Federica Bosco scrittrice
Una scrittrice amatissima
Federica Bosco, 50 anni, esordisce nel 2005 con Mi piaci da morire e nel 2009 è finalista al Premio Bancarella con S.O.S amore (entrambi Newton Compton). Nel 2013 Pazze di me (Mondadori) diventa un film. Tra i suoi best seller, Ci vediamo un giorno di questi e Il nostro momento imperfetto (entrambi Garzanti). Non dimenticarlo mai è il suo 22esimo libro.

Rinascere a 50 anni

Per molte di noi 50 anni è l’età dei bilanci. Ci guardiamo indietro e magari ci rendiamo conto che ci manca qualcosa. È successo anche a Federica Bosco (e alla protagonista del suo ultimo romanzo). Lei, però, ha deciso di non cedere ai rimpianti. Di guardare i traguardi raggiunti invece di quelli mancati. «E di godermi la libertà di fregarmene»

Può succedere che una mattina ti alzi e, mentre bevi il caffè, rimani a fissare il muro con la tazza in mano, chiedendoti cosa hai fatto di rilevante fin qui. È quello che capita la mattina del suo 49esimo compleanno a Giulia, la protagonista di Non dimenticarlo mai (Garzanti), l’ultimo romanzo di Federica Bosco.

La scrittrice toscana ci ha già abituati a guardare dentro alle nostre vite. Cominciando dalla sua. Aveva rivelato la propria fragilità di bambina e ragazza in Mi dicevano che ero troppo sensibile (Vallardi), perciò non è difficile sovrapporre il suo volto a quello di Giulia. Soprattutto dopo che a marzo di quest’anno, in un post su Facebook, Federica ha portato a galla il suo stato d’animo e ha condiviso il bilancio degli ultimi anni a Milano, dove durante il Covid, quando tutto il mondo si è fermato, ha cominciato a vacillare, a sentire che qualcosa mancava: «Ho passato mesi arrotolata su me stessa, con una tristezza infinita piantata nel cuore, sentendomi sola, inutile, sbagliata, incompleta. Una zitella senza figli, che fa un lavoro che, sulla carta, è il più bello del mondo, ma che vive di un incessante riflettere, pensare, rimuginare e riaprire costantemente le ferite in assoluta solitudine». Da qui la voglia di tornare a Firenze, dove tutto è iniziato, per intraprendere un nuovo percorso. Meno affannoso. «Perché sono le radici che hai quelle che devi coltivare con cura, amore e dedizione, annaffiandole e proteggendole, prima di cercarne altre, altrove».

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Guardati indietro e non cedere al rimpianto

Anche Giulia – senza spoilerare troppo il romanzo – si trova ad analizzare la sua vita finora: non ha avuto figli e sente che quel traguardo nella sua vita ora le manca. «L’altra sera ero a cena con delle amiche d’infanzia. Tutte della stessa età, tutte con legami diversi» racconta Federica. «Sono quelle situazioni in cui ti metti a pensare: perché a lei è andata bene sentimentalmente e a me no? Perché lei ha avuto una famiglia e io no? Quanto ti giochi le tue carte? Magari pensi che qualcosa ti sia dovuto e lo vai a cercare nei posti sbagliati e sentimentalmente fai un casino. Oppure fai quello che la tua famiglia si aspetta da te e alla fine ti ritrovi magari con un lavoro che non ti piace perché non hai avuto il coraggio di deludere nessuno. Arriva però un punto in cui non ce la fai più».

L’esperienza del libro ricalca quella di Federica: Giulia ha un lavoro in una rivista femminile, ha una relazione con un giornalista bello e rampante, fa la vita che dall’esterno molte le possono invidiare. Eppure. «Quando hai improntato tutta la tua vita sull’indipendenza e hai ricevuto gratificazione dal lavoro, nel momento in cui questo non è più abbastanza perché hai visto tutto, ti fermi un attimo, ti volti indietro e dici: “E io chi sono? Cosa ho seminato?”». È inutile girarci intorno: «Il problema» sottolinea Federica «è che noi ci siamo ribellate alla condizione di casalinghe e mogli delle nostre nonne e madri», donne che non avevano la possibilità o il coraggio di sostenersi da sole economicamente. E nel percorso di ribellione, a volte così estremo, qualcuna, come lei, «ha perso la cosa bella: la possibilità di vedere come saremmo state come madri». C’è stata anche la paura di diventarlo, però: «Perché un figlio è lo specchio di te stessa. Ti può far vedere il peggio, anche di te. Per questo credo che diventare genitori sia un atto di coraggio immenso che io non ho avuto».

