Le ricercatrici Concetta Castilletti (da sinistra) e Francesca Colavita con la direttrice del laboratorio di Virologia dell'Inmi Spallanzani, Maria Capobianchi. Con loro (a destra), il ministro della Salute Roberto Speranza

Le ricercatrici italiane che hanno isolato il coronavirus

Chi sono le ricercatrici dello Spallanzani componenti del team che è stato tra i primi a isolare il virus in Europa

Maria Rosaria, Concetta e Francesca, rispettivamente 67, 57 e appena 31 anni. Sono loro le componenti del team dell’ospedale Spallanzani di Roma che è riuscito, tra i primi in Europa e nel mondo, a isolare il coronavirus, aprendo la strada a possibili terapie e a un vaccino capace di curare l’epidemia da polmonite partita da Wuhan in Cina. Lo hanno fatto a tempo di record, studiando l’Rna del virus sui due pazienti ricoverati nel nosocomio della Capitale.

A loro sono andate le parole del ministro della Salute, Roberto Speranza, il quale ha sottolineato come lo staff che ha fatto la scoperta sia tutto al femminile: «Ecco le tre donne italiane che hanno isolato la sequenza del coronavirus. Un orgoglio per il nostro Paese. Attraverso loro ringrazio tutti i ricercatori, medici, infermieri e personale che animano il nostro Servizio Sanitario Nazionale». Alcuni esponenti politici hanno persino chiesto che le tre scienziate siano protagoniste sul palco del Festival di Sanremo. Ecco chi sono.

Maria Capobianchi, la Direttrice del laboratorio

Maria Rosaria Capobianchi ha 67 anni, è originaria di Procida, in Campania. Il suo nome è rimbalzato sulle prime pagine dei giornali di tutto il mondo nel giro di poche ore, non appena si è saputo che il laboratorio che guida all’ospedale Spallanzani, ha isolato il nuovo Coronavirus. È lei che ha guidato il team di Virologia dell’Inmi (Istituto Nazionale Malattie Infettive) che, tra i primi in Europa, ha isolato il virus (il virus è stato isolato anche all’Istituto Pasteur in Francia e, prima ancora, in Cina e in Australia). Lei che, con una laurea in Scienze biologiche e una specializzazione in microbiologia alla Sapienza di Roma, da 20 anni lavora nel nosocomio della Capitale come Direttrice del dipartimento di Epidemiologia, ricerca Preclinica e Diagnostica Avanzata. Collabora con l’Organizzazione mondiale della sanità, l’Ecdc (il centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie) e il ministero della Salute italiano. È consulente del Centro Nazionale Trapianti per le infezioni virali dei trapianti.

Concetta Castilletti, “mani d’oro”

Concetta Castilletti è stata soprannominata “mani d’oro” per la sua capacità di intervento e precisione. A snocciolare le sue doti è stato Giuseppe Ippolito, il Direttore dello Spallanzani, dove Concetta è Responsabile dell’Unità dei virus emergenti. Nata a Ragusa, laureata in biologia a Catania, 57 anni fa, Concetta si è poi specializzata alla Sapienza di Roma in microbiologia e virologia. Il suo modello è la stessa Direttrice del laboratorio dello Spallanzani: «In quest’università sono cresciuta con la professoressa Maria Rosaria Capobianchi: quando lei è andata via da lì, io sono passata all’Ifo (Istituti Fisioterapici Ospitalieri, NdR). Poi l’ho ritrovata qui allo Spallanzani, dove lei dirige il laboratorio di virologia e io sono un dirigente strutturato».

Concetta ci tiene a sottolineare il lavoro di squadra che ha portato al risultato finale: «Tutto il laboratorio di virologia dello Spallanzani si è impegnato in questa corsa per cercare di mettere a punto la diagnosi e quindi contenere l’epidemia. Nello specifico, Francesca Colavita e io abbiamo seguito più da vicino l’isolamento» ha spiegato a caldo, raccontando di aver lavorato giorno e notte: «Noi facciamo i turni, abbiamo orari che non rispettiamo, ma per passione. Per questo non stacchiamo mai». Lo ha potuto fare anche grazie al sostegno del marito e alla comprensione dei due figli che – dice – «adesso cominciano a capirmi».

Francesca Colavita, ricercatrice precaria

Francesca Colavita è arrivatasolo 4 anni fa al laboratorio specializzato dello Spallanzani Francesca Colavita, 31enne, ma con già un bagaglio di esperienze alle spalle, come quella maturata in Sierra Leone e Liberia, dove è stata a contatto con l’aggressivo virus Ebola, responsabile di 11mila vittima nel solo continente africano. È proprio durante una delle missioni umanitarie che Francesca ha conosciuto la Castilletti.

Nata a Campobasso, in Molise, la Colavita dopo le superiori ha deciso di iscriversi all’università a Roma. Poi l’assunzione a tempo determinato, in scadenza nell’autunno del 2021. Dopo un primo “ingaggio” come co.co.co, ora ha un contratto di circa 20 mila euro all’anno, 1.500 al mese. Dopo la notizia della scoperta, l’Assessore alla Sanità della Regione Lazio, Alessio D’amato, ha annunciato che Francesca sarà “stabilizzata”.

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Le altre donne scienziete di rilievo in Italia

Capobianchi, Castilletti e Colavita vivono il loro meritato momento di gloria ma, seppure senza un coinvolgimento diretto, hanno contribuito come parte del team anche Fabrizio Carletti, esperto nel disegno dei nuovi test molecolari, e Antonino Di Caro a cui va il compito dei collegamenti sanitari internazionali.

Le tre ricercatrici non sono le uniche in Italia ad essersi distinte in ambito medico. Sono tante le italiane che hanno dato e danno il loro contribuito quotidiano alla scienza, spesso sotto silenzio. A cominciare da Ilaria Capua, virologa di 53 anni che è stata menzionata tra i 50 scienziati più noti e stimati al mondo della rivista Scientific American, lei che nel 2000 ha sviluppato il Differentiating Vaccinated from Infected Animals (Diva), la prima strategia di vaccinazione contro l’aviaria che le organizzazioni internazionali oggi raccomandano come arma di contrasto all’influenza. La rivista Seed l’ha definita “mente rivoluzionaria”. Nel 2006 rese pubblica la sequenza genica del virus dell’aviaria, inaugurando di fatto la scienza open source, dunque accessibile a tutti. È stata tra le prime a commentare via Twitter il risultato delle colleghe: «Più #coronavirus isola nel mondo è ormai sinonimo di condivisione internazionale».

Si potrebbero elencare anche la farmacologa e biologa Elena Cattaneo o l’oncologa Patrizia Paterlini Bréchot, unica scienziata italiana tra i 15 finalisti del premio European Inventor Award 2019 e prima italiana a ricevere il premio MIT Technology Review, oltre a essere stata nominata tra i 35 innovatori under 35 più significativi d’Europa del 2018. Tutte donne con la D maiuscola, di cui essere orgogliose, anche se sono ancora poche e di loro si parla solo in occasione di risultati eccezionali come quello appena ottenuto. Cervelli non in fuga, come ha spiegato Castilletti: «Tanti restano. E altrettanti ritornano. Certo, i fondi della ricerca non sono tantissimi e non è facile lavorare così. Però poi quando arrivano risultati come questi la soddisfazione è enorme». Per tutto il Paese, non solo per loro.

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