Chi sono i bambini della Generazione Alpha

Sono chiamati così i nati dopo il 2010. Imparano a scrivere con la tastiera prima che con la matita, sono immersi nel mondo digitale prima di camminare in quello reale. E a meno di 10 anni influenzano già il mercato

A 3 anni eliminano con un gesto della mano le notifiche che disturbano la visione di Peppa Pig sul display. Imparano a scrivere con la tastiera prima che con la matita, producono video musicali e, se parliamo di tecnologia, a 8 anni ne sanno più dei genitori. Sono i bambini della generazione Alpha, quelli nati dal 2010 in poi e fotografati da Understanding Generazione Alpha, il report condotto dall’agenzia di comunicazione globale Hotwire. Nonostante i più grandi di loro abbiano appena 9 anni, sono già al centro dell’interesse di demografi ed esperti di marketing.

Il motivo? «Sono i primi a essere nati immersi nella tecnologia» spiega Alice Avallone, etnologa digitale e ricercatrice dell’osservatorio BeUnsocial. «Mentre i fratelli maggiori considerano la tecnologia come uno strumento, se pure da utilizzare in ogni ambito del quotidiano, dal lavoro, all’informazione fino all’intrattenimento, per gli Alpha il digitale è parte integrante e naturale della loro vita. Utilizzano Skype per salutare la nonna e sono abituati a chiedere ad Alexa le previsioni del tempo: per loro fisico e virtuale si fondono e il confine tra online e offline è sempre più sottile».

La carica dei baby influencer

Secondo gli esperti, questa esposizione tecnologica senza precedenti porterà i nuovi nati a giocare, imparare e interagire in modi diversi. Un esempio? Il fenomeno dell’Internet of Toys, i giochi intelligenti e connessi: un mercato che nel giro di 6 anni triplicherà il suo A business, passando dai 7 miliardi del 2017 ai 25 del 2026. Oggi tra i giocattoli più gettonati ci sono la Hello Barbie con riconoscimento vocale di Mattel e gli Hatchimals, gli animaletti che escono dal guscio quando ricevono coccole.

Il prossimo passo? I pet-robot: device dotati di intelligenza artificiale con cui stringere un legame alla stregua di un animale domestico. «Questi giochi piacciono perché sono dinamici, non più statici come quelli di una volta, e permettono uno scambio del tutto simile a quello interpersonale. Adesso se chiedo a Barbie che tempo farà lei mi risponde. Una volta il dialogo era tutto nella testa del bambino» dice Avallone.

«Secondo il nostro report, il 27 per cento dei genitori in Italia è convinto che i ragazzi preferiscano smartphone e iPad a ogni altro oggetto o attività, che si tratti di giochi tradizionali o di una gita con gli amici» spiega Beatrice Agostinacchio, managing director di Hotwire Italy. «Non solo: uno su quattro rivela di aver chiesto il parere dei figli prima di comprare una nuova tv o un telefono». Sì perché i piccoli Alpha sono a tutti gli effetti babyinfluencer. Lo dimostra la classifica di Forbes sugli youtuber più pagati al mondo, che ha visto come new entry un ragazzino texano di scuola elementare: si chiama Ryan, recensisce giocattoli da quando aveva 4 anni e sul suo canale Ryan Toys Review conta 15 milioni di iscritti con un’entrata di 11 milioni di dollari l’anno.

Più rapidi nel trovare informazioni, meno nel ricordarle

Si spiega così tutto l’interesse per la nuova generazione da parte di campagne pubblicitarie e studi di marketing. «Le aziende americane stanno già spendendo fino a 13 miliardi l’anno per conquistare gli Alpha, nonostante non abbiano potere di acquisto diretto» dice Avallone. Devono conquistarsi l’attenzione e la fiducia di un target abituato fin dalla nascita a una molteplicità di messaggi senza precedenti.

Un imprinting che secondo neuroscienziati e psicologi influirà sul modo in cui penseranno e agiranno. «Il cervello è un organo plastico che si modifica in modo costante con le nostre esperienze e negli ultimi anni gli stimoli provenienti dal mondo digitale sono aumentati esponenzialmente» spiega lo psicologo e psicoterapeuta Andrea Cortesi. «Questi bambini hanno una capacità di passare da un compito all’altro per noi impensabile: sono rapidi nel cogliere le informazioni dai media, cambiano schermo e supporto in un attimo. Un’efficienza altissima a cui però si contrappone una diminuzione dell’attenzione e della capacità di memorizzazione, cioè di archiviare informazioni».

Come se la caveranno, allora, i piccoli Alpha a scuola e nello studio? «Fare previsioni è difficile» avverte Cortesi. «Probabilmente, i deficit di attenzione li porteranno ad avere maggiori difficoltà nelle materie che richiedono una concentrazione prolungata e basate per lo più su una didattica tradizionale come la lettura di manuali e libri di testo. Saranno fortissimi, invece, nella comprensione intuitiva e, in generale, nell’apprendimento multimediale, che mescola materiali e codici diversi, dai video ai testi, dalle mappe ai grafici».

Per loro il robot è come un pet

Il laboratorio di ricerca del Massachusetts Institute of Technology ha condotto uno studio per esplorare i rapporti tra i bambini e i device dotati di intelligenza artificiale: Google Home, Amazon Echo Dot (con l’assistente Alexa), Julie (la chatbot di un’app per tablet) e infine Cozmo (il mini-robot prodotto dalla compagnia Anki). La maggior parte degli intervistati li ha descritti come “amichevoli” e “degni di fiducia”.

I ragazzini più grandi hanno detto che le AI sono “più intelligenti di loro”. «All’inizio i bambini si aspettano di interagire con il device come con un essere umano» spiega Randi Williams, uno dei ricercatori del Mit. «Quando prendono confidenza, poi, realizzano che non si tratta di una persona, ma di qualcosa di più simile a un animale domestico».

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