Scuola: guida alla riapertura

Il 14 settembre riapre la maggior parte delle scuole. Alcuni nodi sono stati sciolti, altri restano: raggiunto l'accordo sui trasporti, in classe si va senza mascherina, si entra ed esce scaglionati. Restano dubbi sulla procedura da seguire in caso di positività

A meno di due settimane dal suono della campanella sono chiariti anche gli ultimi aspetti sulle modalità di ritorno a scuola per quasi tutti gli 8 milioni e mezzo di studenti italiani, che rientreranno in classe il 14 settembre. I primi a riprendere le lezioni dopo l’emergenza sanitaria saranno gli studenti di Bolzano, il 7 settembre, gli ultimi invece saranno i pugliesi per i quali è stato deciso di far ripartire le lezioni dopo le elezioni regionali, dunque il 23 settembre. Emilia e Toscana riapriranno le scuole il 15, la maggior parte delle altre regioni il 14 anche se non manca chi, come la Campania, pensa a posticipare la ripresa a dopo l’election day. Ma cosa cambierà? Quali regole si dovranno seguire e chi se ne dovrà occupare? Le famiglie hanno bisogno di risposte concrete. Cerchiamo di fare chairezza.

Ci saranno gli scuolabus?

Sì. Il Comitato Tecnico Scientifico ha sciolto i dubbi dopo l’ultimo incontro con gli enti locali. Sui mezzi pubblici si potrà viaggiare all’80% della capienza, che potrà salire al 100% nel caso di tragitti inferiori ai 15 minuti, come spesso accade per gli scuolabus. A bordo sarà però obbligatoria la mascherina (fatta eccezione per gli under 6 e chi ha disabilità). A livello locale, invece, i singoli istituti lavorano con gli enti di trasporto e i Comuni sull’uso di separatori e sulla differenziazione degli orari scolastici, anche per far combaciare gli orari dei mezzi di trasporto pubblico (metro, autobus) con quelli di entrata e uscita, e ottenere eventualmente un maggior numero di mezzi per poter garantire il distanziamento a bordo.

Bisogna misurare la febbre ai figli ogni mattina?

Sì. Sarà compito (e responsabilità) dei genitori controllare che la temperatura dei figli non superi i 37,5° C, prima dell’uscita da casa. Una deroga è stata prevista a livello locale, per esempio in Lombardia, per i bambini degli asili nido, ai quali sarà misurata la temperatura dalle maestre all’ingresso.

Cosa fare se hanno la febbre?

In caso di febbre occorre contattare il proprio pediatra o medico di famiglia, che fornirà le indicazioni del caso. Se si tratta di semplice febbre stagionale o dovuta non a Covid, dopo tre giorni con temperatura sotto i 37,5° C si potrà tornare in classe. Altrimenti il medico procederà con la richiesta di tampone.

Cosa succede se lo studente sta male a scuola?

In caso di sintomi da contagio Covid lo studente (ma anche gli insegnanti) sarà allontanato dalla classe per accedere a uno spazio dedicato, che le linee guida del Comitato Tecnico Scientifico hanno sollecitato a individuare all’interno di ogni scuola. Dovrà indossare la mascherina, qualora prima non l’avesse, e attenderà l’arrivo dei genitori con un addetto, anch’egli dotato di dispositivo di protezione individuale.

Si farà il tampone a scuola?

No. La valutazione spetterà al solo medico di base/pediatra che «i genitori devono contattare», come prescritto dal CTS, e che sceglierà se sia il caso di «contattare il Dipartimento di prevenzione (DdP) per l’esecuzione del tampone».

Se c’è un focolaio nella classe può stare a casa la classe o potrebbe chiudere l’intera scuola?

Nel caso di un alunno o studente positivo, saranno fatte «indagini sull’identificazione dei contatti». Il Dipartimento per la Prevenzione valuterà che misure adottare, compresa «la quarantena per i compagni di classe, gli insegnanti e gli altri soggetti che rientrano nella definizione di contatto stretto» o la chiusura della scuola, che quindi non è automatica. Spetta invece all’istituto «effettuare una sanificazione straordinaria».

È anche prevista l’istituzione di un registro dei contatti tra studenti e/o personale di classi diverse per facilitare l’individuazione dei contatti, in caso di contagi.

Bisogna andare a scuola con la mascherina e gli studenti dovranno tenerla sempre?

Dopo aver dichiarato obbligatoria la mascherina dai 6 anni su, le ultime indicazioni sono di renderla “necessaria” solo in caso non si possa garantire il distanziamento minimo tra gli studenti e in tutte le situazioni di movimento. In pratica durante l’intervallo, in ingresso e uscita, o negli spostamenti tra un’aula e l’altra o per andare in mensa. Non andranno comunque tenute durante le interrogazioni e ne saranno esentati studenti con difficoltà neurologiche o psicologiche, certificate.