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Rimuovi la rabbia e osservati con sereno distacco

Se non hai fatto questo percorso, a 50 anni è difficile recuperarlo. E allora? «Puoi reinventarti in una maniera più armoniosa, morbida e con il minor numero possibile di sensi di colpa». Non bastano però il training autogeno, il dirsi “devi accettarti così come sei”. Federica spiega: «Il meglio che posso dire è: ho corso tanto, ho fatto tante cose, a volte con coraggio a volte in maniera sconsiderata. Certo, mi mancano una relazione stabile in cui sentirmi protetta, il poter dare, raccontare, raccontarsi… Ma credo sia giunto il tempo di recuperare la dimensione del cuore, della memoria, della tenerezza, dei sentimenti che avevamo da giovani. E poi di rallentare, e cercare di fare qualcosa nel silenzio».

Perché, altrimenti, se a 50 anni ti rendi conto che non hai raggiunto lo scopo della tua vita, che può essere un figlio o altro, «cominci a provare un rimpianto, un rimorso, una rabbia verso la vita, te stessa e chi ti sta vicino». L’importante è capire che hai compiuto una scelta, al di là del fatto che sia quella giusta o sbagliata. Figli o non figli, carriera o famiglia, mariti o no.

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Lavora sull’indipendenza e “fregatene”

«A 50 anni siamo giovani, non solo esteticamente. Rispetto alle nostre nonne e mamme siamo delle ragazzine. Merito della ginnastica, del mangiare sano e della medicina che ha fatto passi da gigante». E allora, se anche si fa un bilancio, meglio guardare i traguardi raggiunti piuttosto che quelli persi, per affrontare un nuovo step della vita con ottimismo. «50 anni è la cima della collina da cui osservi con discreto e sereno distacco. Dove non hai più la smania di arrivare dei 30».

Gli aspetti positivi non mancano: «Non hai più la vergogna o il senso dell’imbarazzo che avevi da giovane, te ne freghi del chilo in più, della ricrescita… Non ti preoccupi più di dover piacere a un uomo. Io, per esempio, non sopporto più i “teatrini” e le code di pavone. Ho voglia di una situazione in cui sentirmi comoda, anche nei sentimenti, non devo più far colpo su nessuno. E non voglio più che qualcuno faccia colpo su di me». Federica si è lasciata alle spalle le cose che non le vanno più. Molto in questa fase, confessa, fanno le famose “amiche di salvataggio” di cui parlava un’altra scrittrice amatissima, Alessandra Appiano. Puntelli su cui appoggiarsi nei momenti di difficoltà o per creare nuove esperienze o mondi. L’importante «è lavorare su di te anche prima, sull’indipendenza, perché non sai mai come andrà a finire. Poi fai qualcosa, che possa essere un corso, una laurea… Non per passare il tempo ma per investire. Fai il bilancio dei pro e non dei contro. E ricordati che, rispetto alle giovani, tu sei il ponte fra il passato e il futuro».

Adesso in libreria

Non dimenticarlo mai (Garzanti), l’ultimo libro di Federica Bosco, racconta di Giulia, giornalista
Non dimenticarlo mai (Garzanti), l’ultimo libro di Federica Bosco, racconta di Giulia, giornalista in una rivista di moda a Milano, che il giorno del suo 49esimo compleanno comincia a guardarsi indietro e sente che le manca qualcosa: un figlio, una relazione stabile. E la vita che ha fatto finora è «un casino fatto di scadenze continue, viaggi, alberghi, conferenze stampa, riunioni, che un tempo chiamavi “emancipazione” e che aveva un’aria così glamour, mentre adesso somiglia solo al mal di testa il mattino dopo una sbronza» scrive. Comincia così un percorso di inseminazione artificiale che in realtà è un percorso verso una nuova vita.
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