mano di mamma e figlia

Anoressia, se a soffrirne sono le donne di 40 anni

L'anoressia colpisce ragazzine e bambine sempre più giovani, ma anche donne mature e madri, che spesso vivono in un circolo vizioso con le figlie adolescenti

Oltre il 95,5% di coloro che soffrono di anoressia è rappresentato da donne: tra queste molte sono adolescenti e persino bambine, con un’età media sempre più bassa che può arrivare a 8 anni, secondo i dati del progetto SOS Disturbi Alimentari della Presidenza del Consiglio dei Ministri.

Ma l’anoressia interessa anche sempre più donne adulte, spesso madri over 40, come conferma l’Istituto Superiore di Sanità, senza escludere persino alcune nonne tra i 55 e i 60 anni. Complessivamente in Italia oltre 3 milioni di persone sono interessate dal fenomeno, ma secondo il Ministero della Salute gli studi recenti sembrano rilevare una tendenza alla diminuzione della bulimia e un contrapposto aumento dell’anoressia, con un’incidenza di quest’ultima, nella forma nervosa, di almeno 8 nuovi casi per 100mila persone in un anno tra le donne, a fronte dello 0,02-1,4 tra gli uomini.

Le donne anoressiche over 40

“C’è un aumento di casi che per me è davvero inquietante, con una crescita molto molto forte tra le donne adulte, ma anche nelle bambine molto piccole, tanto che viene da pensare che le ragazzine stiano imparando dalle madri” racconta a Donna Moderna Fabiola De Clerq, Presidente di ABA, l’Associazione Bulimia Anoressia. “Di recente una ragazzina di 10-12 anni ci ha raccontato: ‘Mia mamma mangia la stessa cosa da 4 anni’. È segno di un disturbo diffuso quello della dieta monotematica, che però non possiamo definire realmente dieta. Altre, invece, arrivano a non mangiare quasi nulla, preferendo sostituire il pasto con un aperitivo, perché dà loro l’idea di non mandare giù cibo, ma solo di bere. Esistono poi anche storie di donne che mangiano se sono in compagnia, salvo poi vomitare subito dopo”.

L’anoressia nelle donne adulte

Di recente ha fatto scalpore la notizia di un blog online cosiddetto “Pro Ana”, che consigliava a migliaia di ragazzine tra i 14 e i 15 anni proprio di vomitare per non ingrassare e restare o diventare “belle”. L’autrice, una 19enne di Porto Recanati, è stata denunciata per istigazione al suicidio e lesioni aggravate, mentre il blog è stato chiuso, grazie alla denuncia di una madre che aveva visto la figlia perdere pericolosamente peso. A volte, però, sono proprio i genitori a portare involontariamente le figlie sulla strada dei disordini alimentari. “Le casistiche e i fattori in gioco sono moltissimi, è difficile generalizzare. È però possibile individuare due tipologie di donne: coloro che vivono un disturbo alimentare cronico, che si portano dietro da sempre e che rappresenta una forma compensatoria a una mancanza, e quelle che si trovano ad affrontare una crisi, che può essere affettiva per la fine di un matrimonio, o lavorativa o legata alla menopausa, che crea loro un disagio al quale rispondono con un’alterazione del rapporto col cibo” spiega la dottoressa Giuliana Capannelli, Psicoanalista membro della Scuola Lacaniana di Psicoanalisi e Presidente del Centro Heta di Ancona – FIDA, Federazione Italiana Disturbi Alimentari.

I segnali dell’anoressia nelle donne adulte

I segnali più comuni di questo disturbo dell’alimentazione nelle donne adulte possono essere rappresentati anche da un’attività atletica intensa e compulsiva, una costante insoddisfazione del proprio aspetto fisico, il ricorso alla chirurgia plastica, un’attenzione molto marcata alla dieta, senza escludere l’uso di lassativi e fluttuazioni continue di peso. Gli esperti sono concordi nel ritenere che tra i casi più tipici di anoressia tra le over 40 ci sono quelli di persone che hanno seguito diete drastiche senza risultati apprezzabili o hanno sofferto di “fame nervosa” e comportamenti alimentari sregolati. Ma non sono rare neppure le storie di carenza di cure materne o abusi sessuali subiti durante l’infanzia o l’adolescenza. In questi soggetti rimane anche in età adulta una certa vulnerabilità che, di fronte al verificarsi di eventi esterni stressanti, fa riemergere problematiche non del tutto risolte.

Le madri anoressiche e lo specchio inverso con le figlie

Se, però, le donne anoressiche sono anche madri, possono entrare in gioco altre dinamiche: “Così come è vero che i figli si rispecchiano nei genitori, può anche capitare il contrario – spiega la Dottoressa Capannelli – Si parla in questo caso di “specchio inverso”: una madre può quindi rivivere la propria adolescenza quando la figlia entra in questa fase della vita. Se è vero che i figli rappresentano un prolungamento, può capitare che non si riesca a staccarsi da loro o da ciò che rappresentano e che si è perduto”. Un altro elemento da tenere conto è che nella società attuale non c’è più lo stesso stacco generazionale che esisteva fino a qualche tempo fa. Spesso madri e figlie si confondono, e le prime possono faticare a trovare una propria identità. Certo sono situazioni che nascono là dove comunque già esisteva qualche problematica nella personalità della donna” spiega l’esperta.

La competizione madre-figlia

“La conflittualità all’interno del rapporto madre-figlia è senz’altro uno dei fattori che può portare alla ricerca ossessiva di controllo del proprio peso, che è alla base dell’anoressia – spiega De Clerq – A questo si aggiunge il desiderio di non invecchiare e avere ancora un corpo giovane e magro. Per molte donne, specie se separate e di età intorno di 40/45 anni, essere in forma perfetta rappresenta una sorta di seconda possibilità. Tra l’altro, occupandosi in modo ossessivo del proprio corpo, è come se anestetizzassero altri dolori e si sentissero più forti, in grado di controllare la situazione. Non a caso l’anoressia è la patologia del controllo” dice De Clerq.

