«Da quando vivo negli Stati Uniti, mi rendo conto di quanto persino nel cinema siano diventate pressanti le logiche di mercato e il perfezionismo», racconta Rufus Sewell. Siamo nel pieno del Riviera International Film Festival e lui, che è arrivato da poco, si sta godendo il cibo, il sole, il mare. Ma anche cinema, quello che nasce dal cuore, di cui non sapeva di sentire la mancanza.

«Sono occasioni così che mi fanno capire quanto mi fosse mancato il cinema indipendente, fuori da ogni regola. Mi mancava la voglia di osare, il creare senza pensare prima a mercati che possano accogliere il film, l’editing esagerato…», spiega. Non ha bisogno di essere incalzato con domande, perché ha voglia di raccontare e raccontarsi, e qui a Sestri Levante ha trovato il luogo perfetto in cui farlo.

Intervista a Rufus Sewell, il cinema tra ieri e oggi

A 57 anni, di cui oltre 30 passati su e giù da set di cinema e televisione (e persino palchi teatrali), Rufus Sewell di questo mondo conosce quasi ogni segreto. Il suo primo ruolo importante è arrivato nel 2001 con il film Il destino di un cavaliere, seguito poi da ruoli in produzioni come The Legend of Zorro, Tristano & Isotta, The Illusionist – L’Illusionista. E da allora non si è più fermato: nel 2007 si è dato al dramma con Rock ‘n Roll (per cui ha vinto un Olivier Award al miglior attore) e ha debuttato a Broadway. Ma non si è fatto mancare neppure la televisione, da Eleventh Hour, il primo progetto nel 2008, al successo de I pilastri della Terra, fino a The Diplomat, la serie televisiva oggi giunta alla terza stagione.

Eppure non smette di essere innamorato di questa industria fuori dal comune, e considera il suo progetto migliore quello che ancora non ha realizzato. Nato in un sobborgo di Londra da genitori anglo-australiani, ha trascorso quasi tutta la vita in Regno Unito. Ma in seguito al suo ultimo matrimonio si è trasferito negli Stati Uniti: è qui, a Los Angeles, che il cinema è di casa, si respira nell’aria, ed è qui che lo si rivoluziona, lo si vede evolvere in tempo reale.

«Certo, spesso è emozionante, ma più vado avanti più mi rendo conto di quanto lo sguardo di chi fa cinema oggi sia volto verso il mercato, con un perfezionismo che poco ha a che fare con l’arte. E la creatività ne risente», racconta. «Ecco perché sono felice di tornare in Regno Unito, anche se ultimamente vedo anche lì, nel cuore del mondo indipendente, quello sguardo avariato che mi rattrista. È importante invece tornare a valorizzare l’arte che nasce dalla creatività pura, come si cerca di fare in questo Festival».

Il coraggio di osare, e di sbagliare

Al cuore del Riviera International Film Festival, di cui è un fiero volto, c’è un messaggio importante: «Never Stop Daring», ovvero «Mai smettere di osare». Sewell crede profondamente nel potere della sregolatezza, che spesso è stata la chiave dei suoi progetti più riusciti. «So che oggi osare, in un mondo sempre più chiuso e conservatore, è difficile. Eppure è proprio in tempi come questi che sono nate le opere più ribelli, e più belle».

Spesso a fermare dall’osare non è la paura di essere puniti o fraintesi, quanto quella del fallimento. Un tema che la GenZ, a cui il festival – tra masterclass e “incontri” di mentorship – è dedicato, conosce bene. «Nella vita più si va avanti e più si incontrano persone che si fingono sicure. Ma oggi so che nessuno in realtà conosce la verità sulla vita».

Ci diranno spesso che stiamo osando, che quello che facciamo non porterà da nessuna parte, ma se ci crediamo davvero è proprio allora che dobbiamo perseverare: così, se falliremo, sarà una lezione; se avremo successo, sarà la più grande soddisfazione.

Sarà questo l’insegnamento che cercherà di trasmettere anche ai ragazzi nella giornata di domenica, quando avrà modo di raccontare loro le sue esperienze alla masterclass che guiderà. «Il solo chiamare l’incontro masterclass mi fa paura: sarò umile, parlerò della mia esperienza. Anzi, soprattutto delle mie stupidaggini: perché sono estremamente convinto che quegli errori, quei flop, mi abbiano reso un attore e un uomo migliore».

The Diplomat, il futuro, e la voglia di leggerezza

La sua presenza al Festival non è che una parentesi di leggerezza tra mille progetti. Uno fra tutti, la prossima stagione della serie The Diplomat, di cui attende impaziente (e speranzoso) il rinnovo. «È un progetto a cui tengo tanto», spiega, «perché racconta la realtà in modo particolare. Non vuole essere uno specchio, ma un modo per far riflettere».

Ma quando gli chiediamo cosa vede nel suo futuro non sa dare una risposta univoca. «Ho così tante cose da fare, così tanti progetti che voglio cominciare, sono pieno di sogni. Non voglio smettere mai di sorprendermi e innamorarmi, grazie al mio mestiere e al cinema». Nel futuro, insomma, è difficile vedere. Ma il presente lo ha chiarissimo: «Me ne andrò dalla bellissima Liguria solo ad una condizione: fatemi mangiare così tanto da tornare con qualche chilo in più!».