nutrimento
«Il primo momento in cui amore e nutrimento si fondono è l’allattamento» spiega la dottoressa Consolo. «È lì che emerge con forza il valore simbolico del cibo nel rapporto mamma-figli: non solo fonte di sostentamento fisico, ma anche veicolo di conforto e connessione emotiva. Per molte mamme, cucinare per i figli resta per tutta la vita un gesto carico di significato, profondamente appagante: il cibo non smette mai di veicolare messaggi affettivi e relazionali. Continua a farlo anche quando i ragazzi diventando adulti e indipendenti, con la famiglia che tende a riunirsi proprio intorno alla tavola, la domenica a pranzo e ogni volta che c’è qualcosa da festeggiare».
La sindrome della cucina vuota come sintomo
«Quella che abbiamo definito sindrome della cucina vuota può essere letta come una delle espressioni della sindrome del nido vuoto», osserva la dottoressa Ilaria Consolo. «Quando i figli se ne vanno, è comune che i genitori attraversino un momento di tristezza, accompagnato da un po’ di ansia, senso di vuoto e solitudine. Sensazioni che saranno più intense per chi ha costruito la propria identità quasi esclusivamente intorno al ruolo genitoriale». Smettere di cucinare è una delle conseguenze, ma si può smettere anche di prendersi cura di sé, di coltivare interessi, di investire energia nel proprio benessere.
L’attenzione va riportata su di sé
«Bisognerebbe riuscire ad accettare che l’uscita di casa dei figli è un passaggio naturale, non una perdita» consiglia la psicoterapeuta. «Il rapporto cambia, si evolve, ma non si interrompe. E nel frattempo è importante reindirizzare l’attenzione su di sé, riscoprire ciò che ci fa stare bene, riprendere passioni messe in pausa e dare spazio a nuove abitudini». E proprio i fornelli possono trasformarsi in un buon punto di partenza per rimettersi in gioco.
La convivialità conquista nuovi spazi
Altro che sindrome della cucina vuota: quando i figli se ne vanno, può affacciarsi l’opportunità di recuperare una dimensione conviviale più libera e leggera. «Le cene con gli amici, ad esempio, tornano a trovare spazio con maggiore frequenza e spontaneità» spiega la dottoressa Consolo. «Non c’è più da pensare a orari, menù equilibrati o gusti difficili da accontentare. La cucina può diventare un terreno di sperimentazione creativa, un luogo dove mettersi alla prova. I piatti diventano strumenti per raccontarsi, sorprendere e sorprendersi».
Dopo la sindrome della cucina vuota… il ristorante
E in quel tempo riconquistato, anche il rapporto di coppia potrebbe trovare un’occasione per rinnovarsi. «Quando si resta in due, serve un nuovo equilibrio: da genitori in servizio permanente, a individui che scelgono di condividere un altro pezzetto di vita» afferma Consolo. «Anche un semplice pasto può aiutare a riscoprire il piacere di stare insieme, magari uscendo a cena, per guardarsi negli occhi e parlarsi come non si faceva da tempo in un ambiente nuovo, stimolante e senza distrazioni». Può succedere che, una volta venuti meno i figli come collante quotidiano, ci si accorga di non avere più molto da dirsi. «Ma può anche accadere il contrario: che un piatto mai assaggiato prima e un vino scelto con attenzione rimettano in circolo emozioni dimenticate. Sedersi uno davanti all’altra, senza ruoli da interpretare, può diventare un atto semplice ma potente. E chissà che anche la passioni non torni a farsi viva».