Gratuito patrocinio per le donne vittime di violenza

Tutte le donne vittime di violenza, maltrattamenti, stalking, abusi, sessuali avranno l'assistenza legale gratuita. Un incentivo a denunciare, perché in Italia lo fa una donna su tre. Il motivo è culturale e affonda le radici nella mancanza di consapevolezza della violenza

Ci sono i diritti delle donne al centro della prima sentenza del 2021 della Corte Costituzionale, che ha stabilito il patrocinio statale e gratuito per tutte le vittime di violenza. Che cosa significa in concreto? Le donne che denunciano violenza, maltrattamenti, stalking, abusi, sessuali non dovranno pagare le spese processuali e quelle per farsi difendere perché lo Stato offre l’assistenza legale gratuita. Prima della sentenza, il patrocinio gratuito per questo genere di reati spettava solo a chi aveva un reddito inferiore a 10.766 euro.

Il patrocinio statale sarà automatico, indipendente dal reddito, e comprenderà tutti i reati di violenza: maltrattamenti in famiglia, violenze sessuali, abusi sessuali sui minori, mutilazioni degli organi genitali femminili, stupri di gruppo, stalking, prostituzione minorile, pedopornografia, sesso davanti a minori e adescamento di minorenni, riduzione in schiavitù, turismo sessuale.

Violenza in aumento nel primo lockdown

I numeri sulla violenza rivolta alle donne sono in crescita vertiginosa. La situazione si è ulteriormente acuita durante la pandemia a causa della convivenza forzata in casa. Secondo dati Istat, le chiamate al numero antiviolenza 1522 nel periodo 1 marzo-16 aprile 2020 sono state 5.031, il 75% in più rispetto al medesimo periodo del 2019. Inoltre nel periodo compreso tra marzo e giugno 2020 il numero delle chiamate sia telefoniche sia via chat al numero antiviolenza 1522 secondo i dati Istat è più che raddoppiato rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente (+119,6%), passando da 6.956 a 15.280. Secondo i dati forniti dall’Eures, nei primi 10 mesi del 2020 in Italia si sono registrati 91 femminicidi.

Una sentenza che farà storia

La sentenza è il primo biglietto da visita di Giancarlo Coraggio, eletto presidente della Corte Costituzionale il 18 dicembre 2020, che ci ha tenuto a sottolineare una particolare attenzione da parte delle istituzioni nei confronti della violenza di genere e la volontà di approntare un sistema più efficace per sostenere le vittime. È un tassello per aumentare la sensibilità culturale e giuridica in materia di violenza contro le donne e i minori. Negli ultimi anni si assiste a una maggiore propensione a provvedimenti e misure che garantiscano una risposta più efficace verso i reati contro la libertà e l’autodeterminazione sessuale, considerati di crescente allarme sociale.

Aumenteranno le denunce di violenza?

Questa novità incoraggerà più donne a denunciare la violenza subita? Secondo Marilena Arena, vice presidente di C.A.DO.M. (Centro Aiuto Donne Maltrattate), non ci sarà una svolta immediata: «Nell’ambito della giurisprudenza stiamo sicuramente assistendo a un cambiamento di mentalità, ma questo non si traduce in condotte pratiche. Ci sono ancora troppi giudici che emettono sentenze sulla base di stereotipi, retaggi culturali o esperienze del proprio vissuto personale. Paradossalmente neppure le avvocate e le assistenti sociali ricevono una formazione tale da saper distinguere la violenza domestica dal conflitto di coppia».

