È giusto bocciare gli studenti durante la pandemia? Ecco due pareri a confronto.

ANTONIO GIANNELLI, presidente dell’Associazione nazionale presidi

La parola bocciatura non mi piace, ma bisogna tornare al meccanismo di ammissione alla classe successiva. Quest’anno abbiamo avuto più continuità e anche la didattica a distanza è stata più organizzata e strutturata. Gli istituti erano pronti, gli insegnanti formati e gli studenti hanno seguito con maggiore regolarità e profitto. È giusto che ora le scuole valutino la loro preparazione. Certo, nessuno pensa che sia un periodo normale: stiamo vivendo una pandemia e i docenti dovranno prestare la massima attenzione nei giudizi e studiare ogni caso con sensibilità, ma sanno farlo. Dove c’è un dubbio si può ipotizzare di rimandare la decisione e far scattare il recupero a settembre. Si potrà magari arrotondare un voto o essere più permessivi ma non regalare il via libera. Tra l’altro il governo ha stanziato fondi per corsi estivi che vanno organizzati e sfruttati per rinforzare la preparazione.

Proprio durante la pandemia il Paese si è finalmente accorto che l’istruzione è una componente essenziale del processo di crescita e imparare vuol dire questo: mettersi alla prova. Promuovere ragazzi con lacune troppo grosse è controproducente, per loro stessi e per il gruppo. Perché poi diventa più difficile lavorare in classe e farlo con trasparenza, correttezza e fiducia. Certo, il nostro sistema può essere migliorato e i Paesi del Nord Europa, con la loro didattica meno concentrata sui voti e più coinvolgente, rimangono un modello ma ricordiamoci che comunque la scuola italiana funziona.

— GIUSEPPE LAVENIA, psicoterapeuta e presidente dell’Associazione nazionale dipendenze tecnologiche e cyberbullismo

Si boccia in un anno normale ma questo non lo è stato. I ragazzi, soprattutto quelli delle superiori, lo hanno trascorso tutto o quasi in Dad e sappiamo bene che la didattica a distanza non è equiparabile a quella in presenza. In questo modo rompiamo il patto di fiducia che noi adulti, scuola compresa, abbiamo con i giovani: quel patto implica che li aiuteremo a crescere e potranno fidarsi di noi. Abbiamo mentito assicurando che sarebbe andato tutto bene, abbiamo cambiato organizzazione troppe volte, dai banchi a rotelle ai tamponi salivari. Li abbiamo lasciati soli, ci siamo dimenticati del loro benessere. E questo ha conseguenze drammatiche. La nostra associazione ha fatto una ricerca con gli over 14: il 40% non riesce più a immaginare il futuro e si sta allontanando proprio dai libri e dallo studio. Se li bocciamo, rischiamo di perderli per sempre.

Facciamo uno sforzo e mettiamoci al loro posto: come può sentirsi chi a settembre tornerà con compagni e insegnanti diversi e perderà tutti i punti di riferimento? Certo, la scuola deve insegnare ed essere meritocratica, ma non può limitarsi a questo, soprattutto ora: deve essere un luogo che motiva e ascolta, che costruisce valori e relazioni. Allora promuoviamo, con l’obbligo di recuperare le insufficienze entro settembre. Organizziamo i prossimi mesi, anche quelli estivi, con corsi di recupero innovativi che trasmettano metodo di studio e puntino sulle soft skills. Serve più attenzione per la salute mentale di questi giovani.

SCUOLA: COSA CAMBIA ADESSO

L’anno scorso tutti gli studenti italiani sono stati promossi, ma ora tornano le bocciature. Lo ha annunciato il ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi, invitando gli studenti ad avere fiducia nel giudizio dei loro professori che li hanno seguiti per tutto l’anno e conoscono le difficoltà. Nelle prossime settimane arriverà l’ordinanza definitiva, e si capiranno anche i criteri pratici che guideranno i docenti, ma la decisione sta già facendo discutere. È giusto puntare sulla meritocrazia in un momento così straordinario?