Donna ammalate di sport

Alcune, oltre a focalizzarsi sull’alimentazione, si dedicano in modo ossessivo all’attività sportiva, in palestra o correndo. Secondo la American Psychiatric Association (APA), in persone anoressiche guarite possono rimanere frequentemente sintomi ossessivo-compulsivi, fobie e abuso di sostanze. “Ma anche lo sport, che pure fa bene alla salute, se praticato in modo eccessivo può diventare patologico, per non parlare dell’ossessione di alcune anoressiche, che arrivano a fare movimento ed esercizi persino quando sono ricoverate in ospedale – racconta la Presidente dell’ABA – È molto frequente sorprenderle a fare ginnastica, flessioni o scale di nascosto, pur di bruciare le calorie assunte, magari tramite un sondino perchè non sono in grado di mangiare normalmente”.

Un’eredità pericolosa

Analizzando i casi di anoressia è facile scoprire che quasi sempre l’insorgenza del disturbo è legata proprio al genitore: “Capita o perché è stato assente in una fase delicata della propria vita o perché in qualche modo si è fatto proprio il suo comportamento: come le buone abitudini, anche quelle “cattive” vengono spesso trasmesse” spiega De Clerq. “Come per le dipendenze, il peso della storia familiare è forte: quando un genitore è anoressico i figli o sono dei grandi oppositori e quindi sviluppano una sorta di difesa per non cadere anche loro nello stesso errore; oppure fanno la stessa scelta del genitore” spiega la dottoressa Capannelli.

L’importanza dell’altro genitore

“Fondamentale diventa, per rompere il rapporto simbiotico che si può creare tra madre e figlia, il ruolo dell’altro genitore, del padre, perché ci si relaziona sempre alle due parti, all’interno del triangolo della famiglia. Qualche volta – spiega la psicoanalista – il suo peso è minore, altre volte le posizioni sono invertite, ma ben venga se il padre esercita la funzione di “correttore”, così come può agire nella stessa direzione qualunque altro soggetto, che sia un fidanzato o persino il lavoro. L’importante è che ci sia un elemento pacificatore nel rapporto di amore-odio tra madre e figlia, che faccia da elemento regolatore e che impedisca che la relazione porti a uno scontro frontale senza ritorno”.

I campanelli d’allarme

Esistono alcuni segnali che non dovrebbero essere sottovalutati, per intervenire in tempo specie sulle figlie. “Se si nota che non vogliono più uscire di casa, che non vogliono comprarsi nulla per se stesse (da un paio di orecchini a un elastico nuovo) e che tendono a nascondersi, occorrerebbe prestare maggiore attenzione, perché significa che si è in presenza di un atteggiamento di rinuncia. Questo vale anche se una figlia tende a mangiare di nascosto, per non dare soddisfazione alla madre, fino a quando il genitore la noterà perché ha perso peso” dice De Clerq, che aggiunge: “È frequente, poi, che siano proprio le madri a fingere di non vedere il problema, perché non vogliono che si scopra che loro stesse soffrono del medesimo disturbo”.

Può capitare in tutte le famiglie

“Non bisogna temere di sbagliare o sentirsi inadatti: si tratta di dinamiche interne a famiglie normali, non occorre che ci siano traumi particolari” aggiunge la Dottoressa Capannelli. “Per la mia esperienza, una costante è che si tratta quasi sempre di rapporti non riusciti, non amorevoli, dove la madre non è accudente, anzi ha difficoltà a manifestare tenerezza e sentimenti alla figlia. Proprio l’abbraccio rappresenta una cartina tornasole: se all’inizio le ragazze e le donne che si rivolgono a noi sono tese e incapaci di abbracciare in modo caloroso, solo alla fine di un percorso riescono a lasciarsi andare”.

Tutti i centri a cui chiedere assistenza

Di fronte all’aumento di casi anche in età mediamente superiore a quella classica adolescenziale, sono state messe in campo diverse iniziative, come la Giornata Nazionale del Fiocchetto Lilla (15 marzo), organizzata dall’Associazione “Mi nutro di vita”. “Dagli anni ‘90 la notevole accelerazione della globalizzazione di modelli e stereotipi sociali, favorita dai nuovi mezzi di comunicazione digitale, le trasformazioni culturali delle abitudini familiari e sociali del mangiare e della convivialità, hanno portato ad un aumento vertiginoso dei DA (Disturbi Alimentari) con una vera e propria epidemia sociale” spiega l’Istituto Superiore di Sanità. Non si tratta solo di “malattie dell’appetito” o “da imitazione”, ma richiede un approccio più ampio, che può comprendere l’intervento di medici, psicologici, dietisti e infermieri. Per conoscere tutti i centri dove trovare assistenza sono stati messi a disposizione un Numero Verde (800.180.969) e un sito internet (www.disturbialimentarionline.it) con una mappa delle strutture presenti su tutto il territorio italiano. Si tratta di un’iniziativa che fa parte del Progetto “Diritto dei giovani alla salute e alla cittadinanza”, promosso e finanziato dal Dipartimento della Gioventù e del Sevizio Civile Nazionale della Presidenza del Consiglio dei Ministri, in collaborazione con l’Istituto Superiore di Sanità, il Dipartimento di Ricerca Sociale e Comunicazione dell’Università La Sapienza di Roma e dalla USL 1 dell’Umbria.

           

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