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Non è (solo) questione di soldi

Possiamo considerare il patrocinio gratuito un incentivo in più per la donna nella decisione di denunciare e affrontare un complesso iter giudiziario: non dimentichiamo infatti che, in caso di perdita del processo, le spese processuali e le spese legali sono sicuramente onerose anche per tante donne con reddito medio (che prima della sentenza non avrebbero avuto diritto al patrocinio gratuito). Tuttavia non è la questione economica a rappresentare il principale ostacolo alla denuncia di violenza: «La nostra associazione, che opera per prevenire e contrastare ogni forma di violenza contro le donne in ambito familiare e sociale, raccoglie quotidianamente storie di donne con elevato livello di alfabetizzazione e con un reddito che consentirebbe loro di affrontare le spese di un processo» spiega Marilena Arena. «Tuttavia non sporgono denuncia perché ci sono tanti altri fattori che incidono su questa decisione: il timore di non riuscire a dimostrare la violenza stessa oppure di non essere credute perché il loro partner appare amabile agli occhi della società». Da varie ricerche di settore emerge infatti che, nelle relazioni sociali, l’uomo che maltratta si dimostra ironico, spiritoso, di compagnia. Inoltre un uomo che maltratta non lo fa continuamente, ma alterna momenti di tranquillità e perfino gesti affettuosi a momenti di violenza: un atteggiamento ambivalente che pone la donna in uno stato di incertezza e dubbio costante. A questo si aggiunge il fondato timore di essere giudicate dalle forze dell’ordine sulla base di pregiudizi e stereotipi: «Quando si tratta di denunciare una violenza subita, le donne tendono a non fidarsi delle figure istituzionali, sanno che gli episodi di violenza domestica sono difficili da dimostrare e indagare e per questo hanno il timore che tutto venga archiviato come un litigio coniugale, hanno il terrore di non reggere il peso di un iter processuale lento» aggiunge Marilena Arena. Ecco perché il più delle volte le donne ricorrono alla denuncia in casi estremi: quando temono per la propria vita o quella dei figli.

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Occorre un cambiamento culturale

Tornando alla sentenza della Consulta, ha sicuramente il valore di portare l’attenzione sul tema della violenza di genere, ma è bene precisare che non sono solo gli ostacoli economici a bloccare una donna dal denunciare il proprio aguzzino. «Non basta una legge o una sentenza se non c’è un cambiamento culturale a partire dalla scuola, dall’università, dal mondo del lavoro e da tutti quei contesti in cui la violenza di genere viene ancora giustificata o ignorata» conclude Marilena Arena.

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Il Codice Rosa al Pronto soccorso…

Cosa accade quando una donna si presenta al pronto soccorso con un occhio pesto, un braccio rotto, lividi o altri evidenti segni di violenza? In alcuni Pronto soccorso italiani, per tutte le vittime di violenza (in particolare donne, bambini e persone discriminate) si sta sperimentando un percorso speciale contrassegnato da un codice rosa, o uno spazio protetto chiamato “stanza rosa” per offrire assistenza dal punto di vista fisico e psicologico nonché informazioni sotto il profilo giuridico.

… e il Codice Rosso al commissariato

Cosa accade quando una donna si presenta al commissariato per denunciare di aver subito una violenza? Scatta la procedura prevista dal “Codice Rosso”, una legge che ha introdotto nuovi reati e ha perfezionato i meccanismi di tutela delle vittime di violenza domestica e di genere creando una “corsia preferenziale” in sede di denuncia da parte della vittima. Quando la persona offesa denuncia un reato compreso nella lista prevista dalla legge (tra cui maltrattamenti in famiglia, stalking, violenza sessuale, lesioni commesse in contesti familiari o nell’ambito di relazioni di convivenza) scatta una procedura con tempi stretti e certi sia per le Forze dell’Ordine che per la Procura presso il Tribunale. La Polizia Giudiziaria, una volta acquisita una notizia di reato, dovrà riferire il fatto entro il giorno successivo al Pubblico Ministero che, a sua volta, dovrà sentire entro 3 giorni la persona offesa o il denunciante. L’obiettivo è garantire maggiore tutela alle vittime di questo tipo di violenza non solo attraverso l’avvio rapido del procedimento penale, ma anche adottando tempestivamente eventuali provvedimenti di protezione.

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