Sono state ammesse le mascherine di stoffa per gli studenti, mentre gli insegnanti dovranno indossare quelle chirurgiche.

Bisogna fornire il gel disinfettante?

No. Il Commissario straordinario Arcuri ha annunciato la distribuzione di 11 milioni di mascherine al giorno inviate alle scuole e 170 mila litri di gel igienizzante alla settimana. Sarebbe comunque buona norma insegnare ai figli a igienizzarsi periodicamente, fornendo loro prodotti personali pronti all’uso.

Come e quando si entra e si esce?

Su questo punto le indizioni sono di evitare assembramenti, tramite entrate e uscite scaglionate. Sono ancora da risolvere, però, due aspetti critici: da un lato l’armonizzazione con gli orari degli eventuali scuolabus, dall’altra l’organizzazione familiare con genitori che, in caso di più figli, potrebbero non essere in grado di accompagnare e ritirare i figli in orari differenti.

Da questo punto di vista spetta
alle singole scuole trovare soluzioni quanto più idonee possibili.

Dove si farà lezione?

Se le aule non garantissero il distanziamento, le lezioni potranno tenersi anche in locali attigui (palestre o biblioteche scolastiche) o “convenzionati”, come teatri e biblioteche pubbliche. Il ministero dell’Istruzione ha anche autorizzato l’installazione di tensostrutture, fruibili a patto che le condizioni meteo lo consentano, e ha esortato a sottoscrivere patti con la comunità e gli enti locali per individuare spazi idonei se le capienze non dovessero consentire il distanziamento. Sono stati stanziati 330 milioni di euro per la cosiddetta edilizia “leggera”, compreso l’acquisto di arredi “salva spazio” e interventi di ristrutturazione. Secondo gli ultimi dati dell’Associazione Nazionale Presidi, però, mancano ancora 20 mila aule.

Quali sono le distanze minime tra i banchi?

La distanza minima (definita «buccale») è di un metro calcolato tra la posizione di uno studente seduto al banco e l’altro.

Come si farà educazione fisica?

Le ore di educazione motoria e fisica sono confermate. si potranno utilizzare le palestre, purché sia garantito il distanziamento fisico e ci sia un ricambio di aria frequente nei locali.

Si farà ancora la didattica a distanza?

Dipende. Al momento l’avvio del nuovo anno scolastico è previsto “in presenza”, ma non si esclude il ricorso alla didattica a distanza (DaD) tutte le volte che dovesse rendersi necessaria una chiusura della scuola o la sospensione delle lezioni. Per le scuole secondarie di secondo grado la Dad è invece considerata un’integrazione complementare a quella in presenza, a discrezione dei singoli istituti che potranno decidere in modo “bilanciato” tra attività sincrone e asincrone.

Si faranno meno ore di lezione?

No. Al momento non è prevista alcuna deroga al numero di ore minime di lezione annuali (200 giorni). In caso di secondo lockdown, però, le linee guida prevedono due casistiche. Se la classe sarà divisa in due gruppi, entrambi rispetteranno gli stessi orari, salvo esigenze specifiche legate al tipo di attività e agli strumenti digitali. Se invece tutta la classe tornasse alla DaD, saranno previste «quote orarie settimanali minime di lezione» come indicato dalle linee guida del CTS (ad esempio, 15 ore settimanali per le scuole del primo ciclo, che scendono a 10 per le prime elementari).

Ci sarà il tempo pieno? 

Sì. Al momento le indizioni sono di riprendere il nuovo anno scolastico secondo le stesse modalità del precedente, prima del lockdown e salvo organizzazione differente delle singole scuole.

Come funzionerà la mensa?

Qualora non fosse possibile rispettare il distanziamento minimo in mensa, sono previsti turni, fermo restando il rispetto di orari compatibili con quelli del pranzo, soprattutto per i primi ad accedere alla mensa (che non deve essere troppo presto) e gli ultimi (non troppo tardi). Se ciò non fosse possibile, i singoli istituti potranno chiedere (molti lo hanno già fatto) l’autorizzazione alla Asl perché gli studenti possano consumare il pasto in classe al proprio banco. In questo caso sarà fornito un pasto confezionato singolarmente, simile a quello servito sugli aerei.

Cosa succede se si ammalano gli insegnanti?

Sono previste supplenze “rapide”, in modo da non lasciare scoperte le cattedre, ma molte scuole si sono già organizzate anche richiamando ex docenti. È il caso, ad esempio, del liceo scientifico Bottoni di Milano che ha chiamato professori in pensione, che prestano servizio come volontari nell’ambito dell’associazione Non Uno di Meno e che subentreranno in caso di malattia dei colleghi, per scongiurare il ricorso alla Dad.

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